Notizie
#AlleanzaAgisce: il racconto delle buone pratiche dal mondo delle imprese
Flessibilità e velocità nella riconversione produttiva hanno caratterizzato la reazione di molte aziende italiane durante l’epidemia. Da Symbola, Percorsi di secondo welfare, Anima per il sociale e Fondazione Sodalitas, alcune storie. 20/5/20
Con l’emergenza Coronavirus è arrivata rapida la risposta delle aziende italiane, di università, centri di ricerca, associazioni e istituzioni. Insomma, del sistema Italia. Dopo la reazione della Cina, l’Italia è stata tra i primi Paesi a bloccare la produzione in fabbrica di tutti i beni reputati come non essenziali. Sempre più imprese, allora, hanno scelto di dare un contributo concreto e rilanciare le attività dopo il lockdown puntando sulla riconversione delle filiere produttive per coprire il fabbisogno dei presidi sanitari: dalle mascherine alle maschere c-pap per la terapia sub intensiva, fino ai respiratori polmonari.
Symbola, Fondazione per le qualità italiane, in collaborazione con il Sacro Convento di Assisi, ha raccolto e raccontato, sul sito symbola.net, le tante iniziative messe in campo per contrastare la Pandemia, dai grandi marchi del made in Italy alle piccole e medie aziende. È nata così una rubrica chiamata #diariodibordo, che ha fotografato la ricchezza, il valore della ricerca e la capacità di innovazione del sistema Italia. Spiega Domenico Sturabotti, direttore di Symbola, che ha raccolto queste iniziative: “In queste settimane particolari ho pensato fosse doveroso raccontare la storia di tante imprese italiane che hanno saputo creare soluzioni innovative che hanno dato un contributo fondamentale, in molti casi facendo la differenza tra la vita e la morte dei pazienti, nella gestione della crisi sanitaria. Ne è venuto fuori il racconto di una bella Italia che si è unita per affrontare l’emergenza. La riconversione rapida di produzioni tessili e meccaniche, resa possibile grazie alle scelte operate da grandi gruppi ma anche piccole e medie imprese, ha permesso di sviluppare innovazioni che sono entrate nel mercato”.
Così, ad esempio, racconta il #diariodibordo, la Dimar di Medolla, nel distretto biomedicale di Mirandola, ha triplicato la produzione dei caschi gonfiabili per la ventilazione Cpap (Continuous positive airway pressure), che facilitano la respirazione in caso di insufficienza respiratoria. Intersurgical ha realizzato e messo in produzione un circuito ideato dai professori Marco Ranieri dell’università di Bologna e Antonio Pesetti del Policlinico di Milano, che permette di utilizzare grazie a una doppia valvola un solo respiratore per due pazienti in terapia intensiva. Le maschere da snorkeling di Decathlon sono state trasformate, con l’inserimento di una valvola “Charlotte” ad iniezione, in respiratori per malati di Covid-19, grazie a un’idea di Renato Favero, primario in pensione, sviluppata dalla start up di Brescia Isinnova. Gli ingegneri di Ferrari e quelli di Fca stanno collaborando con Siare Engineering per raddoppiare la produttività di respiratori.
E ancora, Marconi, il supercomputer da 50 milioni di miliardi di operazioni al secondo, 19esimo al mondo per capacità, del Cineca (consorzio con sede a Bologna cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’Anvur e il Miur), è stato utilizzato nella lotta contro il virus, riuscendo a individuare 40 molecole farmacologiche che potrebbero inibirne lo sviluppo, per avviarle alla sperimentazione. Intanto il laboratorio Irbm di Pomezia, dove nel 2010 venne messo a punto uno dei tentativi di sviluppare il vaccino contro l’Ebola, in collaborazione con un gruppo di scienziati dello Jenner Institute dell’università di Oxford, sta lavorando al vaccino contro il Covid-19.
Le esperienze raccolte da Symbola raccontano di tante realtà italiane all’avanguardia che hanno risposto prontamente all’emergenza. Come osserva Sturabotti: “La flessibilità che il sistema industriale italiano ha dimostrato durante la crisi testimonia ancora una volta che siamo un Paese veloce e che dà il meglio di sé quando ha davanti una grande sfida, come quella rappresentata dal virus, e che in queste condizioni riesce a coniugare saperi e competenze per raggiungere grandi obiettivi”.
Anche Percorsi di secondo welfare, laboratorio di ricerca che studia i cambiamenti in atto nel welfare italiano, ha indagato il ruolo sociale delle imprese nei momenti difficili, avviando una “Open call for good practices” rivolta a imprese, associazioni datoriali, organizzazioni sindacali, enti del Terzo settore e amministrazioni pubbliche che stanno fornendo strumenti di welfare straordinari per i loro collaboratori e per le loro comunità per fronteggiare l’emergenza. La partecipazione alla call, che si è conclusa il 7 maggio, è stata superiore alle aspettative, con oltre mille accessi al questionario e quasi 500 organizzazioni coinvolte.
