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e valore al futuro

RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE

Ridurre l'ineguaglianza all'interno di e fra le Nazioni

Pandemia e inflazione acuiscono le disparità all’interno del Paese: dal 2019 al 2021 è peggiorato l’indice di disuguaglianza del reddito disponibile e permangono elevate differenze territoriali e di genere. Anche nel resto del mondo si amplia il divario tra ricchi e poveri: il 10% di popolazione più abbiente possiede il 76% della ricchezza globale.

Notizie

Non rubateci il futuro: il manifesto dei giovani contro le disuguaglianze

Incrementare la spesa per l’istruzione pubblica, migliorare le politiche del lavoro e i servizi per la socialità e la cultura: le proposte dei giovani di 12 città italiane per una società più equa, mobile e coesa. 19/11/2019

“People Have the Power: attivarsi contro la disuguaglianza” è il titolo della campagna lanciata da un gruppo di giovani di 12 città italiane e culminata nella stesura di un manifesto indirizzato al Governo italiano e al Presidente della Repubblica in qualità di principale garante della nostra Carta Costituzionale. L’iniziativa è nata all’interno di un progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) ed è promossa da Oxfam Italia, WeWorld, ReTe, Felcos, Aim, Istituto Oikos, Human Foundation e OpinionLab.

L’intensificarsi delle disuguaglianze economiche e sociali compromette fortemente la possibilità di una crescita economica durevole e sostenibile, svigorisce la coesione sociale e frena la mobilità sociale tanto dal punto di vista intra-generazionale quanto in una prospettiva inter-generazionale, si legge nel Dossier “Non rubateci il futuro. I giovani e le disuguaglianze in Italia”, pubblicato da Oxfam il 27 settembre. “Marcate disparità, tutt’altro che casuali ed ineluttabili, alimentano il serbatoio del rancore, sviliscono il patto sociale e generazionale su cui si fondano le nostre società, contribuiscono alla riduzione del grado di partecipazione dei cittadini alla vita democratica, al rafforzamento della sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche e all’incremento dell’adesione a proposte politiche populiste ed estremiste”. L’impossibilità di migliorare la propria condizione lavorativa e patrimoniale determina stress psico-fisico, angoscia per la crescita personale o familiare, e un disorientamento identitario che prelude al danneggiamento della coesione sociale.

In Italia, il fenomeno della povertà lavorativa minaccia drammaticamente le giovani generazioni: nel 2018 –  dice il Dossier - circa il 13% degli occupati nelle fasce d’età tra i 16 e i 24 anni e tra i 25 e i 29 anni era working poor, cioè faceva parte di una famiglia con reddito inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. Il lavoro non sembra quindi sufficiente a garantire una vita dignitosa: sempre nel 2018, oltre un giovane su 10 (10,3%) tra i 18 e i 34 anni viveva in povertà assoluta, dato aggravato dal fatto che la portata redistributiva del sistema di tasse e trasferimenti non ha effetti benefici per i giovani. Non sorprendentemente, un sondaggio dell’Istituto Demopolis per Oxfam rileva come due terzi di un campione di oltre 1000 giovani in età tra i 18 e i 34 anni pensa di essere destinato ad occupare una posizione sociale ed economica peggiore rispetto alla generazione precedente.

 

Nel confronto internazionale, la mobilità intergenerazionale in Italia è tra le più basse e le origini familiari hanno una forte influenza sul destino occupazionale dei figli, sulla persistenza dei redditi e della ricchezza. Se l’elasticità intergenerazionale del reddito rimanesse invariata – si legge nel Dossier - i discendenti del 10% più povero della popolazione italiana dal punto di vista reddituale avrebbero bisogno di cinque generazioni per raggiungere il reddito medio nazionale. Ne deriva un edificio sociale con pavimento e soffitto “appiccicosi”, cioè un ascensore generazionale bloccato al piano più basso e a quello più alto.

La provenienza da un contesto socio-economico più favorevole influenza altresì le possibilità di investimento nell’istruzione, quindi di accumulazione di capitale umano e del conseguente livello retributivo. Tuttavia, in Italia la correlazione fra origini familiari e retribuzioni è rilevante anche a parità di istruzione: in media, il figlio di un dirigente ha un reddito netto annuo superiore del 17% rispetto a quello del figlio di un impiegato con lo stesso titolo di studio.

L’allarmante fenomeno della dispersione scolastica è poi caratterizzato da profonde disuguaglianze territoriali: nel Mezzogiorno si registra un’incidenza molto al di sopra della media nazionale. In merito alla spesa per l’istruzione in relazione alla spesa pubblica complessiva, l’Italia occupava l’anno scorso la 152esima posizione su 157 Paesi monitorati dall’Indice di contrasto alla disuguaglianza 2018 di Oxfam e Development finance international. Il nesso tra povertà e povertà educativa emerge dall’analisi delle prestazioni dei ragazzi: il 29% degli studenti provenienti da famiglie povere non ha conoscenze di base in matematica, e oltre un terzo degli studenti con un retroterra familiare economicamente svantaggiato ha difficoltà nella lettura e comprensione dei testi.

Alla ripresa occupazionale – dice ancora il Dossier -  va di pari passo un aumento della precarietà lavorativa: gli occupati con lavoro stabile e a tempo pieno sono diminuiti di oltre tre punti percentuali, mentre dal 2008 al 2018 sono quasi raddoppiati i dipendenti permanenti a tempo parziale involontario.

Infine, vengono analizzate l’incapacità del mercato di assimilare l’offerta di lavoro qualificato e il mancato ritorno economico e sociale degli investimenti determinato dall’assenza di  corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro: rispetto al 2008, tra gli occupati nel 2018 ci sono quasi un milione e mezzo di laureati in più spesso impiegati in professioni che richiedono un titolo di studio inferiore.

Profondi divari si registrano nella distribuzione territoriale dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano), con il Mezzogiorno particolarmente colpito dal fenomeno.

I giovani italiani aderenti alla Campagna chiedono un futuro più equo, aspirando a una società più dinamica, mobile e coesa. Ecco in sintesi le proposte del Manifesto:

  • incrementare la spesa pubblica per l’istruzione;
  • potenziare l’orientamento scolastico rispetto alla scelta della scuola superiore (e verso gli studi universitari), rafforzando le progettazioni e la realizzazione di percorsi efficaci di transizione scuola-lavoro;
  • attuare misure di contrasto alla disoccupazione giovanile a lungo termine, potenziando il finanziamento di programmi efficaci di attivazione lavorativa per i giovani Neet;
  • orientare le politiche economiche a favore di formazione, occupazione e permanenza nel mondo del lavoro dei giovani, anche attraverso incentivi fiscali e contributivi per nuove assunzioni stabili, ben retribuite e con solide tutele;
  • rafforzare le misure volte a favorire l’autoimprenditorialità dei giovani, potenziando il finanziamento della legge per l’imprenditoria giovanile e dei progetti non-profit promossi da giovani;
  • introdurre il salario orario minimo e tutele formali per i lavoratori che ne sono sprovvisti e su cui grava in maggior misura il peso delle recessioni;
  • rafforzare le reti di protezione sociale per i più giovani;
  • potenziare il sistema di servizi sociali e culturali per i giovani nelle periferie urbane e nei territori a maggior disagio sociale, creando al contempo “ponti” verso zone più prospere dal punto di vista dell’infrastruttura socio-culturale;
  • agevolare la partecipazione civica predisponendo una rete diffusa, sul territorio nazionale, di spazi pubblici di aggregazione e socialità per le nuove generazioni.

 

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di Mariaflavia Cascelli

martedì 19 novembre 2019

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