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Africa Energy Forum 2017, discussioni sull’accesso all’energia nel continente africano

di Claudia Tizzoni, segretariato ASviS

Nel continente africano si è raggiunto nell’ultimo secolo un record in termini di mancato accesso all’energia dei suoi abitanti. Esperti del settore e rappresentanti di tanti Stati africani hanno condiviso le lezioni del passato e gli strumenti da utilizzare in futuro per vincere una delle più grandi sfide dei prossimi decenni.
Luglio-Agosto 2017

Il continente africano si è reso protagonista di un’esplosione demografica senza precedenti.  È sufficiente consultare il World Population Prospects 2017, pubblicato il 21 giugno scorso dalle Nazioni Unite, per rendersi conto dell’eccezionale fenomeno. Si pensi che l’Africa contava 100 milioni di abitanti nel 1900 ed è passata a circa 1 miliardo nel 2000. Ad oggi 1,2 miliardi di persone abitano il continente e le stime prevedono un aumento fino a 2,5 miliardi entro il 2050 con una possibile stabilizzazione a 4,5 miliardi nel 2100. Di segno opposto è invece il trend del vecchio continente per il quale è prevista una diminuzione dell’11% della popolazione nel 2100 rispetto a quella attuale (da 742 milioni di abitanti si passerà a 653 milioni).

Un dato altrettanto stupefacente riguarda l’accesso all’energia: nell’Africa subsahariana sono circa 600 milioni le persone che non hanno accesso all’elettricità; quasi un’intera Europa al buio. Non meno eclatante è il divario in termini di consumo pro-capite: mediamente un abitante dell’Africa subsahariana consuma infatti 200 kWh all’anno di elettricità contro i 5900 kWh di un cittadino europeo. Diversa è inoltre la situazione nelle aree rurali rispetto alle città: in queste zone solo il 16% della popolazione ha accesso all’energia. I più “fortunati” che dispongono di elettricità devono fare i conti con continui blackout e malfunzionamenti della rete. 

Le informazioni demografiche accoppiate ai dati energetici ci fanno intuire la necessità, l’urgenza e l’opportunità di ridurre questo gap energetico cronico e di affrontare una delle più grandi sfide di questo secolo. L’accesso all’energia, prima di essere un’opportunità di investimento per molti player del settore è, come scrive l’artista etiope Ermias Ekube, il riconoscimento di un diritto umano fondamentale:

“I believe energy access is now a fundamental human right- without it life is miserable. Communication, education and healthcare are impossible without enough energy access in one country. The absence of these features is often what causes people’s migration from the continent”.

Tra il 7 e il 9 giugno scorsi a Copenaghen si è tenuto l’Africa Energy Forum 2017, occasione di incontro di soggetti rappresentanti del settore pubblico e privato sul tema degli investimenti energetici in Africa. Durante questo evento è stato presentato l’Africa Energy YearBook 2017, pubblicazione che raccoglie le testimonianze e le riflessioni di esperti del settore e che verrà qui utilizzata per fare il punto su questa sfida globale.

Il tema dell’accesso all’energia del continente africano non è certo nuovo, da diversi anni se ne parla e si cercano meccanismi per traguardare lo sviluppo di progetti di successo. La risposta alla domanda: “Qual è la soluzione per l’accesso all’energia in Africa?” può perciò risolversi nel feedback all’interrogativo: “Che cosa non ha funzionato sino ad oggi?”. Henry Asklar, Ceo di Globeleq, produttore indipendente di elettricità in Africa, sembra avere le idee chiare: la conditio sine qua non viene identificata in un forte commitment da parte dei governi dei Paesi interessati e da una leadership convincente che lo esprima. Senza questo elemento, sostiene Asklar, qualsiasi strumento, modello o contratto virtuoso perderà di efficacia.

La leadership dovrebbe riguardare contemporaneamente e con il seguente ordine di priorità:

  • i Presidenti dei Paesi, responsabili dell’inserimento del tema dell’accesso all’elettricità in cima alle loro priorità di governo;
  • i Ministri dei Governi stessi, incaricati della corretta gestione delle relazioni con le società private;
  • gli investitori, portatori di soluzioni sostenibili a lungo termine.

Il Sud Africa viene citato come esempio virtuoso in quanto rappresentativo di una leadership robusta e congiunta “statale – privato” che ha portato all’implementazione del famoso Renewable Energy Independent Power Producer Procurement Program (REIPPPP), il programma sviluppato dal governo per incoraggiare investimenti privati nell’ambito dell’accesso alle energie rinnovabili in Sud Africa.

A questo riguardo citiamo la recente notizia dell’avvio dell’attività del parco eolico ENEL “Gibson Bay” da 111 MW a Kouga. Il parco è supportato da un accordo di fornitura ventennale con l’utility sudafricana Eskom, siglato in seguito alla gara bandita dal governo sudafricano nel quadro del programma REIPPPP e vinta dal gruppo energetico italiano.

La descrizione del “come” implementare il cambiamento fornisce la dimensione della rivoluzione che deve intervenire in molti contesti africani per raggiungere l’obiettivo. I modelli e gli strumenti da utilizzare, e che approfondiremo in seguito, devono infatti essere in primo luogo supportati da una completa riforma della governance dei sistemi energetici nazionali, dei quadri regolatori nazionali, dei sistemi legislativi e delle imprese energetiche pubbliche, protagoniste in molti casi di straordinarie inefficienze, corruzione e disottimizzazioni.