Come ha spiegato il ricercatore Federico Razetti, tra i responsabili dell’iniziativa: “La prima parte del questionario ha provato a capire l’impatto della Pandemia sulle attività aziendali. Più della metà delle organizzazioni ha dovuto rimodulare le attività, mentre un terzo ha dovuto interromperle o ridurle molto significativamente e il 10% non ha subito alcuna restrizione particolare. Interessante notare che in molti casi anche le grandi organizzazioni, oltre al welfare aziendale, non hanno rinunciato al ricorso alla Cassa integrazione per i propri dipendenti”. Non si tratta di un campione rappresentativo di come le organizzazioni italiane stanno reagendo alla crisi, ma di un campione che aiuta a delineare le caratteristiche e le iniziative di quei soggetti che hanno ritenuto di aver realizzato una buona pratica durante la crisi.
Dal punto di vista territoriale, le organizzazioni interpellate sono concentrate prevalentemente al Nord (74%), l’area più colpita dal virus, con quote minori al Centro (13%) e al Sud (13%). Tra le aziende, un quarto ha meno di dieci dipendenti, circa la metà del totale ha tra dieci e 249 dipendenti, il 24% sono imprese sopra i 250 dipendenti.
Da una prima analisi delle risposte emerge che più della metà delle organizzazioni aveva attivato già prima dell’emergenza sanitaria forme di welfare aziendale. Allo stesso tempo, la maggioranza delle imprese che non aveva strumenti di questo tipo si è mossa al fine di adottare nuove politiche di welfare aziendale e responsabilità sociale, ad esempio implementando la flessibilità oraria. Secondo Razetti, “il tema del futuro sarà comprendere se e quanto le aziende decideranno di investire in modo deciso su strumenti come lo smart working, introdotti in fretta durante la crisi”. Nelle prossime settimane un rapporto con i risultati dell’indagine sarà disponibile sul sito di Percorsi di secondo welfare.
La necessità di ripartire dopo il virus è un tema che interessa le aziende quanto le organizzazioni non profit. Claudia Giorgio, responsabile per i progetti di Anima per il sociale nei valori d’impresa, associazione promossa dall’Unione degli industriali e delle imprese di Roma e del Lazio, rileva che le tante iniziative lanciate in queste settimane si articolano su tre grandi assi: l’attenzione alle persone (smart working, sostegno psicologico ed economico, assistenza integrativa ai dipendenti); la resilienza delle aziende, costrette a trasformare il proprio modello operativo; la solidarietà attraverso donazioni, distribuzione di materiale e fornitura di dispositivi alle principali organizzazioni impegnate nel contrasto alla Pandemia, in primis Protezione civile e Croce rossa.
“La risposta delle aziende è stata una mobilitazione immediata e spontanea, svincolata dall’ottica promozionale. Il Coronavirus ha insegnato a tutti qualcosa: i cittadini hanno rinunciato alla propria libertà per contenere la diffusione del virus, le imprese hanno rimodulato la propria attività, fornendo al Paese un contributo importante in termini sociali ed economici”, conclude Giorgio.
Guardare oltre l’emergenza e agire oggi per mitigare i rischi che potrebbero presentarsi in futuro. È questo l’obiettivo del progetto di ricerca “Covid-19: oltre l’emergenza” che Fondazione Sodalitas ha definito insieme al Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche “Luigi Sacco” dell’università di Milano, diretto dal professor Massimo Galli.
La ricerca verrà sviluppata grazie a cinque imprese associate a Fondazione Sodalitas che hanno scelto di impegnarsi direttamente e sostenerne per intero la realizzazione. Si tratta di Falck Renewables, Groupe Roullier Zone Italie, Saint-Gobain, Smeg e Whirlpool. “Le cinque aziende associate a Fondazione Sodalitas hanno voluto sostenere questa ricerca perché affronta l’emergenza in corso secondo un approccio di sostenibilità”, ha dichiarato Enrico Falck, presidente di Fondazione Sodalitas, osservando che “è fondamentale non farci trovare impreparati di fronte a una nuova possibile ripresa epidemica del Covid-19: le imprese possono dare anche in questa circostanza un contributo necessario per costruire risposte efficaci e sostenibili in una prospettiva di lungo termine”.
La prima parte del progetto sarà dedicata a eseguire la tracciatura epidemiologica molecolare del Covid-19, con l’obiettivo di studiarne il patrimonio genetico per ricostruire l’origine dell’epidemia, definirne l’andamento e le traiettorie di dispersione nel territorio del Nord Italia. Ciò avverrà attraverso la mappatura molecolare del virus stesso, isolando e sequenziando ceppi ottenuti da pazienti ricoverati nelle strutture ospedaliere e la successiva ricostruzione dell’albero filogenetico e filogeografico per evidenziare i percorsi dell’epidemia. La seconda parte sarà quindi rivolta a mettere a punto le possibili risposte farmacologiche basate su una serie di composti antivirali e a testarne direttamente l’efficacia in vitro.
Fondazione Sodalitas ha anche raccolto sul proprio sito le iniziative che 60 aziende associate hanno promosso per il contrasto alla Pandemia.
di Andrea De Tommasi