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Il tabacco fa male non solo alla salute ma anche al Pianeta, dice l’Oms

Le sigarette sottraggono risorse preziose e incidono sul cambiamento climatico, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Per produrne seimila miliardi servono 22 miliardi di tonnellate d’acqua e cinque milioni di ettari di suolo. 12/10/2018

Un problema non solo per la salute delle persone. La produzione di tabacco è infatti capace di generare impatti negativi sull’ambiente, e in particolar modo sul cambiamento climatico. Effetti indesiderati ben descritti nell’ultimo rapporto pubblicato il due ottobre dall’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità) dal titolo “Cigarette smoking: an assessment of tobacco’s global environmental footprint across its entire supply chain, and policy strategies to reduce it”.

Secondo lo studio, condotto dai ricercatori dell’Imperial College di Londra, ogni anno nel mondo vengono prodotti circa sei mila miliardi di sigarette, responsabili della morte prematura di sette milioni di persone. La novità è che per la prima volta sono state stimate pure le gravi conseguenze legate al clima e agli ecosistemi terrestri.

A livello globale si coltivano 32,4 milioni di tonnellate di tabacco “verde”, trasformato poi in 6,48 milioni di tonnellate di tabacco “secco”, funzionale alla produzione di sigarette.

“Occorre controllare la produzione di tabacco, è importante per la sostenibilità dello sviluppo”, sostiene Vera Luiza da Costa e Silva, a capo del Fctc (Framework convention on tobacco control) dell’Oms, “perché il danno ambientale si verifica durante l’intero ciclo di vita dei prodotti e causa deforestazione e inquinamento delle acque, dovuto all'uso di pesticidi e dei rifiuti di sigarette".

Sono diversi gli impatti generati dall’intero ciclo produttivo. Oltre all’immissione in atmosfera di 84milioni di tonnellate di anidride carbonica, pari a circa lo 0,2% dei gas serra totali, viene liberata una grossa quantità di agenti inquinanti, pericolosi non solo per il clima, ma anche per il buono stato degli ecosistemi. Ne sono un esempio le 490mila tonnellate di diclorobenzene, un particolare composto organico derivato dal benzene cancerogeno per la salute umana e tossico per l’ambiente, utilizzato per la sua caratteristica aromatica.

Da un punto di vista economico, quasi tutta la coltivazione di tabacco si concentra nei Paesi in via di sviluppo, pur essendo i Paesi sviluppati a godere della maggior parte dei profitti.

Tra i primi dieci Paesi produttori nove sono in via di sviluppo, quattro di questi a deficit alimentare (l’offerta alimentare del luogo non è in grado di soddisfare la domanda interna): India, Zimbabwe, Pakistan e Malawi.

Per quanto riguarda, invece, l’impronta ambientale del prodotto, sono circa 22miliardi le tonnellate di acqua sottratte ad altri scopi agricoli che, unite agli oltre cinque milioni di ettari di suolo consumati e a circa 20 megawattora di energia utilizzata, forniscono un’idea su quanto sia distruttiva, in termini di risorse, questo tipo di produzione.  

Per questo motivo, l’industria del tabacco risulta “incompatibile con l’Agenda 2030. L’impronta ecologica unita agli effetti socio-economici la rendono un ostacolo al raggiungimento, in particolare, degli SDGs 12, 13, 14 e 15”, dice il Rapporto.

È quindi “indispensabile porre rimedio alla filiera del tabacco per accelerare la transizione che porta verso un mondo sostenibile", ha commentato infine Maria Zafeiridou, coautrice del Rapporto.

 

di Ivan Manzo

 

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venerdì 12 ottobre 2018

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