Sul tema del ruolo chiave del sistema normativo, nell’ambito dell’Africa Energy Forum si esprime in particolare il presidente di MEDREG, Association of the Mediterranean Energy Regulator: “regulatory actions are important in ensuring a stable and fair regulatory framework for the investors to the ultimate benefit of consumers. […] In addition regulations guarantees the existance of a set of transparent and stable norms wich are important for consumers. Through the design and the setting of network tariffs, economic regulation results in energy prices that should reflect the costs of production, transport and supply. […] Economic regulation, network tariffs and market rules mean that infrastructures investors are able to recover the costs (and risks) of their investiments”.

Venendo agli strumenti da utilizzare, in un’analisi piuttosto dettagliata Romain Py, Head of Transactions presso African Infrastructure Investment Managers (AIIM), presenta gli Indipendent Power Projects o IPP.

Gli IPP nascono agli inizi degli anni ’90, sino ad allora la maggior parte della produzione energetica in Africa era finanziata da fondi statali. In un contesto di mancanza di finanziamenti e di crescente domanda di generazione elettrica alcuni Stati hanno poi iniziato ad implementare una riforma del sistema energetico nazionale e ad introdurre un nuovo modello basato sullo sviluppo di progetti privati (IPP) accoppiati a contratti di acquisto di lungo termine, PPA (Power Purchasing Agreements), siglati tra gli Stati ed i privati stessi. Si tratta di fatto di un sistema misto pubblico-privato tramite il quale un investitore privato straniero investe nella generazione di elettricità tramite un contratto con il Paese ospitante (si ricordi il caso ENEL in Sud Africa).

Come anticipato e dimostrato dall’esperienza degli ultimi vent’anni, lo “strumento IPP” non rappresenta di per sé una garanzia di successo se non sviluppato in un contesto caratterizzato dalla presenza di:

  • un chiaro quadro politico e regolatorio con leggi propriamente implementate;
  • un regolatore credibile, trasparente e indipendente che esprima una regolazione coerente e prevedibile;
  • una pianificazione efficace e dinamica con procedure di procurement ben comunicate verso l’esterno e riconosciute capacità tecniche di gestione di contratti complessi;
  • contratti solidi e sostenuti da flussi di credito sicuri.

Un aspetto assolutamente non trascurabile è l’analisi dei rischi “Paese” che possono letteralmente uccidere gli appetiti degli investitori: ai rischi già citati di carattere regolatorio si possono infatti aggiungere anche rischi di carattere politico, legati alla sicurezza, al cambio e all’esposizione commerciale.

Il settore elettrico stesso è inoltre già intrinsecamente sfidante quando si parla di finanziamenti: la necessità di impegni long term di almeno 15 anni, i lunghi periodi di payback e build-out, la difficoltà di stimare sul lungo termine la domanda e le dinamiche di approvvigionamento caratterizzano infatti la gran parte dei progetti di generazione elettrica.

Gli strumenti che possono essere utilizzati per rispondere a questi rischi sono diversi: pensiamo ad assicurazioni dedicate al rischio politico, ad assicurazioni sull’interruzione di esercizio e altri strumenti di protezione forniti da istituzione come la Banca Mondiale e la MIGA (Multilateral Investment Guarantee Agency).

Py termina la sua analisi con delle prospettive ottimistiche per quanto riguarda gli IPP. Se infatti le condizioni descritte sopra verranno rispettate e il contesto del passato superato, gli IPP potranno davvero diventare protagonisti del cambiamento e affermarsi come la più rapida forma di finanziamento per il settore energetico africano. Py vede interessanti e nuove prospettive in particolare nel West Africa con almeno sette Paesi che hanno recentemente sottoscritto IPP. Una volta innescata la miccia e dimostrata attraverso l’esperienza ed esempi di successo la validità del modello ed il superamento dei rischi crescerà l’interesse nelle opportunità fornite attraverso le strutture di finanziamento.

Ovviamente la progettazione dei nuovi sistemi energetici nazionali passa attraverso la scelta del “cosa” implementare ovvero del set di ingredienti da prevedere per la costruzione di un modello sostenibile a lungo termine; di seguito presentiamo la “ricetta” proposta durante l’Africa Energy Forum ovvero le caratteristiche sulle quali si dovrebbe puntare a livello di progettualità energetica:

  • un mix energetico flessibile, per evitare la dipendenza da una sola singola fonte;
  • una forte componente di generazione elettrica rinnovabile (solare, eolico, idro) e di gas naturale per esigenze di baseload;
  • la compresenza di sistemi grid e off-grid;
  • il potenziamento e sviluppo delle interconnessioni sulla rete di trasporto;
  • l’investimento in sistemi di stoccaggio di energia.

Guardando al ruolo dell’Europa in questa sfida globale possiamo senz’altro segnalare la presenza di una miriade di progetti che andrebbero però meglio coordinati e centralizzati come sembra stiano facendo in modo più efficace USA e Cina, protagonisti di primo piano dell’avvio dell’elettrificazione del continente africano.

Nell’attesa del 20° Africa Energy Forum, programmato per il 2018, continuiamo a seguire l’argomento e a monitorare lo sviluppo di progetti europei ed extra-europei sul tema.

 

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