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Più valore al cibo e meno eccedenze, in agricoltura vince la piccola scala
In Italia si spreca ogni giorno cibo per 960 kcal pro-capite, ma a parità di risorse la piccola agricoltura produce 2-4 volte meno sprechi dell’agroindustria. Contro le eccedenze, l’Ispra raccomanda la prevenzione strutturale.
Lo spreco alimentare è responsabile per oltre il 7% delle emissioni globali di gas serra e se fosse una nazione sarebbe il terzo più grande emettitore dopo Cina e Stati Uniti. In Italia, quando è misurato in termini energetici, rappresenta circa il 60% della produzione iniziale. È quanto rivela il rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”, che è stato presentato il 16 novembre a Roma, presso il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Dallo studio emerge che i sistemi alimentari sono tra le principali cause del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità, della riduzione della disponibilità di acqua e del degrado del terreno. Si tratta di effetti ambientali dovuti soprattutto alle fasi produttive, e che sono quindi amplificati dall’agricoltura intensiva, dalla sovrapproduzione e dalle strutture agroindustriali.
La situazione è particolarmente grave in Italia, dove l’impronta ecologica dello spreco copre il 18% del deficit di biocapacità del Paese (la capacità di un ecosistema di erogare servizi naturali) e dove ogni giorno vengono sprecate 960 kcal pro-capite, contro una media globale di 660 kcal.
Ma a parità di risorse, i sistemi alimentari ecologici, locali e di piccola scala producono dalle due alle quattro volte meno perdite e scarti dell’agroindustria e consumano molte meno risorse. Le filiere corte, infatti, abbattono gli sprechi che avvengono prima del consumo al 5% a fronte del 30-50% dei sistemi industriali, mentre i sistemi di agricoltura supportata da comunità (Csa) li riducono al 7% contro il 55% della grande distribuzione organizzata.
Se i livelli di spreco sono determinati dalla struttura del sistema alimentare, il miglior modo per contrastarli è la prevenzione strutturale. Secondo l’Ispra, quindi, è necessaria una trasformazione dei sistemi alimentari a favore di comunità locali e auto-sostenibili. Per realizzare il cambiamento occorre adottare misure di tutela dell’agricoltura contadina e dell’accesso alla terra, supportare le reti locali di piccola scala, promuovere l’agroecologia e tutelare l’agrobiodiversità.
La raccomandazione dell’Istituto di ricerca è chiara: gli sprechi vanno ridotti a un quarto degli attuali in Italia e a un terzo nel mondo, e per riuscirci bisogna riconoscere un equo valore sociale ed economico agli alimenti fondato sul diritto al cibo per riequilibrare le condizioni di accesso e di produzione.
La sintesi del Rapporto
Il comunicato stampa
Il programma
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di Lucilla Persichetti