Approfondimenti
Bilancio Ue: l’approvazione appesa alle condizionalità sullo Stato di diritto
Di Carlo Maria Martino, Segretariato ASviS
La Commissione europea mette in luce le criticità di alcuni Stati nel garantire il rispetto dello Stato di diritto. Quale legame tra quadro finanziario pluriennale dell’Unione 2021-2027 e Next generation Eu?
26 novembre 2020
Il cinque ottobre 2020 il Parlamento ha avviato l’esame della prima Relazione sullo Stato di diritto, pubblicata dalla Commissione europea il 30 settembre 2020 nell’ambito del meccanismo sullo Stato di diritto. Nella stessa settimana il Parlamento ha discusso il quadro finanziario pluriennale dell’Unione 2021-2027 (“Qfp”), a partire dalle conclusioni raggiunte dal Consiglio europeo di fine luglio 2020, nel corso del quale sono stati inclusi nel Qfp i pacchetti di investimento volti a mitigare l’impatto della pandemia sulle economie europee, tra cui Next generation Europe.
Il legame tra i due punti all’ordine del giorno è rappresentato dal meccanismo di condizionalità di accesso ai fondi europei sulle quali si è recentemente rinnovata la discussione tra i 27 Paesi dell’Unione: si tratta di quel meccanismo, volto a proteggere gli interessi finanziari dell’Unione contro un utilizzo improprio delle risorse comunitarie, secondo cui la distribuzione dei fondi è vincolata al rispetto di taluni requisiti e principi comuni agli Stati membri.
La Relazione presentata dalla Commissione, infatti, ha messo in luce le criticità di alcuni Stati nel garantire il rispetto dello Stato di diritto, acuendo quindi il conflitto sulla rigidità della formulazione delle clausole di condizionalità di bilancio del Qfp 2021-2027. Il cinque novembre i negoziatori del Parlamento e del Consiglio hanno raggiunto un accordo di compromesso anche sulle condizionalità legate al rispetto dello Stato di diritto, accordo che avrebbe dovuto essere sottoposto alla approvazione definitiva delle rispettive istituzioni e, successivamente, all’approvazione dei Parlamenti nazionali. Il processo di approvazione, però, si è (momentaneamente) interrotto proprio il 16 novembre 2020, quando l’Ungheria e la Polonia hanno annunciato il proprio veto sulla proposta di bilancio programmatico 2021-2027 dell’UE, esprimendo la loro opposizione proprio sul meccanismo di condizionalità di bilancio.
L’annuncio di Polonia e Ungheria costituisce il culmine di un negoziato che si protrae ormai da quasi un anno.
Che cos’è il meccanismo sullo Stato di diritto – Il meccanismo europeo sullo Stato di diritto è un complesso di procedure che la Commissione europea ha adottato nell’ambito delle sei priorità fissate nel piano d’azione 2019-2024 al fine di monitorare e indirizzare – unitamente alle altre istituzioni dell’Unione – l’azione dei singoli Paesi membri al rispetto dei principi dello Stato di diritto. Lo Stato di diritto è uno dei valori, sancito dall’art. 2 del Trattato sull’Unione europea su cui si fonda l’Unione; esso si articola in diversi principi tra cui il rispetto dei diritti fondamentali e della democrazia, il principio di legalità, l’effettività della tutela giurisdizionale, la trasparenza, pluralità e democraticità del sistema legislativo, la separazione dei poteri e l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Il meccanismo prevede l’avvio da parte della Commissione di un dialogo con ciascuno degli Stati membri al fine di raccogliere le informazioni necessarie per valutare gli sviluppi – negativi e positivi – dello Stato di diritto nell’Unione con riferimento a quattro punti principali: (i) l’indipendenza del sistema giudiziario; (ii) il quadro anticorruzione; (iii) il pluralismo dei media; (iv) altre questioni istituzionali relative al sistema di bilanciamento dei poteri.
