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RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le Nazioni

Pandemia e inflazione acuiscono le disparità all’interno del Paese: dal 2019 al 2021 è peggiorato l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile e permangono elevate differenze territoriali e di genere. Anche nel resto del mondo si amplia il divario tra ricchi e poveri: il 10% di popolazione più abbiente possiede il 76% della ricchezza globale.

Approfondimenti

Ripensare la società nel 21esimo secolo: il Rapporto del Gruppo internazionale sul progresso sociale

Olivier Bouin, Network francese degli Istituti di Studi Avanzati; Marie-Laure Djelic-Salles, Science Po Parigi; Marc Fleurbaey, Università di Princeton; Gianluca Grimalda, Istituto di Kiel per l’Economia Mondiale

Il documento redatto dall'Ipsp offre una valutazione ampia, multi-disciplinare sulle disuguaglianze sociali di questi tempi, proponendo una visione coerente e soluzioni concrete per riportare le trasformazioni in atto su un percorso sostenibile nel prossimo futuro.
Febbraio 2019

Si avverte un’ansia crescente nel mondo. Nei Paesi nord-occidentali vari fattori, come la Grande Recessione del 2008, i crescenti livelli di diseguaglianza, il senso di inquietudine generato dai rapidi cambiamenti tecnologici e il venir meno della protezione sociale, hanno contribuito a rinfocolare pregiudizi e paura del diverso. Dall’altro lato del mondo, poco sembra essere cambiato nello sfruttamento millenario della manodopera non qualificata, nonostante i ritmi di crescita talvolta vertiginosi per alcuni Paesi asiatici. Uomini, donne e bambini continuano ad essere vessati da orari e condizioni di lavoro disumane nell’economia informale, o a essere affetti da malnutrizione o esposti a guerre. Tutto ciò appare paradossale se si considera che il mondo, nel suo complesso, non è mai stato così ricco. L’aspettativa media di vita è aumentata nel corso del secolo, la povertà si è ridotta così come la mortalità infantile (si veda Figura 1), ei i tassi di scolarizzazione sono aumentati. Le istituzioni democratiche hanno fatto progressi considerevoli nel mondo. Inoltre, vi è una forte tendenza verso l'uguaglianza di genere e una maggiore tolleranza e accettazione verso forme etniche, culturali, religiose, di orientamento sessuale e familiari diverse.

Tuttavia, la distribuzione di tali vantaggi ha toccato solo marginalmente i left behind, i dimenticati delle società. Ad esempio, se confrontiamo la distribuzione di ricchezza in Europa nel 1910 e nel 2010, notiamo come la metà più povera della popolazione possegga solo il 5% della ricchezza oggi come allora (cf. Piketty, 2014). La quota spettante al 10% più ricco della popolazione si è ristretta dal 90% al 60%, beneficiando quella che Piketty chiama la “classe media patrimoniale”. Un secolo di stato sociale e di redistribuzione non ha dunque cambiato, in termini relativi, la posizione dei più poveri. Le società scandinave negli anni ‘70-‘80 sono state quelle, nella storia, in grado di beneficiare maggiormente i più poveri. Gli Stati Uniti hanno invece scavalcato l’Europa in termini di diseguaglianze nel corso del secolo. A livello globale, la ricchezza rimane concentrata nelle mani di quella che Milanovic (2016) definisce la nuova plutocrazia globale. Oltre agli aspetti economici, l’insicurezza è aumentata per l’incombente minaccia di catastrofe ambientale, verso cui la comunità politica internazionale ha finora, nella pratica, deciso di non decidere, dichiarando obbiettivi di riduzione dell’inquinamento senza predisporre mezzi adeguati per perseguirli.

Figura 2: Evoluzione della distribuzione di ricchezza nel secolo 20° in Europa e Stati Uniti

Il gruppo di studio internazionale sul progresso sociale (Ipsp, dall’inglese International panel on social progress) nasce dal tentativo di offrire una valutazione ampia, multi-disciplinare e di ampio respiro di questi cambiamenti e di creare una visione coerente e soluzioni concrete per riportare le trasformazioni in atto su un percorso sostenibile nel prossimo futuro. L’Ipsp ha coinvolto più di 250 ricercatori tra economisti, sociologi, scienziati politici, giuristi, antropologi, storici, esperti di scienza e tecnologia e filosofi. Il gruppo include ricercatori da tutto il mondo, il 40% dei quali sono donne. I 22 capitoli del Rapporto sono divisi in un primo volume che si occupa delle trasformazioni socio-economiche ed esamina la crescita economica e i vincoli ambientali, le diseguaglianze, il mondo del lavoro, i processi di urbanizzazione, i mercati, le imprese e lo stato sociale. Il secondo volume si occupa di “governance” ed esplora le linee di tendenza e le opzioni per le istituzioni democratiche, l’efficacia della legge, la governance globale, le multinazionali, conflitti armati, il mondo della comunicazione e dei media. Il terzo volume affronta le ragioni e le conseguenze delle trasformazioni in culture e valori, religioni, famiglie, salute e istruzione, così come identità e coesione sociale. Il Rapporto è stato pubblicato presso Cambridge University Press ed è accompagnato da un Manifesto.

