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Gli accordi di Parigi sul clima entrano in vigore grazie alla ratifica di sette Paesi europei
Dopo la decisione del Parlamento europeo, sette Paesi europei hanno potuto depositare la propria ratifica all'Onu permettendo il superamento della soglia necessaria per l'entrata in vigore delle intese raggiunte nella conferenza COP 21 del dicembre scorso.
Il Parlamento europeo ha approvato il 4 ottobre la ratifica degli accordi di Parigi. Grazie a questo passo fondamentale, i sette Paesi membri che hanno già ratificato l’accordo a livello nazionale (Austria, Francia, Germania, Malta, Portogallo, Slovacchia e Ungheria) hanno potuto depositare gli strumenti di ratifica presso l’Onu.
È un passo dalla portata storica se si considerano i ridotti tempi di entrata in vigore: solo otto mesi dalla sottoscrizione ufficiale dell’accordo, avvenuta lo scorso 22 aprile, rispetto agli otto anni che hanno separato la firma dell’accordo di Kyoto, avvenuta nel 1997, e la sua entrata in vigore, che invece è scattata solo nel 2005 con la ratifica da parte della Russia.
Il deposito all’Onu degli strumenti di ratifica da parte dei sette paesi europei, avvenuto il 5 ottobre, ha permesso il superamento delle soglie di almeno 55 Stati (attualmente gli Stati che hanno aderito sono 75) responsabili di almeno il 55% delle emissioni globali. Come previsto dall’articolo 21 l’accordo entrerà quindi in vigore il 4 novembre, il trentesimo giorno successivo al superamento della soglia.
Con le intese di Parigi la comunità internazionale si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra per arrivare, nella seconda parte del secolo ad una temperatura globale di 1.5 °. Si tratta di traguardi ambiziosi che impongono “un piano a scadenze intermedie al 2020 e 2025 così da raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030 nella prospettiva, per il 2050, di arrivare alla completa de-carbonizzazione”, così il Portavoce ASviS, Enrico Giovannini, ai microfoni di Radio Radicale nella rubrica “Scegliere il Futuro”.
Per l’Italia si tratta di ridurre le emissioni di gas serra dai 430 a 260 milioni di tonnellate di CO2: un impegno non indifferente che, sempre secondo Giovannini, rende necessaria l’adozione di misure strategiche forti, che passano da una revisione della politica fiscale all’incentivazione in chiave ecologica: per esempio una variazione della destinazione dei sussidi statali attualmente diretti ad attività dannose per l’ambiente (un primo censimento è previsto nel cosiddetto collegato ambientale alla legge di stabilità) a favore di attività che siano in linea con il processo di de-carbonizzazione.
Intanto, l’Italia nel 2016 ha registrato il sorpasso delle fonti rinnovabili su quelle fossili: nel secondo trimestre dell’anno, infatti, soprattutto grazie all’idroelettrico, il 50,5% della produzione energetica nazionale deriva da fonti green.
Sempre il 4 ottobre, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica ed esecuzione degli Accordi di Parigi e, auspicabilmente, a breve la palla passerà al Parlamento: l’Italia, infatti, non fa parte dei Paesi che hanno contribuito a raggiungere la soglia del 55% e per questo il suo ruolo nel corso della prossima Conferenza di Marrakech è ancora dubbio.
Dal 7 al 18 novembre, infatti, presso la città marocchina si terrà la 22 sessione della Conferenza delle Parti, a distanza di 15 anni dalla COP7 che si era tenuta proprio a Marrakech.
L’appuntamento sarà il primo tavolo di discussione degli Stati che hanno ratificato l’accordo, ma il Parlamento italiano non ha ancora ricevuto il ddl di ratifica da parte del Consiglio dei Ministri e sarà necessario un forte impegno da parte delle due Camere per permettere alla delegazione italiana di partecipare alla COP22 non solamente come osservatore, ma come parte a tutti gli effetti per discutere i primi passi per l’attuazione dell’Accordi di Parigi.
A livello europeo, invece, il prossimo appuntamento è fissato al 17 ottobre, quando si riunirà il Consiglio dell’Unione Europea nella formazione Ambiente.
di Carlo Maria Martino