La Relazione annuale, che raccoglie gli esiti delle consultazioni tra Commissione e Stati, costituisce il punto di partenza del dibattito da tenersi in seno alle istituzioni europee (Consiglio e Parlamento europeo) al fine di prevenire le violazioni della rule of law all’interno dell’Unione, eventualmente formulando specifiche raccomandazioni. In ogni caso, il meccanismo non pregiudica la possibilità per le istituzioni europee di adottare le procedure già previste nell’art. 7, paragrafo 1, del Tue e la procedura di infrazione.
Il piano finanziario dell’Unione, il Next generation Eu e le condizionalità di bilancio – La predisposizione del QFP 2021-2027 – che come detto include anche il Next generation Eu – è stata fin dal principio rallentata dalla discussione sulle condizionalità di bilancio (oltre che sull’ammontare e sulla destinazione degli investimenti e le forme di erogazione degli aiuti).
In particolare, il rispetto dei principi dello Stato di diritto, quale condizione per l’accesso ai fondi europei, ha costituito il terreno di scontro tra coloro che promuovevano una severa e articolata formulazione delle ipotesi di violazioni dello Stato di diritto rilevanti ai fini dell’esclusione dalla distribuzione delle risorse (Olanda, Belgio, Austria, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca e Svezia) e, dall’altro lato, coloro che avrebbero voluto mantenere una formulazione più blanda ed elastica, in particolare il c.d. gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca).
Un primo compromesso è stato trovato il 21 luglio 2020, quando il Consiglio europeo straordinario ha approvato il Qfp 2021-2027 prevedendo 1.074 miliardi di euro a titolo di finanziamento pluriennale e oltre 750 miliardi di euro per Next generation Eu. Quanto allo Stato di diritto, il Consiglio europeo aveva previsto che in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto da parte di uno Stato membro la Commissione europea avrebbe avuto la facoltà di proporre l’irrogazione di sanzioni che il Consiglio avrebbe dovuto adottare a maggioranza qualificata. In ogni caso, nel documento conclusivo della seduta si leggeva: «il Consiglio europeo ritornerà rapidamente sulla questione».
Il rispetto dello Stato di diritto come condizionalità all’accesso ai fondi europei – Dinanzi allo scontento pressoché generalizzato rispetto al ruolo dello Stato di diritto nella distribuzione dei fondi europei, il 30 settembre 2020 il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri) ha dato mandato alla presidenza tedesca del semestre europeo di negoziare con il Parlamento europeo un testo di compromesso, elaborato sulla falsariga della proposta originaria della Commissione, ma con alcune modifiche. In particolare, la proposta di Regolamento prevedeva la possibilità di azionare le condizionalità non più in caso di “carenze generalizzate in materia di Stato di diritto” bensì in caso di “violazioni che determinino una lesione sufficientemente diretta degli interessi finanziari dell’Unione”. La proposta di regolamento prevedeva poi un elenco di fattispecie cui ricondurre il concetto di “violazione”. Infine, tra le altre modifiche di rilievo, il regime di condizionalità sarebbe stato esteso al Next generation Eu.
Il Consiglio europeo ha approvato la proposta di compromesso quale punto di partenza per i negoziati da portarsi avanti con il Parlamento europeo, che fin dal principio si era dichiarato insoddisfatto degli esiti del Consiglio europeo straordinario di fine luglio 2020 e aveva nuovamente lamentato una scarsa capacità di enforcement delle disposizioni contenute nella nuova proposta di Regolamento.
I negoziati si sono conclusi lo scorso cinque novembre 2020, quando il Parlamento europeo ha annunciato che i propri negoziatori hanno trovato l’accordo con i rappresentanti del Consiglio su un testo comune e condiviso, da sottoporre all’esame dell’assemblea parlamentare per l’approvazione definitiva. In particolare, nel corso della conferenza stampa del cinque novembre scorso i negoziatori del Parlamento europeo hanno annunciato di aver ottenuto l’inserimento di un riferimento a un “concetto più ampio di violazione dello Stato di diritto” anche attraverso l’introduzione di un “articolo specifico che chiarisce la possibile portata delle violazioni elencando esempi di casi, come minacce all’indipendenza della magistratura, mancata correzione di decisioni arbitrarie o illegali e limitazione dei rimedi giuridici”.
