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Dagli ultimi dati aggiornati al 2021, risulta che sulle otto milioni conosciute, un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione. L'attività antropica ha velocizzato di mille volte il tasso naturale di estinzione. Continua il declino della biodiversità italiana a causa di problemi irrisolti, come il degrado e il consumo del suolo. 

Notizie

Rapporto Ispra: dopo 10 anni di rallentamento, aumenta il consumo di suolo

La ripresa economica incide sulla copertura di aree naturali e agricole. Nel 2017 altri 54 chilometri quadrati sono stati coperti da strutture artificiali, portando il totale a oltre 23mila chilometri quadrati.

Secondo il quinto rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) dal titolo “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, in Italia il consumo di suolo nel 2017 è cresciuto in un solo anno di 54 chilometri quadrati di territorio che risultano essere coperti da strutture artificiali.

Uno studio approfondito dei dati forniti dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) ha rilevato un principio di rallentamento della velocità del consumo di suolo iniziato una decina di anni fa, che ha però subito, nel 2017, una prima inversione di tendenza con una progressiva artificializzazione del territorio che “continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità”, come si legge nel rapporto.

I dati della nuova cartografia Snpa mostrano come, a livello nazionale, la copertura artificiale del suolo sia passata dal 2,7% negli anni 50 al 7,65% del 2017. Si tratta, a oggi, di una perdita di poco meno di due metri quadrati di suolo che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.

In termini assoluti, il consumo di suolo comprende 23.063 chilometri quadrati con una crescita netta di 5.211 ettari nell’ultimo anno, dovuta alla differenza fra nuovo consumo e suolo ripristinato.

Per quanto riguarda i territori regionali, nel 2017, in 15 regioni viene superato il 5% di consumo di suolo, con il valore percentuale più elevato in Lombardia (che con il 12,99% arriva a sfiorare il 13%), in Veneto (12,35%) e in Campania (10,36%). Seguono Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Liguria, con valori compresi tra l’8 e il 10%. La Valle d’Aosta è l’unica regione rimasta sotto la soglia del 3%.

 

Tabella 1: Stima del consumo di suolo a livello regionale, in percentuale sulla superficie territoriale e in ettari. Fonte: elaborazioni Ispra su cartografia Snpa.

La ripresa del consumo di suolo nelle regioni del Nord Italia può essere messa in relazione con la ripresa economica di queste aree. La crescita economica registrata nel 2016 dal Nord-est vede in prima posizione la Provincia autonoma di Bolzano (+2,2%), a cui effettivamente corrisponde l’incremento percentuale maggiore del consumo di suolo in Italia tra tutte le regioni. Al Nord-ovest la Lombardia segna un progresso del Pil dell’1,2%, e solo la Liguria registra una diminuzione (-0,4%), rispecchiata anche dal dato circa la minore percentuale di suolo artificiale (+0,05%), rispetto alle altre regioni del nord.

L’edizione 2018 del rapporto Ispra presenta una novità rispetto alle edizioni precedenti. Nell’ambito delle attività di monitoraggio dell’ultimo anno, infatti, è stata avviata per la prima volta una sperimentazione volta a classificare, secondo una legenda più articolata che comprende 20 voci, il nuovo consumo di suolo avvenuto tra il 2016 e il 2017. Rispetto alla legenda del 2016, che prevedeva solo due classi, consumato e non consumato, è stato possibile distinguere tra consumo di suolo permanente, che riguarda la costruzione di strutture quali: edifici, fabbricati; strade asfaltate; sede ferroviaria; aeroporti, piste e aree di movimentazione impermeabili/pavimentate; porti, banchine e aree di movimentazione impermeabili/pavimentate; altre aree impermeabili/pavimentate non edificate, piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi; serre permanenti pavimentate; discariche, e consumo di suolo reversibile che include: strade sterrate; cantieri e altre aree in terra battuta, piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi, depositi permanenti di materiale; aree estrattive non rinaturalizzate; cave in falda; campi fotovoltaici a terra; altre coperture artificiali la cui rimozione ripristina le condizioni iniziali del suolo.

Nel rapporto si legge che nell’arco di dodici mesi la trasformazione del suolo agricolo o naturale a suolo artificiale ha interessato la costruzione di infrastrutture quali piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi, depositi permanenti di materiale che, da sola, ha riguardato il 62,8% del nuovo consumo di suolo, pari a 3.037 ettari. Si tratta di aree che, in molti casi, sono destinate a trasformarsi nel giro di poco tempo in consumo di suolo permanente ma che, almeno in parte, potrebbero essere recuperate e rinaturalizzate una volta terminata la cantierizzazione.

Il 16,4% del consumo di suolo del 2017 è rappresentato da superfici dove, in un anno, sono stati realizzati edifici, mentre le nuove strade rappresentano il 4,7% dei cambiamenti. Le altre aree impermeabili o pavimentate non edificate rappresentano l’8,8% del nuovo consumo, pari a 423 ettari, mentre il 3,5% dei cambiamenti (171 ettari) è dovuto all’espansione di aree estrattive e l’1,5% (73 ettari) a nuovi campi fotovoltaici a terra.

 

di Giulia D’Agata

giovedì 19 luglio 2018

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