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L’Onu pubblica la bozza di accordo per salvare la biodiversità. Wwf: “inadeguata”
Per “vivere in armonia con la natura” entro il 2050 bisogna passare dai target al 2030: almeno il 30% delle aree terrestri e marittime va conservato, occorre dimezzare la perdita di nutrienti nel terreno e investire di più nella natura. 22/7/21
È stata pubblicata il 5 luglio la prima bozza dell’accordo globale sulla biodiversità per il post 2020. Frutto dei negoziati in seno alla Convenzione Onu sulla diversità biologica (Cbd), si basa sulle discussioni intraprese negli ultimi anni dai governi per la definizione di nuovi obiettivi a tutela della natura. La fine dei negoziati, iniziati nel 2019, per definire un accordo globale, sulla falsa riga dell’Accordo di Parigi per il clima, è prevista per la Cop 15 di Kunming (Cina) di ottobre (anche se già si parla di possibili slittamenti al 2022).
È questo il decennio fondamentale per l’azione. La bozza riconosce che è necessaria e urgente un’azione politica a livello globale, regionale e nazionale per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2030, innescata da quei modelli economici, sociali e finanziari che sono in contrasto con lo sviluppo sostenibile. Infatti, la Convenzione specifica che per l’adozione dell’Agenda 2030 sarà fondamentale garantire una ripresa ispirata dalle attività di tutela ambientale. Nei successivi 20 anni, dal 2030 al 2050, bisogna poi portare a compimento la “2050 vision”, in modo da riuscire a “vivere in armonia con la natura. In un mondo dove la biodiversità viene valorizzata, conservata, ripristinata e utilizzata con saggezza, preservando l’integrità dei servizi ecosistemici, e sostenendo un Pianeta sano, capace di offrire benefici essenziali a ogni individuo".
Quello che deve essere chiaro, però, è che è questa la decade decisiva (anche perché la comunità scientifica ribadisce che la finestra dell’azione si sta rapidamente chiudendo) per apportare i cambiamenti che servono a evitare lo stravolgimento delle nostre condizioni di vita: governi e società devono individuare le priorità su cui focalizzarsi, per investire nella natura, e per riconoscere che il costo dell’inazione sarà parecchio più alto in termini monetari, di benessere umano e di capitale naturale, rispetto all’agire tempestivamente.
I quattro obiettivi del Piano e i target al 2030. Attualmente il piano definisce quattro obiettivi da realizzare entro la metà del secolo ma, ognuno di questi, per essere raggiunto, ha bisogno che vengano soddisfatti i target al 2030: un importante e fondamentale step per un pieno equilibrio naturale dettato dalla “2050 vision”.
Il primo obiettivo punta all’integrità dei sistemi naturali. Deve essere infatti aumentata l’area attualmente preservata, e al contempo vanno tutelate tutte le popolazioni animali e vegetali presenti sul Pianeta per garantirne la resilienza. Inoltre, il tasso di estinzione delle specie va ridotto di almeno 10 volte (oggi un milione di specie è a rischio estinzione sulle otto milioni conosciute), e va mantenuto intatto almeno il 90% della diversità genetica di tutte le specie. Il secondo obiettivo mira invece a garantire alla collettività, attraverso un uso sostenibile delle risorse ispirato anche dall’Agenda 2030, i beni e i servizi che la natura ci offre “necessari alla vita umana”. Il terzo obiettivo, poi, fa presente che le risorse genetiche devono essere condivise su scala globale in modo equo, mentre il quarto prevede la definizione di tutti quei mezzi finanziari necessari al raggiungimento della “vision” al 2050.
Al fine di “vivere in armonia con la natura”, il Piano prevede 21 fondamentali target da raggiungere entro il 2030, tra cui troviamo:
- garantire che almeno il 30% delle aree terrestri e marittime a livello globale sia conservato;
- ridurre del 50% la quantità di specie aliene introdotte in ecosistemi diversi da quelli di origine;
- arrestare di almeno la metà la perdita di nutrienti nel terreno;
- utilizzare il più possibile le Soluzioni basate sulla natura (in inglese “Nature-based solutions”), anche per aiutare le operazioni di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico;
- aumentare le risorse finanziare di almeno 200 miliardi di dollari all’anno per mettere un serio freno alla perdita di biodiversità.
Wwf: prima bozza inadeguata. Sono arrivate a stretto giro le prime reazioni alla bozza. Particolarmente critica è la posizione del Wwf, che “esprime preoccupazione per la mancanza di un’adeguata risposta globale alla crisi della natura. In questo modo si mette a rischio la nostra capacità di affrontare la crisi climatica, nonché le risorse da cui tutti dipendiamo, sia per le nostre economie, sia per la nostra stessa sopravvivenza”. Secondo l’associazione ambientalista la bozza manca di ambizione e non riflette l’urgenza con cui bisogna mettere in campo tutte azioni necessarie a invertire la perdita di biodiversità, nonostante veniamo da un decennio in cui tutti gli obiettivi per la tutela della biodiversità (i target di Aichi) sono stati falliti.
“Sebbene il Wwf accolga con favore la pubblicazione della prima bozza del quadro globale sulla biodiversità post-2020 come un passo importante verso la garanzia di un accordo cruciale sulla biodiversità globale, siamo delusi dal fatto che il testo, nel complesso, non rifletta l'ambizione necessaria per invertire la rotta sulla crisi della natura”, ha infatti dichiarato Marco Lambertini, direttore generale del Wwf internazionale, “è necessario che il testo includa un obiettivo globale chiaro e misurabile per la natura, simile a quello già presente per il clima. È un passo fondamentale per definire obiettivi scientifici adeguati e consentire a governi, imprese, investitori e consumatori di contribuire ad un obiettivo condiviso. L'ambizione e l'urgenza della bozza di accordo sono significativamente inferiori a quanto necessario per garantire un mondo ‘nature-positive’ in questo decennio. Con le attività umane che continuano a guidare la perdita irreversibile della biodiversità, spingendo le specie verso l'estinzione e gli ecosistemi verso il collasso, esortiamo i leader a intensificare e mantenere i propri impegni, istruendo i propri negoziatori a garantire un risultato davvero incisivo”.
Nello specifico, l’associazione ritiene positivo l’obiettivo al 2030 per proteggere il 30% della terra, delle acque dolci e degli oceani, tuttavia l’assenza di un “traguardo per dimezzare l’impatto di produzione e consumo entro il 2030” e il traguardo per le specie definito “particolarmente debole” suscitano particolare preoccupazione. Inoltre anche la parte relativa alla “responsabilità e la trasparenza” non convince: “sarà essenziale che le parti lavorino per rafforzare questa sezione, garantendo l'inclusione di un meccanismo di implementazione efficace nell'accordo finale che responsabilizzi i Paesi”.
di Ivan Manzo