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RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le Nazioni

Pandemia e inflazione acuiscono le disparità all’interno del Paese: dal 2019 al 2021 è peggiorato l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile e permangono elevate differenze territoriali e di genere. Anche nel resto del mondo si amplia il divario tra ricchi e poveri: il 10% di popolazione più abbiente possiede il 76% della ricchezza globale.

Approfondimenti

Povertà e disuguaglianze, un quadro in evoluzione con evidenze contrastanti

di Giuliana Coccia, segretariato ASviS e referente del Gruppo di lavoro 5 dell'ASviS

Secondo il Rapporto Istat sul Bes, il benessere economico del nostro Paese migliora rispetto al 2016. Analizzando però i singoli indicatori le disuguaglianze aumentano, facendo emergere la necessità di azioni più incisive, sincronizzate e integrate con gli obiettivi relativi all’istruzione e al lavoro per raggiungere l'obiettivo Povertà e disuguaglianze dell’Agenda Onu 2030.
Gennaio 2019

Il rapporto ASviS 2018 ha messo in evidenza il progresso dell’Italia verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, analizzando, a partire dal 2010, il percorso verso il superamento delle problematiche relative ai 17 Goal e le differenze territoriali nell’ambito della situazione nazionale. Ne emerge un quadro di grande difformità regionale a conferma di un problema strutturale del nostro Paese.

Facendo riferimento all’asse povertà e disuguaglianze, si sottolinea come, tra il 2010 e il 2016, la situazione sia migliorata significativamente per l’Obiettivo 5 “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze” anche se il trend presenta una flessione nel 2016 spiegata dalla diminuzione del rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con figli in età prescolare e delle donne senza figli, e dalla netta diminuzione della partecipazione delle donne negli organi decisionali (13,3% rispetto al 23,9% della media europea). Per contro la situazione peggiora sensibilmente per l’Obiettivo 1 “Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo”: si è aggravata la povertà assoluta e relativa, nonché il numero di individui in famiglie a bassa intensità lavorativa. Dal punto di vista dell’inclusione sociale nell’ultimo biennio, tuttavia, si riduce la percentuale di persone che vivono in abitazioni che presentano problemi e delle famiglie che non possono permettersi di riscaldare adeguatamente la casa. Inoltre, tra il 2015 e il 2016 è diminuita la proporzione di popolazione di 16 anni e più che non ha effettuato cure mediche di cui aveva bisogno perché troppo costose. Anche l’Obiettivo 10 “Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni” segna un evidente peggioramento nel periodo considerato. Infatti, anche se dal 2014 aumenta il reddito disponibile, contestualmente cresce il rapporto tra il reddito dei più ricchi e quello dei più poveri e la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile inferiore al 60% del reddito mediano. L’aumento delle disuguaglianze del reddito disponibile si riscontra in tutte le ripartizioni geografiche.

Questo approfondimento analizza l’evoluzione, misurata dai più recenti indicatori disponibili, della povertà e delle disuguaglianze, prendendo in considerazione anche il Rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile (Bes), diffuso il 18 dicembre.

Per facilitare la comprensione dei dati si riporta lo schema seguente con il legame tra gli indicatori Bes e l’Asse povertà e disuguaglianze dell’Agenda Onu.

Schema 1: Domini Bes e Goal Agenda Onu 2030

Domini Bes

Goal SDGs

3. Lavoro e conciliazione tempi di vita

 1 indicatore nel Goal 5 "Gender Equality”

4. Benessere economico

 4 indicatori nel Goal 1 "No poverty"

 3 indicatori nel Goal 10 "Reduced Inequalities"

6. Politica e istituzioni

 4 indicatori nel Goal 5 "Gender Equality"

7. Sicurezza

 1 indicatore nel Goal 5 "Gender Equality"

10. Ambiente

1 indicatore nel Goal 1 "No poverty"

Per riassumere i domini Bes sono stati definiti alcuni indicatori sintetici; per il dominio n. 4 “Benessere economico” l’Istat calcola due indicatori compositi: Reddito e disuguaglianza (Reddito medio disponibile pro capite - Disuguaglianza del reddito disponibile) e Condizioni economiche minime (Grave deprivazione materiale - Bassa qualità dell’abitazione - Grande difficoltà economica - Molto bassa intensità lavorativa).

Nel 2017 l’indice composito Reddito e disuguaglianza si attesta a 99,9 punti, in miglioramento di 2,6 punti percentuali rispetto al 2016, con una dinamica migliore nelle regioni del Mezzogiorno.

L’indice composito Bes Condizioni economiche minime con un valore di 102,2 mostra un avanzamento rispetto ai 97,9 punti del 2016; l’andamento nazionale scaturisce dell’aumento di 2,9 punti nel Nord, di 2,5 punti nel Centro e 6,9 punti nel Mezzogiorno, con una decisa attenuazione dei divari territoriali.