Da ultimo, il 16 novembre il Coreper aveva cominciato la discussione per discutere la proposta di bilancio così come aggiornata alla luce degli accordi politici intervenuti a seguito dell’ultimo Consiglio europeo del 21 luglio 2020 e all’esito delle più recenti negoziazioni – tanto sugli aspetti finanziari quanto sulle condizionalità – protrattesi nel corso del mese di ottobre e fino al 10 novembre. Tuttavia, i rappresentanti permanenti di Ungheria e Polonia hanno espresso la propria opposizione proprio sulle condizionalità legate al rispetto dello Stato di diritto, interrompendo, almeno momentaneamente, la procedura di approvazione del bilancio, che richiede l’unanimità degli Stati membri. Rimandate alla riunione del Consiglio europeo del 19 novembre scorso, la discussione e le trattative sono ancora in corso e poi sarà il turno della ratifica dell’accordo da parte dei Parlamenti nazionali: quel che è certo che il prolungarsi delle negoziazioni non farà altro che rimandare ulteriormente l’erogazione dei fondi agli Stati membri.
I risultati contenuti nella prima Relazione – Come anticipato, le discussioni sulle condizionalità di bilancio sono state riaccese dalla pubblicazione della prima Relazione annuale sullo Stato di diritto da parte della Commissione, avvenuta il 30 settembre 2020. Le posizioni che i singoli Stati membri hanno adottato nei negoziati degli scorsi mesi possono essere meglio comprese se si guarda brevemente ai risultati contenuti nel documento. Essa è il frutto non solo delle informazioni raccolte dalla Commissione nel dialogo con i Paesi membri, nelle visite virtuali svolte presso le Autorità giudiziarie, le autorità indipendenti e le altre istituzioni statali, ma anche della consultazione avvenuta con diversi portatori di interesse.
Dopo aver rilevato in linea generale “livelli elevati in materia di Stato di diritto”, la Commissione ha tuttavia constatato che “vi sono […] anche gravi circostanze e situazioni in cui è messa alla prova la resilienza dei meccanismi di salvaguardia dello Stato di diritto e le carenze emergono con maggiore evidenza” (Relazione, pag. 8).
In particolare, rispetto all’indipendenza della magistratura, che costituisce una delle quattro direttrici di indagine, secondo la Commissione «si registrano sviluppi preoccupanti»: così, suscitano timore la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria, la Romania, la Croazia e la Slovacchia, rispetto alle quali l’interferenza tra istituzioni politiche e istituzioni giudiziarie metterebbe a rischio l’autonomia delle autorità giurisdizionali.
Rispetto al quadro nazionale anticorruzione, la Commissione ha rilevato una generalizzata carenza di efficacia delle misure di prevenzione e di repressione in diversi Stati membri (tra cui Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Malta e Ungheria) e una scarsa propensione alla persecuzione dei casi di corruzione. La Relazione, tuttavia, condivisibilmente avverte che le statistiche relative alla corruzione scontano il problema – da tempo noto sul piano statistico internazionale – della difficoltà di individuare una nozione univoca e uguale per tutti di “corruzione”, con la conseguenza che la diversità delle fattispecie incriminatrici rende difficile l’individuazione di una metodologia comune, ostacolando di conseguenza la raccolta dei dati.
Quanto al pluralismo dei mezzi di informazione e alla tutela della libertà di stampa, la Relazione ha registrato in taluni Paesi il rischio di politicizzazione delle autorità di regolamentazione dei media, la cui inefficienza sarebbe incrementata dalla scarsità di risorse economiche a loro destinate. Inoltre, a compromettere la qualità dell’informazione dei cittadini contribuirebbe la scarsa trasparenza sugli assetti proprietari dei mezzi di informazione, che peraltro risulterebbero talvolta espressione, non ufficializzata, di dirigenti o gruppi politici.
Infine, quanto al bilanciamento dei poteri, la Commissione ha tenuto a segnalare il diffuso e reiterato ricorso alla legislazione accelerata al fine di realizzare riforme istituzionali e di sistema, con speciale riferimento alla riforma dei sistemi giudiziari (per esempio in Polonia e in Romania).
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