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Rapporto Unep-Unece: emissioni, rifiuti e biodiversità, serve un’azione più forte

L'inquinamento atmosferico rimane il maggior rischio per la salute. Cresce l’utilizzo di rinnovabili, ma i combustibili fossili rappresentano il 78% del consumo energetico. Possibili soluzioni da turismo circolare e infrastrutture sostenibili.   2/11/22

È stato presentato durante la nona conferenza paneuropea dei ministri dell’Ambiente il rapporto “Europe’s environment: the seventh Pan-european environmental assessment”, redatto dalla Commissione economica per l'Europa delle Nazioni unite (Unece), e dal Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep). Il documento offre una panoramica dei progressi compiuti nella protezione dell'ambiente da parte dei Paesi della regione Unece, offre una sintesi per i responsabili politici e una serie di raccomandazioni su come agire in maniera concreta.

“Siamo di fronte a una tripla crisi planetaria: cambiamento climatico, perdita di biodiversità, inquinamento e rifiuti”, ha dichiarato Olga Algayerova, segretario esecutivo dell'Unece in occasione della presentazione del Rapporto. “È necessario un cambiamento radicale nelle nostre economie e nei nostri comportamenti se vogliamo metterci sulla buona strada per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Inquinamento atmosferico. Nonostante l'impatto sulla salute dell'esposizione prolungata al particolato fine (PM) con un diametro inferiore a 2,5 μm (PM2,5) in 41 Paesi europei sia stato ridotto del 13% nel periodo 2009-2018 e quello degli ossidi di azoto (NOx) del 54%, sottolinea il Rapporto, il numero di morti premature dovute all'esposizione all'ozono a livello del suolo è aumentato, nello stesso periodo, di circa il 24%. Tutti i Paesi della regione si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra, ma le emissioni nette sono ancora in aumento. Le riduzioni, conseguite soprattutto nella parte occidentale dell'Europa, nel periodo 2014–2019, sono compensate dall'aumento delle emissioni nel resto della regione. Gli impegni nazionali nell'ambito dell'Accordo di Parigi sono stati rinnovati da 35 Paesi della regione con obiettivi più ambiziosi, ma alcuni Stati non hanno ancora impegni o meccanismi fissi e quantificabili per tracciare i progressi, con conseguenti lacune di dati.

L’azione di decarbonizzazione è in ritardo. L'uso delle rinnovabili è aumentato in 29 Paesi nel periodo 2013-2017, ma la regione paneuropea fa ampio affidamento sui combustibili fossili, pari a circa il 78% del consumo totale di energia.

Il cambiamento climatico pone ulteriori sfide legate all’acqua. Eventi come inondazioni, siccità e malattie trasmesse dall'acqua impattano sulla salute umana. Le pressioni antropogeniche, attraverso alterazioni e barriere idromorfologiche, limitano la qualità dell'acqua dolce e la biodiversità, oltre a incidere direttamente sulle risorse attraverso il prelievo. L'inquinamento diffuso e gli scarichi delle acque reflue urbane e industriali rimangono significativi in ​​molte località e i contaminanti organici persistenti sono il motivo di maggiore preoccupazione per la salute pubblica.

Ecosistemi a rischio. Più in generale, evidenzia il Rapporto, lo stato degli ecosistemi resta motivo di preoccupazione. Solo una minoranza degli habitat a livello di Unione europea ha un buono stato di conservazione. La quota di foreste primarie, particolarmente ricche di biodiversità è rimasta stabile a un livello molto basso. La frammentazione delle foreste rimane una pressione importante.

Il Mar Mediterraneo e il Mar Nero restano fortemente sovrasfruttati, mentre si osservano segnali di ripresa degli stock ittici nell'Oceano Atlantico nordorientale e nel Mar Baltico, risultati ottenuti a seguito di migliori decisioni relative alla gestione sostenibile degli stock.