Attingendo a un'ampia concezione del progresso sociale, che trova il suo fondamento nel concetto di uguale dignità delle persone, il rapporto esamina le prospettive di miglioramento in vari ambiti. A livello socio-economico, la riduzione delle disuguaglianze può essere ottenuta mediante politiche di redistribuzione, ma anche attraverso meccanismi di "pre-distribuzione", come lo sviluppo delle capacità degli individui (miglioramento delle competenze, protezione della salute), o una diversa regolamentazione della concorrenza e dei contratti. La rivoluzione robotica e digitale non farà sparire il lavoro, ma la ricomposizione degli impieghi richiederà politiche di “flessicurezza” ambiziose per sostenere le transizioni di carriera. Il rapporto evidenzia la coerenza del modello scandinavo, che combina apertura economica e innovazione con una contrattazione salariale centralizzata e una protezione sociale universale, sostenendo contemporaneamente strategie di crescita basate sulla promozione dell'uguaglianza. La moderazione dei differenziali salariali tra impieghi e tra settori, un sistema di protezione universale e una ridistribuzione della ricchezza sono fattori che accelerano l'innovazione, responsabilizzano i lavoratori e incoraggiano la crescita e la mobilità sociale. Il rapporto discute anche forme cooperative di produzione e di partecipazione agli utili e chiama a una riforma della missione e del governo dell’impresa per tenere maggiormente in conto gli interessi delle diverse parti interessate (i così detti stakeholders quali i lavoratori, fornitori, consumatori, etc.) e le questioni di interesse comune che condizionano la sostenibilità sociale e ambientale dell'attività economica.

Sul fronte politico, il rapporto sottolinea l'interdipendenza tra coesione sociale e democrazia e mette in guardia contro il potere politico diretto e indiretto degli interessi economici. Evidenzia la grande ricchezza di innovazioni democratiche, in particolare le forme partecipative dirette dei cittadini, che si stanno sviluppando in tutto il mondo. Tuttavia, la partecipazione diretta deve essere attuata con cura per evitare che venga catturata dalle élite e garantire nel contempo l'inclusione delle minoranze la cui voce potrebbe rimanere esclusa. I media e i social network svolgono un ruolo cruciale per la democrazia; dovrebbero essere trattati come beni comuni e sottoposti a rigorosi controlli democratici al fine di preservare la loro indipendenza. Quanto alla complessa architettura dei meccanismi di governance globale, essa è ancora dominata dai paesi più ricchi e le organizzazioni internazionali dovrebbero essere più sensibili ai bisogni di tutte le popolazioni.

A livello culturale, il rapporto respinge la prospettiva “modernizzatrice” che proietta le società verso un’ineluttabile crescita dell’individualismo e della razionalità. Emerge invece una lettura più complessa delle virtù e dei problemi associati alla coesistenza dell’individualismo e di stili di vita più tradizionali. La costruzione delle identità, oggi al centro dell'instabilità politica di molte regioni del mondo, deve essere analizzata alla luce delle tendenze, progressiste o regressive, che sono alla base dei movimenti identitari.

È necessario immaginare molteplici futuri per le nostre società, ognuno dei quali realizzabile con strumenti diversificati e adeguati alle diverse parti, culture e visioni del mondo, tenendo conto degli svariati approcci alla coesione sociale e delle diverse forme organizzative. Le varie forme di democrazia partecipativa potranno dare nuovo impulso alle politiche locali e nazionali e diversi tipi di cooperazione regionale, internazionale e transnazionale si potranno così sviluppare.

Non solo è realisticamente possibile, ma è fortemente necessario dotare le nostre società di procedure decisionali più democratiche per contrastare le disuguaglianze di status, potere e capacità. Una riforma normativa relativa ai mercati e alle imprese che limiti il potere lobbistico e combatta l'evasione e il dumping sociale, la promozione di incentivi intelligenti che reindirizzino le forze della globalizzazione e dell'innovazione tecnologica a vantaggio della popolazione, l’istituzione di meccanismi di partecipazione per democratizzare le istituzioni economiche, sociali e politiche, tutto ciò consoliderebbe il progresso sociale e rafforzerebbe anchei sentimenti di rispetto e solidarietà tra i cittadini.

Il Rapporto ha una natura divulgativa e nasce per coinvolgere la cittadinanza e la classe politica nel dibattito su di una società migliore. Ci troviamo contemporaneamente all’apice delle possibilità di sviluppo e sull’orlo di un abisso. Il futuro è nelle nostre mani.
 


Riferimenti bibliografici:


Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti. 

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