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Un quinto del cibo sprecato nel mondo, mentre 783 mln di persone soffrono la fame
Il 60% dello spreco avviene a livello domestico, avverte l’Unep. Alto l’impatto ambientale: la perdita alimentare contribuisce al 10% delle emissioni di gas serra globali. Giappone e Regno Unito dimostrano che cambiare è possibile. 29/3/24
Nel 2022 un miliardo di tonnellate di cibo è andato sprecato a livello mondiale, pari al 19% del totale, mentre 783 milioni di persone soffrono la fame e un terzo della popolazione globale si trova in una situazione di insicurezza alimentare. Una “tragedia globale”, come l’ha definita Inger Andersen, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). I dati preoccupanti arrivano dal Food waste index report 2024, realizzato dall’Unep con lo scopo di monitorare i progressi dei Paesi nella lotta allo spreco alimentare.
Il 60% dello spreco alimentare avviene a livello domestico: una persona in media spreca 79 kg di cibo all’anno, come se ogni giorno fosse buttato l’equivalente di un miliardo di pasti, un dato che in Italia sale a 107 kg all’anno. A livello mondiale i servizi di ristorazione sono responsabili del 29% dello spreco e i punti vendita di circa il 12%. A questi dati si aggiunge un 13% di cibo che viene buttato durante la catena di approvvigionamento, tra la fase di raccolta e di trasporto per la vendita. Il problema non è limitato ai Paesi ricchi: lo spreco alimentare annuo pro capite nei Paesi a basso reddito è inferiore solo di 7 kg rispetto ai Paesi ad alto reddito. La mancanza di sistemi di refrigerazione e conservazione adeguata è uno dei motivi del divario ristretto.
Giornata spreco alimentare: più aumenta l’insicurezza, più cibo viene sprecato
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Lo spreco di cibo ha anche un impatto ambientale significativo, contribuendo a circa l’8-10% delle emissioni globali di gas serra a livello globale, una cifra quasi cinque volte superiore alle emissioni dell’aviazione. Quasi un terzo delle aree agricole è coltivato per produrre cibo che verrà buttato. Cambiare modello, però, è possibile. Lo dimostrano il Giappone e il Regno Unito che hanno ridotto lo spreco alimentare rispettivamente del 31% e del 18%. Il Giappone, ad esempio dal 2008 conduce annualmente sondaggi, a cura del ministero dell’Ambiente, per individuare le criticità e realizzare misure specifiche per contrastare lo spreco. Dal 2005 il Regno Unito promuove The courtauld commitment, un’iniziativa, finanziata dal governo e da attori privati, che prevede azioni di riduzione delle perdite lungo tutta la filiera, dalle campagne di formazione per le persone impiegate nel settore della ristorazione alla redistribuzione del cibo in eccesso. L’aumento dei dati raccolti e la cooperazione tra pubblico e privato sono due misure suggerite dal Rapporto dell’Unep per diminuire lo spreco alimentare.
Lo spreco alimentare è una parte del più ampio problema dei rifiuti urbani: ogni anno vengono prodotti oltre due miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani, inclusi imballaggi, cibo e dispositivi elettronici. Se con tutta la spazzatura generata in un anno riempissimo dei container immaginari e li mettessimo uno accanto all’altro, potremmo fare il giro della Terra 25 volte. Continuando così nel 2050 ogni anno verranno prodotti 3,8 miliardi di tonnellate di rifiuti. Come sottolinea il Rapporto ASviS 2023, l’Italia ha registrato progressi nella gestione dei rifiuti: nel 2021 il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani era pari al 51,9%, in linea con l’obiettivo europeo del 60% entro il 2030. Dal 2015, tuttavia, è aumentata la quantità di rifiuti pro-capite prodotti all’anno, superando i 500 kg nel 2021.
Fonte copertina: liudmilachernetska, da 123rf.com