Aree protette e biodiversità. La superficie delle aree protette è quasi triplicata e la superficie forestale complessiva è aumentata di 33,5 milioni di ettari negli ultimi 30 anni. Negli ultimi cinque anni le aree marine protette sono cresciute del 66%, mentre le aree terrestri protette sono aumentate del 22%.  Nonostante questi progressi, continua a verificarsi una perdita complessiva di biodiversità.

L’agricoltura, assieme allo sviluppo urbano e infrastrutturale, continuano ad essere le principali cause di erosione del suolo. Nell'Europa orientale, il tasso medio di erosione del suolo è diminuito negli ultimi 30 anni a causa del massiccio abbandono delle terre coltivate e del cambiamento climatico.


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L'inquinamento marino, proveniente sia da fonti terrestri (ad esempio sostanze nutritive, plastica e prodotti chimici) sia da fonti marine (plastica e petrolio), continua a essere un problema nella maggior parte delle regioni marine. Le spiagge e i rifiuti marini, dominati dalla plastica, sono riconosciute come una delle principali minacce globali per gli ecosistemi costieri e marini, comprese le aree remote e meno popolate come il Mare di Barents. Allo stesso tempo, si stanno verificando cambiamenti negli ecosistemi costieri e marini indotti dal clima, come l’aumento della temperatura della superficie del mare di circa 0,2°C per decennio nel Nord Atlantico e di 0,5°C per decennio nel Mar Nero, associato all’acidificazione delle acque superficiali ad una velocità di circa 0,02 unità di pH per decennio, nelle regioni marine che circondano l'Unione Europea.

La produzione di rifiuti aumenta in tutta la regione paneuropea. Anche dove c'è un forte impegno verso lo sviluppo di un'economia circolare, le quantità di rifiuti è in crescita. I tassi di riciclo differiscono notevolmente tra i Paesi e sono particolarmente bassi nell'Europa orientale e nell'Asia centrale. Tassi di riciclo dei rifiuti superiori al 45% esistono solo in alcuni Paesi Ue e in Svizzera.

Spesa pubblica ambientale e governance. In termini economici in tutti i Paesi della regione paneuropea per i quali sono disponibili dati, le entrate fiscali ambientali e la spesa pubblica per la protezione ambientale, sono aumentate. Tuttavia, in termini di percentuale del Pil, la spesa per la protezione dell'ambiente è molto inferiore alle entrate fiscali ambientali, il che implica che le entrate delle tasse ambientali non sono destinate alla riduzione del danno ambientale.

Il sistema di governance ambientale rimane frammentato in termini di politiche applicate, istituzioni e armonizzazione legislativa. Permangono lacune in relazione a partecipazione pubblica, trasparenza, reattività, efficacia ed efficienza, con implicazioni sull'ambiente e sulla salute.

Gli investimenti in infrastrutture sostenibili rappresentano una delle strategie con il maggior impatto in termini di ricostruzione nella ripresa dalla pandemia da Covid-19. Tuttavia, la maggior parte dei Paesi della regione paneuropea deve ancora sviluppare meccanismi per incorporare la sostenibilità (come il rischio climatico) e la contabilità ambientale (ad esempio il costo dell'inquinamento, dei servizi ecosistemici o della protezione della biodiversità) nell'analisi costi-benefici dei progetti delle grandi infrastrutture. La sfida per il futuro è garantire che vi sia un aumento delle infrastrutture sostenibili, utilizzando soluzioni basate sulla natura, efficienza delle risorse, riciclo e riutilizzo, in modo responsabile dal punto di vista ambientale, socialmente inclusivo ed economicamente sostenibile.

Turismo circolare. Un'economia del turismo basata sulla circolarità sarà più resiliente e meglio attrezzata per far fronte alle crisi future, siano esse economiche, sanitarie o conseguenze delle sfide ambientali che la regione deve affrontare. Con la rapida crescita del turismo prima della pandemia, i suoi impatti sono aumentati, contribuendo a crisi ambientali, perdita di biodiversità e problemi sociali. Un ritorno al business as usual dopo la pandemia deve quindi essere evitato attraverso una trasformazione del turismo in chiave sostenibile.

