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La disuguaglianza digitale è una questione da risolvere al più presto, dato che tre miliardi di persone nel mondo rimangono offline. Nel 2021 l’Italia aumenta la copertura della rete Gigabit alle famiglie, posizionandosi in linea con l'obiettivo prefissato, mentre nel 2020 ha fatto progressi insufficienti per quanto riguarda la spesa in ricerca e sviluppo.

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ASviS Live, le imprese unite: “Regole chiare e competenze per la transizione”

All’evento sulla dimensione economica dell’Agenda 2030 il confronto tra realtà produttive e politica. Presentato il nuovo position paper del “Patto di Milano”. Giovannini: il Parlamento dia ascolto a queste istanze. 25/11/25

Le imprese italiane credono e sono pronte a investire sempre di più nella sostenibilità e nell’innovazione. Ma per crescere hanno bisogno di condizioni di contesto più favorevoli, a partire da meno burocrazia e un quadro regolatorio certo. È quanto emerso dall’ultimo ASviS Live “Le sfide della transizione: capitali, competenze e regole per crescere” dedicato alla dimensione economica dello sviluppo sostenibile, che si è tenuto il 24 novembre presso la Club House di CeoForLife a Roma.

Accanto alle proposte del Rapporto ASviS 2025, l’incontro ha rappresentato anche l’occasione per discutere il nuovo Position paper del Gruppo di lavoro “Patto di Milano”, che porta il contributo congiunto delle principali associazioni imprenditoriali italiane. Un risultato non scontato: dopo mesi di confronto, realtà diverse per dimensioni, settore e sensibilità hanno condiviso analisi e proposte comuni per un modello economico più competitivo e sostenibile.

Il ruolo delle imprese italiane di fronte alla transizione, tra sfide e opportunità

Il documento, frutto del Gruppo di lavoro ASviS sul Patto di Milano, esamina criticità e proposte delle aziende per accelerare sulla sostenibilità, agendo in quattro aree chiave: clima, energia e risorse, competenze e finanza. 24/11/25

  

In apertura Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha ricordato che “l’economia è al centro della trasformazione che dobbiamo realizzare. Lo sviluppo sostenibile permette alla generazione attuale di soddisfare i propri bisogni senza pregiudicare quelli di chi verrà dopo. La dimensione economica è straordinariamente importante, non parliamo però di decrescita felice ma di sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni. Il sistema produttivo italiano vuole andare in questa direzione”. Nella sua relazione, Giovannini ha quindi richiamato le evidenze del Rapporto ASviS, dal quale emerge che l’Italia, rispetto alla media europea, è avanti su economia circolare e consumo responsabile, molto meno su lavoro e innovazione.

Silvia Fregolent, senatrice di Italia Viva, ha affermato che la transizione energetica è un processo irreversibile, e va accompagnata con scelte efficaci e non ideologiche: “Non è più un tema su cui il Paese può tornare indietro. Lo chiedono l’economia, le imprese e le filiere che sono già leader in questo campo. Ma servono politiche certe: Transizione 5.0 è stata un inferno, non solo per i piccoli ma anche per i grandi, con troppi adempimenti. La battaglia ideologica ‘tutto o zero rinnovabili’ non ha senso: tutti i grandi Paesi hanno un mix energetico. Senza certezze, la competitività si indebolisce e la transizione rallenta”.

Per Guido Castelli, senatore di Fratelli d'Italia, la transizione non deve penalizzare il nostro sistema industriale: “Siamo tutti un po’ insoddisfatti della traduzione pratica degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, e non solo in Italia. Il tema è rendere compatibile la riduzione delle emissioni con la situazione economica attuale”. Citando il recente dibattito sulla Legge europea sul clima, Castelli ha invocato realismo e pragmatismo, altrimenti rischiamo di compromettere l’adesione del sistema produttivo. Nell’automotive obiettivi troppo rigidi hanno prodotto crisi e perfino la riapertura, in Germania, delle miniere di carbone. Bene considerare la neutralità tecnologica, sulle questioni ambientali ci vuole pragmatismo”.

Con Annamaria Barrile, direttrice generale di Utilitalia, è iniziato il giro di interventi delle organizzazioni del “Patto di Milano”: “Per noi la competitività passa dagli investimenti, che non sono costi. Le nostre circa 400 associate operano ogni giorno sul territorio e investono in infrastrutture, tecnologie e competenze. Tutto questo è quotidianità, si sostanzia giorno dopo giorno. Ma queste imprese devono essere supportate nel loro ruolo”.

Piergiorgio Carapella, senior economist del Centro studi Confindustria – Politiche pubbliche, governance e cambiamento, ha sottolineato i progressi delle imprese italiane: “Le nostre aziende sono più virtuose di quanto spesso si racconti, sia sulla transizione che sulla circolarità; l’efficienza energetica del manifatturiero è migliorata molto. Ora serve un quadro regolatorio chiaro e di lungo periodo, oltre a un adeguato supporto finanziario. Cruciale anche il tema delle competenze: bisogna rafforzare il partenariato tra formazione, università e aziende”.

Gianfrancesco Rizzuti, direttore operativo e responsabile Comunicazione di FeBAF, ha evidenziato il ruolo di banche e assicurazioni per un modello di sviluppo sostenibile: “Senza finanza è difficile operare. Con il Position paper ci siamo chiesti quale contributo potesse dare il settore finanziario, soprattutto alle Pmi. La parola d’ordine è semplificazione, non come deregolamentazione, ma che aiuti ad adottare comportamenti sostenibili. Sulla rendicontazione chiediamo standard chiari, accettati e possibilmente già esistenti, per non complicare la vita alle micro e piccole imprese”.

