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VITA SULLA TERRA

Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica

Dagli ultimi dati aggiornati al 2021, risulta che sulle otto milioni conosciute, un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione. L'attività antropica ha velocizzato di mille volte il tasso naturale di estinzione. Continua il declino della biodiversità italiana a causa di problemi irrisolti, come il degrado e il consumo del suolo. 

Approfondimenti

Uno studio Jrc rivela: gli europei pagherebbero di più per proteggere la biodiversità

di Ivan Manzo, segretariato ASviS

L’Europa ha previsto uno stanziamento di 20 miliardi ma dall’analisi emerge che il flusso monetario che le persone sono disposte a destinare alla biodiversità è maggiore: supera i 30 miliardi di euro l’anno.

3 maggio 2022

Non è protagonista dei talk in tv, non prende le prime pagine dei giornali, non è motivo di discussione tra partiti politici. Eppure è elemento centrale della nostra vita, da cui dipendiamo e da cui dipende qualsiasi forma di benessere conosciuta. Parliamo della biodiversità e del suo prezioso ruolo di fornire gratuitamente beni e servizi al genere umano, un ruolo costantemente messo a rischio da un’attività antropica sempre più impattante, basti pensare che l’uomo ha già significativamente modificato il 75% delle terre emerse e il 66% degli ecosistemi marini.

A questo punto viene “naturale” chiedersi: quanto siamo consapevoli della sua importanza? E soprattutto: quanto vale per noi la biodiversità? Se per rispondere alla prima domanda bisogna allargare la discussione al mondo dell’informazione, spesso in cortocircuito, alla seconda ha iniziato a dare risposta l’attività di ricerca del Joint research centre, il Centro comune di ricerca della Commissione europea, che con lo studio “How much do Europeans value biodiversity?” rivela: gli europei pagherebbero di più per la tutela della biodiversità. Ma andiamo con ordine.

 

L’indagine si è basata sulle preferenze dei cittadini

La ricerca prende in esame le “preferenze espresse dai cittadini” in materia di “protezione della biodiversità” in quattro Paesi europei: Repubblica Ceca, Germania, Irlanda e Italia. Obiettivo ultimo è stato quello di attribuire un valore di tipo monetario al “mantenimento dell’habitat e delle specie”.

“Trattandosi di un bene invisibile abbiamo utilizzato un’intervista con il metodo delle preferenze affermate che consente di far rivelare ai rispondenti la preferenza per uno o più caratteristiche di gestione del nostro territorio”, ha dichiarato Silvia Ferrini dell'università di Siena, autrice dello studio. “E’ una tecnica consolidata negli ultimi 30 anni e usata per moltissime politiche pubbliche e private. La scelta dei Paesi è stata guidata da principi statistici e biologici. La biodiversità è principalmente a rischio nelle aree agricole, tuttavia queste sono anche le prime che la possono promuovere e tutelare. Sono stati pertanto scelti due Paesi che hanno livelli di agricoltura intensiva inferiore alla media europea (Italia, Repubblica Ceca) e due Paesi che hanno livelli elevati di agricoltura intensiva (Germania, Irlanda)”.

In totale quasi 1600 persone sono state coinvolte, di cui 1496 hanno dato una risposta valida ai fini dell’indagine. Il campione analizzato, che va dai 18 anni fino agli over 75, ha dimostrato di non avere una solida conoscenza di cosa intenda per “catena alimentare”, a differenza del termine “biodiversità” che è risultato un po’ più noto.

Alle persone è stato poi chiesto di individuare quali fossero le principali cause di perdita di biodiversità. Come mostra la seguente immagine, l’inquinamento è stato riconosciuto dalla maggior parte del campione come elemento che genera effetti negativi sugli ecosistemi (l’83% dei rispondenti), seguito dal comparto industriale (77%) e dal cambiamento climatico (76%).

L’indagine si è inoltre soffermata sul tipo di azione da intraprendere per la salvaguardia degli habitat naturali. Tutti gli intervistati hanno concordato che bisogna innanzitutto aumentare le aree protette e attuare una regolamentazione più stringente per il settore dell’agricoltura. Meno successo hanno riscosso le attività legate alla finanza e alla ricerca (immagine che segue).

Infine è stato chiesto al campione il motivo principale per cui si devono attuare politiche di protezione. Una maggiore sensibilità ambientale è stata dimostrata da tedeschi e italiani: rispettivamente il 14% e il 15% si è detto disposto a proteggere la biodiversità per il ruolo chiave che riveste. Nel complesso, tutti gli intervistati si sono mostrati più preoccupati per la sopravvivenza delle specie nei loro Paesi (43%) e, in misura minore, per i benefici offerti al benessere umano (23%), come mostra la seguente immagine.

