Approfondimenti
La qualità delle città è un fattore fondamentale per il rilancio dell’economia
In Italia i costi delle agglomerazioni urbane sono elevati, mentre i benefici risultano scarsi; manca una adeguata governance di sviluppo territoriale; persistono difficoltà di produzione e implementazione delle regolazioni pubbliche locali. Ecco di che cosa parla il quarto rapporto di Urban@it.
21 marzo 2019
È uscito in libreria il quarto Rapporto di Urban@it “Il governo debole delle economie urbane” (il Mulino 2019, 20 euro) curato da Ernesto d’Albergo, Daniela De Leo e Gianfranco Viesti che è suddiviso in tre parti.
In tutte le economie avanzate le aree urbane mostrano tassi di crescita economica superiori a quelli delle aree non urbane. Un recente progetto di ricerca della Banca d’Italia, citato nella prima parte del Rapporto “Dinamiche economiche e aree urbane” (a cura di Gianfranco Viesti), dimostra invece che in Italia il contributo delle grandi agglomerazioni urbane all’economia nazionale è inferiore rispetto a quello degli altri Paesi avanzati, sia in termini di concentrazione della popolazione che di produzione di valore aggiunto.
I costi delle agglomerazioni in Italia sono elevati: le aree urbane presentano un livello di congestionamento automobilistico maggiore rispetto a molte altre città europee per la carenza di infrastrutture di trasporto pubblico; le rendite immobiliari sono alte e incidono sul prezzo delle abitazioni scoraggiando l’insediamento. I loro benefici risultano invece piuttosto scarsi. Il premio di produttività e innovatività per i lavoratori e le imprese è più basso rispetto a quello stimato per altri Paesi e questo si riflette – complici anche le istituzioni del mercato del lavoro – in un premio salariale più limitato per chi vive in un grande centro urbano in Italia.
La seconda parte del Rapporto “Spazi della trasformazione, soggettività e forme di innovazione” (a cura di Daniela De Leo) prende in esame gli effetti spaziali delle dinamiche economiche, poco o nulla governate, su città e territori che sembrano far scaturire quelle che potrebbero essere chiamate le geografie del laissez faire.
Dai centri storici assediati dal turismo di massa alla rivitalizzazione parziale o temporanea di quel che resta dei distretti industriali, dalla riscoperta delle aree rurali interne alla diffusione di iniziative di rigenerazione di quelle periferiche e periurbane, si tratta di cambiamenti delle forme di produzione e di accumulazione di valore alla scala urbana e territoriale che hanno depositato tracce diversificate.
In ogni caso, la varietà degli spazi urbani, periurbani e rurali si riempie anche in mancanza di un’azione che ne governi l’evoluzione e le economie che si sviluppano, presentando anche esempi virtuosi di buone pratiche.
La terza parte “Innovazioni e difficoltà nel governo delle economie urbane” (a cura di Ernesto d’Albergo) affronta il tema delle difficoltà di produrre e implementare regolazioni pubbliche locali delle economie urbane.
La pur scarsa e debole regolazione dei processi economici si produce infatti all’interno di sistemi di azione collettiva, formali e informali, nei quali sono prese e implementate decisioni relative a investimenti, flussi finanziari, infrastrutture, mutamenti nella produzione e riproduzione sociale nell’ambiente urbano, dando luogo a modelli di sviluppo territoriale in parte simili, in parte diversi.
Questi sistemi di governance comprendono attori pubblici di diverse scale e privati di diversi settori, mentre è più debole, e talvolta simbolica, la presenza di attori sociali no-profit, anch’essi comunque sempre più inclini o indotti ad adottare logiche imprenditoriali.
La qualità delle città è un fondamentale fattore per il rilancio dell’economia. Le politiche urbane non devono essere concepite come questioni locali, ma devono assumere la rilevanza di una grande politica nazionale, di lungo periodo e attenta agli equilibri territoriali.
Un aspetto cruciale è l’aumento della spesa per investimenti pubblici dopo il drammatico crollo di questi anni. La proposta di questo Rapporto è che la “Agenda urbana nazionale” assuma la forma di una serie di patti tra l'amministrazione centrale e le autorità urbane, seguendo l'esempio dei “City deals” britannici e della “Agenda Stad” olandese, e si costituisca una sede decisionale entro cui lo stato e le città (a partire da quelle metropolitane, ma non solo) concordino e monitorino gli investimenti e le politiche multilivello (europeo, nazionale, regionale, locale) su ciascuna di esse a partire dai patti già siglati in questi ultimi anni.
Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.