Natalia Gil Lopez, responsabile Politiche ambientali della Cna, ha portato il punto di vista dell’artigianato: “Siamo un sistema di piccole imprese che ha fatto molti passi avanti, pur con tutti gli ostacoli. Ormai è chiaro a quasi tutte che senza sostenibilità non c’è futuro competitivo. Abbiamo realizzato molti progetti di supporto e oggi le imprese sanno che efficientare costi ed energia è indispensabile. Ma ci sono troppe incertezze: il quadro europeo è complesso e spesso difficile da interpretare. Servono regole più chiare e più stabili”.

Anche Guido Lena, della Direzione politiche economiche di Confartigianato, ha rimarcato la necessità di un contesto politico più favorevole: “Il documento dimostra che in Italia c’è la volontà di ottenere progressi concreti. Undici organizzazioni, con idee diverse, sono riuscite a concordare proposte comuni: è un fatto importante e andrebbe valorizzato dal governo. In un momento in cui in molti Paesi il Green Deal è sotto attacco, questo lavoro manda un segnale diverso. Le micro e piccole imprese possono dare un contributo enorme, ma servono accesso al credito e vera sburocratizzazione”.

Secondo Maurizio Grifoni, membro della Giunta di Confcommercio, “le aziende che andranno meglio tra 15-20 anni sono quelle che investono ora su questi temi. I settori che rappresentiamo - commercio, turismo, servizi, trasporti e logistica - possono accelerare molto la transizione, anche con la smart logistica dei dati. La conversione ecologica è urgente: la scienza dice che abbiamo superato la linea di non ritorno. I principi dell’Agenda 2030 sono alla base della nostra matrice etica e sociale. Serve pragmatismo, perché dobbiamo arrivare agli Obiettivi.”.

Giorgio Nanni, responsabile energia e ambiente di Legacoop, ha portato l’esempio delle comunità energetiche come buona pratica già avviata: “Nel Paper abbiamo scelto di raccontare le comunità energetiche perché toccano più argomenti: comunità, energie rinnovabili e partecipazione dei cittadini. Ma se raggiungiamo gli obiettivi energetici che ci siamo dati, il rischio è creare un sistema dove solo chi ha un impianto oggi ne avrà uno domani. La comunità energetica invece fa l’opposto: restituisce alla collettività qualcosa che è di tutti, il sole, lo trasforma in energia e lo redistribuisce, evitando nuove disuguaglianze”.

Sandro Pettinato, vicesegretario generale di Unioncamere, ha insistito sull’esigenza di far conoscere alle imprese i vantaggi economici della transizione: “Chi brevetta in ambito green ha il 21% in più di performance economica. È un dato oggettivo che molte imprese non conoscono. Da vent’anni rileviamo i fabbisogni professionali delle aziende, ma non sempre i governi hanno adeguato i percorsi formativi. Vale anche per le rinnovabili: siamo sicuri che gli operatori conoscano vantaggi e regole delle comunità energetiche, soprattutto dopo il 2026? C’è un enorme problema di comunicazione. Anche sulla giustizia: le Camere di commercio hanno ridotto i tempi delle controversie, ma pochi lo sanno”.

Ha concluso il panel Donato Rotundo, direttore Sviluppo sostenibile e innovazione di Confagricoltura, chiedendo alle istituzioni Ue più coinvolgimento nei processi decisionali: “Il concetto chiave è l’ascolto, la mediazione. Il Green Deal è nato senza vero ascolto, e oggi paghiamo un ritardo di sei anni. Molte proposte erano già state avanzate nelle fasi iniziali. Ora ci troviamo con nuove notifiche, nuovi obblighi e un carico enorme sulla filiera agricola: ambiente, sicurezza alimentare, rendicontazione. L’agricoltura ha responsabilità decisive: cibo di qualità, sicurezza alimentare, i nuovi sviluppi della bioeconomia. Ma la sfida maggiore è la disponibilità di manodopera”.

Nel secondo giro di tavolo, Giovannini ha interpellato gli esponenti politici su questo patrimonio di istanze e proposte. Per Fregolentla politica deve fare la propria parte, ascoltando gli stakeholder. Poi fuori da qui ci sono anche associazioni che non vogliono la transizione perché mette in discussione i loro interessi, ma il compito della politica è tenere insieme obiettivi alti e interessi del Paese”. Castelli ha invitato invece a “superare schemi troppo rigidi: semplificazione e realismo sono richieste da tutti. La regolazione ambientale degli ultimi anni è stata troppo prescrittiva e non sempre efficace. Infine, occorre territorializzare gli Obiettivi: per raggiungerli davvero bisogna tener conto delle differenze locali e non far percepire l’Agenda 2030 come qualcosa di imposto dall’alto”.

Giovannini ha concluso auspicando un passo concreto per dare seguito al lavoro del “Patto di Milano”: “Mi piacerebbe che partisse una lettera firmata dai presidenti delle associazioni, indirizzata ai presidenti delle Commissioni parlamentari e ai ministri. Possiamo predisporla insieme, è un modo per portare conoscenza alla classe politica”.

 

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martedì 25 novembre 2025
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