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Le coste italiane tra cambiamenti climatici e sfide gestionali
Erosione, innalzamento del mare e antropizzazione tra i maggiori rischi. Legambiente, nel rapporto Spiagge 2024, avanza proposte per proteggere ambiente e popolazione e rendere le spiagge più accessibili. 21/8/24
Gli eventi meteo estremi stanno colpendo sempre più frequentemente le aree costiere italiane, causando danni significativi e mettendo in evidenza la vulnerabilità di queste zone, in gran parte dovuta all'antropizzazione dei litorali e al cambiamento climatico, in particolare all'aumento della temperatura del Mediterraneo. Dal 2010 a giugno 2024, l'Osservatorio Città Clima di Legambiente ha rilevato un totale di oltre duemila eventi meteo estremi in Italia, di cui 816 (39,1%) nei comuni costieri. Legambiente, con il Rapporto Spiagge 2024, offre una fotografia impietosa dello stato delle zone costiere italiane, descrivendone i fattori di rischi a cui sono sottoposte e focalizzando l’attenzione sull'urgenza di affrontare il futuro con piani di adattamento e strumenti di governance che proteggano le persone, le abitazioni e le infrastrutture.
Lo scenario climatico. Come delineato nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), lo scenario futuro è molto chiaro: l'Ipcc, il panel intergovernativo delle Nazioni unite che si occupa di questi temi, prevede infatti un aumento della temperatura superficiale del mare nel Mediterraneo tra 1°C e 2°C nel periodo 2021-2050 rispetto al trentennio 1981-2010. Questo riscaldamento avrà impatti significativi su eventi meteorologici estremi, biodiversità, pesca e turismo. Inoltre, il livello del mare è destinato ad aumentare tra i sette e nove centimetri rispetto al periodo 1981-2010, ma potrebbe arrivare fino a +19 cm nel peggiore degli scenari entro il 2036-2065, provocando erosione delle coste, inondazioni di infrastrutture e aree urbane, nonché problemi per le reti idrauliche. L’Italia, con una forte urbanizzazione costiera, è particolarmente esposta a questi rischi: il 22,8% della fascia costiera entro i 300 metri è infatti artificializzato.
Le azioni del Pnacc per le zone costiere. Il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici prevede 26 azioni per le aree costiere, molte delle quali adottano un approccio sistemico ed ecosistemico. Tra queste, la rinaturalizzazione delle coste e l'identificazione delle aree adatte all'espansione degli habitat esistenti. A questi si aggiungono iniziative di sensibilizzazione delle comunità che vivono sulle coste sui rischi climatici, attraverso campagne di comunicazione e sistemi di allerta. Fondamentale risulta anche la gestione delle aree edificabili e la costruzione di edifici più resilienti, oltre alla creazione di aree cuscinetto inondabili. Per proteggere l’agricoltura e la biodiversità costiera, il Piano include inoltre la selezione di colture tolleranti al sale, il mantenimento della vegetazione naturale, e la promozione della ricostruzione delle strutture coralline, così come contempla la possibile riconversione dei terreni agricoli in zone umide costiere. Infine, il Pnacc prevede l'innalzamento delle infrastrutture di trattamento dei reflui per proteggerle dalle inondazioni e la creazione di un'assicurazione specifica contro i rischi legati alla perdita di benefici ecosistemici.
Le criticità della governance. Tuttavia, alcune misure del Piano appaiono poco incisive per affrontare efficacemente l'erosione costiera e la gestione delle aree costiere. Non escludendo completamente la costruzione di nuove strutture in aree vulnerabili, non si allinea infatti con la necessità di una drastica e urgente riduzione dell’intensità dell’uso del suolo. Inoltre, resta ancora in sospeso l’istituzione dell'Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, un organo fondamentale per individuare le priorità territoriali e settoriali e monitorare l’efficacia delle azioni di adattamento. Manca dunque una struttura di governance e le azioni previste dal Piano rischiano di rimanere sulla carta, soprattutto considerando la mancanza di fondi specifici per la loro realizzazione. Nonostante queste difficoltà a livello nazionale, molte regioni italiane hanno iniziato però a sviluppare proprie strategie di adattamento e gestione delle coste, spesso in collaborazione con istituti di ricerca e università.
Le concessioni del demanio marittimo. Un'altra questione critica per la gestione delle coste italiane riguarda il demanio marittimo e le concessioni balneari. Il 33% delle coste italiane è oggetto di concessioni, con alcune regioni come Liguria, Emilia-Romagna e Campania hanno fino al 70% del litorale occupato da stabilimenti.
La gestione delle concessioni è stata oggetto di numerosi dibattiti e controversie, specialmente alla luce delle normative europee che richiedono una gestione trasparente e competitiva delle risorse naturali. Nel novembre 2023, la Commissione Europea ha inviato una lettera al governo italiano, sollecitandolo a rispettare le norme europee in materia di concessioni balneari. La Commissione ha criticato la mappatura delle coste effettuata dal tavolo tecnico italiano, sostenendo che non dimostra in modo convincente l'assenza di scarsità delle risorse naturali soggette a concessioni.
Questo ha portato a un'ulteriore pressione sul governo italiano per rivedere la gestione delle concessioni e garantire che siano conformi alle normative comunitarie. Con sentenze del 30 aprile e del 20 maggio 2024, il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittime tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime, comprese quelle fino al 31 dicembre 2024, e ha richiesto l'assegnazione delle concessioni tramite gare pubbliche entro la fine dell'anno.
Le regioni italiane stanno adottando approcci diversi. Il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia hanno già avviato le gare con criteri specifici, mentre la Liguria e la Toscana non hanno ancora iniziato le procedure. La Regione Calabria, invece, ha deciso di non applicare la direttiva Bolkestein, ritenendo che le risorse non siano scarse. A livello comunale, città come Rimini, Lecce, Terracina, Ravenna e Genova stanno preparando le gare, mentre altri comuni hanno prorogato le concessioni di un anno.
Le proposte di Legambiente. Nel Rapporto, Legambiente delinea sette proposte per la gestione, difesa e valorizzazione delle coste, enfatizzando l’importanza della legalità, della protezione ambientale e dell’equilibrio tra attività produttive e tutela del territorio:
- implementazione del Pnacc e redazione di un piano specifico per l’adattamento delle coste;
- superamento delle opere rigide e degli interventi che spostano il problema dell’erosione su altre aree;
- attuazione di misure di adattamento all'innalzamento del livello del mare;
- approvazione di una legge ferma dal 2016 che blocchi il consumo di suolo, puntando a non cementificare ulteriormente entro il 2050;
- diritto alla fruizione libera di almeno il 50% delle spiagge in ogni comune;
- ripristino della legalità sulle spiagge con un’azione decisa contro gli abusi edilizi e le occupazioni illegali delle spiagge;
- investimenti per migliorare i sistemi di depurazione e gestione delle acque
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