Nel complesso si registra un miglioramento nel dominio Bes n. 4, ma è interessante capire come si evolve il quadro dei singoli indicatori del dominio. Infatti, dieci indicatori statistici semplici afferiscono a questo dominio (di cui sette sono inclusi nell’Agenda Onu 2030): Benessere economico; Reddito medio disponibile pro capite; Disuguaglianza del reddito disponibile; Rischio di povertà; Ricchezza netta media pro capite; Vulnerabilità finanziaria; Povertà assoluta; Grave deprivazione materiale; Bassa qualità dell’abitazione; Grande difficoltà economica; Molto bassa intensità lavorativa.

Analizzando nel dettaglio i dati forniti dall’indagine Istat Eu-Silc, si osserva il reddito netto medio annuo per famiglia 2016 - esclusi gli affitti figurativi - pari a 30.595 euro, circa 2.550 euro mensili (+2,0% rispetto al 2015). Tuttavia, poiché la distribuzione dei redditi è asimmetrica, la maggioranza delle famiglie ha conseguito un reddito inferiore all’importo medio. La crescita interessa tutte le fasce di reddito, ma è più accentuata nel 20% di famiglie meno abbienti; con una conseguente diminuzione della disuguaglianza. Infatti, il rapporto tra il reddito equivalente totale del 20% più ricco e quello del 20% più povero scende a 5,9 (- 0,4 punti percentuali rispetto al 2015) pur rimanendo al di sopra dei livelli del 2007. La disuguaglianza reddituale si accentua nelle regioni del Mezzogiorno dove si attesta a 6,7, sebbene con una notevole diminuzione tendenziale.

Rispetto all’anno precedente rimane pressoché stabile la quota di persone a rischio di povertà - 20,3%, circa 12 milioni e 235 mila individui - che hanno cioè un reddito disponibile equivalente inferiore alla soglia di povertà di 9.925 euro annui (827 euro al mese). La metà dei poveri ha un reddito disponibile equivalente inferiore a 7.137 euro annui (595 euro al mese), determinando un gap mediano di povertà (la distanza dalla soglia) pari al 28%, che indica “quanto i poveri sono poveri”.

Passando dal semplice aspetto reddituale agli altri fattori che caratterizzano l’esclusione sociale, nel 2017, il 28,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o di esclusione sociale secondo la definizione europea[1], in miglioramento rispetto al 2016 (30,0%). All’interno di questo aggregato, mentre risulta pressoché stabile la percentuale di individui a rischio di povertà, si riducono sensibilmente i soggetti che vivono in famiglie gravemente deprivate (10,1% - 2 punti percentuali), come pure coloro che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (11,8%, -1 punto percentuale).

Gli indicatori di disagio economico ed esclusione sociale colpiscono in maniera maggiore le famiglie numerose e quelle con stranieri, caratterizzate demograficamente da figli minorenni.

I dati dell’indagine Eu-Silc sono armonizzati a livello europeo e fanno riferimento alla situazione reddituale delle famiglie[2] che, pertanto, risente di un ritardo temporale permettendo un aggiornamento dei dati economici fino al 2016. Inoltre, la linea di povertà è funzione della distribuzione del reddito tra la popolazione osservata. Ma l’Istat calcola anche un indicatore di povertà assoluta elaborato con metodologie diverse, basato sulla capacità di spesa delle famiglie rispetto ad un paniere minimo di beni e servizi, utilizzando i dati dell’indagine campionaria sulle spese per consumi delle famiglie aggiornata al 2017.

Nel 2017 la povertà assoluta è in peggioramento: l’incidenza di povertà assoluta riguarda il 6,9% delle famiglie (+ 0,6%rispetto al 2016) e l’8,4% degli individui (+0,5%), per un totale di 1 milione e 778 mila famiglie residenti in cui vivono 5 milioni e 58 mila individui. Si tratta di una fascia di popolazione che non riesce a migliorare le performance economiche e che rappresenta lo “zoccolo duro” del problema disagio economico, per il quale vanno attivati interventi a 360 gradi. Infatti, l’analisi approfondita delle caratteristiche degli individui in difficoltà economiche mette in evidenza il ruolo centrale del lavoro e della posizione professionale, strettamente correlati al livello di istruzione.

Appare, quindi, evidente il mancato cambio di passo nel cammino verso l’obiettivo Povertà e disuguaglianze dell’Agenda Onu 2030, per raggiungere il quale il nostro Paese deve attivare più incisive azioni sincronizzate ed integrate con gli obiettivi relativi all’istruzione e al lavoro. L’attivazione della Commissione per il coordinamento delle politiche per l’Agenda 2030, istituita a Palazzo Chigi con la direttiva firmata da Gentiloni a marzo del 2018, può accelerare e facilitare l’azione italiana in questo ambito.

 


[1] percentuale di persone che vivono in famiglie che si trovano in almeno una delle tre condizioni: 1. a bassa intensità di lavoro; 2. a rischio di povertà; 3. grave deprivazione materiale.

[2] Basati sui dati della denuncia dei redditi relativa all’anno precedente quello dell’indagine.

 

Aderenti

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