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Snpa: cresce il consumo di suolo, nel 2021 il valore più alto degli ultimi 10 anni
Italia, più di un quinto del suolo artificiale è concentrato nelle 14 città metropolitane, vere e proprie isole di calore. Il 25% del suolo nazionale è coperto da edifici, di cui molti degradati o non utilizzati. 8/8/22
Invertendo nettamente il trend di riduzione degli ultimi anni, nel 2021 è tornato a crescere il consumo di suolo che sfiora i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno: una media di circa 19 ettari al giorno, oltre 2 m2 al secondo, il valore più alto degli ultimi 10 anni. Ad essi si aggiungono 11,9 chilometri quadrati passati da suolo consumato reversibile a suolo consumato permanente, sigillando ulteriormente il territorio. Una crescita delle superfici artificiali solo in parte compensata dal ripristino di aree naturali.
È questo il quadro che emerge dal Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, un prodotto dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), che assicura le attività di monitoraggio del territorio e del consumo di suolo a livello nazionale, comunale e provinciale. Insieme alla cartografia satellitare e alle banche dati di indicatori allegati, il documento diffuso a fine luglio fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo e permette di valutare il degrado del territorio e l’impatto del consumo di suolo sul paesaggio e sui servizi ecosistemici.
Il Rapporto Snpa 2022 rileva, nel periodo 2006-2021, un consumo di suolo nazionale, naturale o seminaturale, di 1.153 chilometri quadrati, a causa dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali, con una media di 77 chilometri quadrati all’anno. Un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale.
Le conseguenze sono anche economiche, e i costi, dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 15 anni, sono stimati in 8 miliardi di euro l’anno che potrebbero incidere in maniera significativa sulle possibilità di ripresa del nostro Paese.
Il consumo di suolo nelle regioni. A livello regionale la Valle d’Aosta è la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata; la Liguria è riuscita a contenere il nuovo consumo di suolo al di sotto dei 50 ettari, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si mantengono sotto ai 100 ettari.
Gli incrementi maggiori sono avvenuti in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (+684 ettari), Emilia-Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499). I valori percentuali più elevati si collocano anche quest’anno in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%).
Il consumo di suolo nelle province. Le province dove il consumo di suolo netto è cresciuto di più tra il 2020 e il 2021 sono Brescia (+307 ettari), Roma (+216 ettari) e Napoli (+204 ettari). Tra quelle che hanno consumato di meno si registrano le province di Trieste, Gorizia e Ancona, dove anche alcune azioni di ripristino del suolo già consumato hanno contribuito a mantenere il consumo di suolo al di sotto dei 10 ettari.
In termini assoluti, la città metropolitana di Roma si conferma quella con la maggiore superficie consumata al 2021, con oltre 70.100 ettari. Segue Torino (circa 58.075 ettari), con un incremento di 162 ettari. Milano si avvicina, nel 2021, alla soglia dei 50.000 ettari (75 in più nell’ultimo anno), ma viene superata da Brescia con una superficie consumata di poco superiore (50.022 ettari) grazie ai 307 ettari di consumo dell’ultimo anno. Verona (+184 ettari), Treviso (+119 ettari) e Napoli (+204 ettari) hanno valori compresi tra i 40.000 e i 42.000 ettari. Più di un quinto (il 22%, oltre 4.600 chilometri quadrati) del suolo artificiale in Italia nel 2021 è concentrato nel territorio amministrato dalle 14 città metropolitane.
Distribuzione del consumo di suolo. Il consumo di suolo è più intenso nelle aree già molto compromesse. Nelle città a più alta densità, dove gli spazi aperti residui sono spesso molto limitati, si sono persi 27 metri quadrati per ogni ettaro di aree a verde nell’ultimo anno. Tale incremento contribuisce a far diventare sempre più calde le nostre città, con il fenomeno delle isole di calore e la differenza di temperatura estiva tra aree a copertura artificiale densa o diffusa che, rispetto a quelle rurali, raggiunge spesso valori superiori a 3°C nelle città più grandi.
Il 25% dell’intero suolo consumato è rappresentato dagli edifici (5.400 chilometri quadrati) che continuano ad aumentare costantemente (+1.120 ettari in più di un anno), distribuendosi tra aree urbane compatte (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%). Oltre 310 chilometri quadrati di edifici risultano non utilizzati e degradati, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli.
Impatto del consumo di suolo sui servizi ecosistemici. La valutazione dei principali servizi ecosistemici forniti dal suolo e persi a causa delle nuove coperture artificiali viene effettuata per la produzione agricola, la produzione di legname, lo stoccaggio di carbonio, il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la regolazione del microclima, la rimozione di particolato e ozono, la disponibilità e la purificazione dell’acqua e la regolazione del ciclo idrologico, cui si aggiunge la qualità degli habitat con la valutazione e la mappatura dello stato degli ecosistemi e dei loro servizi, al fine di supportare le scelte di pianificazione e protezione degli ecosistemi.
Le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito la fornitura complessiva di 4 milioni e 150mila quintali di prodotti agricoli e l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori.
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Nello stesso periodo, la perdita della capacità di stoccaggio del carbonio di queste aree (oltre tre milioni di tonnellate) equivale, in termini di emissione di CO2, a quanto emetterebbero più di un milione di autovetture con una percorrenza media di 11.200 km l’anno tra il 2012 e il 2020: un totale di oltre 90 miliardi di chilometri percorsi, più di 2 milioni di volte il giro della Terra.
Proiezioni al 2030. Secondo il Rapporto, nel caso in cui si attuasse una progressiva riduzione della velocità di trasformazione, ipotizzata nel 15% ogni triennio, si avrebbe un incremento delle aree artificiali di oltre 800 chilometri quadrati, prima dell’azzeramento al 2050.
Rimane comunque un valore molto lontano dagli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 che, sulla base delle attuali previsioni demografiche, imporrebbero un saldo negativo del consumo di suolo. Ciò significa che, a partire dal 2030, la sostenibilità dello sviluppo richiederebbe un aumento netto delle aree naturali di 269 chilometri quadrati o addirittura di 888 chilometri quadrati che andrebbero recuperati nel caso in cui si volesse anticipare tale obiettivo a partire da subito.
Di Monica Sozzi