I risultati dimostrano che, in linea con i precedenti sondaggi come quello effettuato da Eurobarometro, c’è una crescente consapevolezza del “valore intrinseco” della biodiversità. In sostanza le persone iniziano a comprendere anche quello che in economia viene definito “valore di non uso”: anche se non usufruiamo in modo diretto della biodiversità, pensiamo al cibo, ci sono una serie di altri preziosi servizi ecosistemici che la natura offre gratuitamente e che sono fondamentali al benessere collettivo, come lo stoccaggio dei gas climalteranti e la protezione da eventi estremi, svolti per esempio dai servizi ecosistemici forestali.

 

Per la tutela della biodiversità si deve investire di più

Come si passa dai risultati dell’indagine a definire un prezzo che le persone sono disposte a pagare per il mantenimento del buon stato dell’habitat delle specie?

“La stima della disponibilità a pagare è fondata sulla teoria dell’utilità attesa, coniata dal premio nobel per l’economia McFadden. Grazie alle scelte fatte dai rispondenti dei diversi programmi di gestione del territorio agricolo, disegnati con principi statistici rigidi e regolati dai disegni sperimentali, è possibile derivare quanto vale la biodiversità rispetto ad altri fattori che caratterizzano le pratiche agricole (es. utilizzo di prodotti chimici)”, ha poi spiegato Alessandra La Notte, altra autrice del lavoro di ricerca.

Dallo studio è emerso che la percezione da parte delle persone dei fattori determinanti della perdita di biodiversità è perfettamente in sintonia con la Strategia per la biodiversità europea che, ricordiamo, entro il 2030 intende:

  • ripristinare gli ecosistemi marini e terrestri degradati;
  • aumentare l'agricoltura biologica ed esaltare i luoghi ricchi di biodiversità;
  • ripristinare almeno 25 mila km di fiumi dell'Ue;
  • dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030, arrestando e invertendo in questo modo anche il declino degli insetti, in special modo degli impollinatori;
  • piantare 3 miliardi di alberi entro il 2030;
  • investire 20 miliardi di euro l’anno, attraverso risorse pubbliche e private, in tutela della biodiversità.

Riguardo all’ultimo punto, gli europei di tutti e 27 gli Stati membri sono d’accordo nell’investire una cifra cospicua per la salvaguardia della biodiversità che, anzi, andrebbe aumentata. Secondo il lavoro di ricerca, infatti, il flusso monetario annuo che le persone sono disposte a destinare alla biodiversità supera i 30 miliardi di euro. In pratica i cittadini dell’Unione vorrebbero che si investisse almeno il 33% in più delle attuali risorse. “Il valore monetario medio attribuito al mantenimento dell'habitat e delle specie stimato come disponibilità a pagare varia da 28 a 276 euro all'anno per famiglia. Cifra che riflette le diverse condizioni ambientali in cui si trovano i Paesi europei”, si legge nella ricerca.

“Grazie alla mole di dati scientifici e biologici a disposizione del Jrc e al disegno statistico dell’indagine, nei quattro Paesi europei è stato possibile stimare delle similarità tra le 31 regioni in cui abbiamo intervistato i nostri rispondenti e le rimanenti regioni europee”, ha infine aggiunto Ferrini. “I risultati rivelano una grande eterogeneità spaziale delle condizioni della biodiversità europea, e potrebbero aiutare i decisori pubblici e privati a rendere prioritarie azioni di governo del territorio nelle aree più a rischio o di maggior pregio”.

A ogni perdita di biodiversità è da associarsi una perdita di benessere umano, ma come dimostrano le tante, troppe, attività invasive condotte dall’uomo negli ultimi decenni, la sua gestione è complicata, e attraversa tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile: quella economica, quella sociale, quella ambientale e quella istituzionale. Grazie a questo tipo di lavori possiamo comprendere quanto alle persone stia a cuore il tema e, soprattutto, quanto siano informate sulle crisi ambientali che siamo costretti ad affrontare. È solo grazie a società più consapevoli che saremo in grado di modificare i nostri stili di vita, rendendoli più sostenibili, e di orientare le strategie dei governi, nazionali e sovranazionali, verso la necessaria e urgente attività di protezione della natura.

 

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Il lavoro di ricerca è stato condotto da La Notte Alessandra, Ferrini Silvia, Pisani Domenico, Grilli Gaetano, Grammatikopoulou Ioanna, Vallecillo Rodriguez Sara, Badura Tomas, Turner Kerry, Maes Joachim.

 


Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti. 

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