Raccomandazioni per il futuro. I governi, avverte il report, dovrebbero sviluppare ulteriori misure tecniche e organizzative per raggiungere gli obiettivi fissati per l’inquinamento atmosferico, aggiornare gli standard di qualità dell'aria ambiente e allinearli alle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità. Gli impegni nei Contributi determinati a livello nazionale (Ndc) nell'ambito dell'Accordo di Parigi andrebbero rafforzati, mentre gli incentivi e i sussidi dannosi per l’ambiente e la salute andrebbero eliminati o riformati.


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Dovrebbe essere raggiunta una gestione integrata delle risorse idriche, che comporti un equilibrio tra il fabbisogno umano di acqua e la disponibilità di acqua per la natura. La sostenibilità economica nella gestione delle risorse idriche dovrebbe essere perseguita e sono necessari meccanismi di finanziamento innovativi. Lo sviluppo delle infrastrutture naturali e artificiali può utilizzare diversi strumenti di finanziamento (ad esempio tariffazione equa dell'acqua, pagamenti ecologici, recupero dei costi e incentivi), ma per raggiungere risultati è fondamentale un quadro giuridico chiaro.

I governi dovrebbero consolidare e migliorare la rete delle aree protette attraverso investimenti efficacia nella gestione, rappresentatività ecologica e connettività, assicurandosi che le aree protette siano collegate tra loro per favorire il movimento della fauna. Sono necessari ulteriori sforzi, in particolare nell'Europa orientale e sudorientale, per raggiungere l'obiettivo di conservazione del 10% delle aree costiere e marine nell'area paneuropea. Allo stesso tempo, i governi dovrebbero garantire l'obiettivo di proteggere almeno il 30% della superficie terrestre e marina della Terra entro il 2030.

I governi, continua il report, dovrebbero favorire lo sviluppo della finanza verde e considerare la spesa per la protezione ambientale nel più ampio contesto della finanza pubblica. Le tasse ambientali dovrebbero essere utilizzate per ridurre i diversi tipi di inquinamento, e il reddito generato dovrebbe essere utilizzato principalmente per finanziare la spesa pubblica in favore della protezione ambientale. Allo stesso tempo, i decisori politici dovrebbero riconsiderare periodicamente i finanziamenti agevolati per l'ambiente, alla luce del principio "chi inquina paga" ed eseguire regolarmente analisi di valutazione dell'impatto di tali finanziamenti, in modo che i fondi possano produrre un reale valore aggiunto.

In ultimo, i governi dovrebbero definire una strategia comune per quantificare i progressi in materia di infrastrutture sostenibili e utilizzare gli strumenti esistenti, compreso il protocollo sulla valutazione ambientale strategica e i principi internazionali di buona pratica dell'Unep per le infrastrutture sostenibili.

I governi dovrebbero collaborare con i tour operator, con le città e le regioni per pianificare la transizione verso modelli di business circolari. D’altra parte, le amministrazioni nazionali sono responsabili delle politiche chiave nei servizi pubblici locali, come i trasporti, lo smaltimento dei rifiuti solidi, l'acqua e l'energia, influenzando tutte le operazioni turistiche, gli investimenti, la crescita economica e la qualità ambientale. I governi dovrebbero integrare i principi dell'economia circolare nella legislazione, nelle politiche, nei piani e nelle strategie relative al turismo, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e gli obiettivi dell'agenda climatica e della biodiversità. Gli stakeholder pubblici e privati dovrebbero integrare i principi dell'economia circolare nelle loro strategie di sostenibilità e fissare obiettivi chiari, che possono essere quantificati e monitorati. Tale approccio aiuterebbe le parti interessate a comprendere e rendere operativi i concetti di circolarità e coordinamento della catena del valore. Questo potrebbe essere fatto attraverso la partecipazione a iniziative volontarie multistakeholder come la Global tourism plastics initiative.

Scarica il Rapporto

 

di Tommaso Tautonico

 

 

Fonte immagine: copertina del Rapporto "Europe’s Environment The Seventh Pan-European Environmental Assessment"

mercoledì 2 novembre 2022

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