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Rapporto Eurostat sui 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile: l’analisi Goal per Goal
Molti progressi per l’Agenda 2030 rispetto a energia, biodiversità terrestre, città e salute. Ritardi significativi invece soprattutto per la riduzione delle disuguaglianze, la lotta a fame e povertà e il lavoro. Ecco i dati sugli SDGs in Europa.
Con l’adozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, tutti i Paesi si sono impegnati a raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), monitorando costantemente i propri progressi per migliorare le performance. Eurostat sostiene il processo di monitoraggio dei Paesi europei con il Rapporto sugli SDGs nell’Unione europea. L’edizione 2017 “Sustainable Development in the European Union: Overview of progress towards the SDGs in an Eu context”, pubblicato il 20 novembre, offre una nuova analisi approfondita dell’attuale situazione dell’Europa rispetto ai 17 SDGs, dedicando ciascun capitolo a un singolo Goal e illustrando alcuni trend.
I progressi maggiori relativi agli ultimi cinque anni interessano i Goal: 7 (Energia pulita e accessibile), 12 (Consumo e produzione responsabili), 15 (Flora e fauna terrestre), 11 (Città e comunità sostenibili) e 3 (Salute e benessere).
I progressi minori riguardano i Goal: 4 (Istruzione di qualità), 17 (Partnership per gli Obiettivi), 9 (Innovazione e infrastrutture), 5 (Parità di genere), 8 (Buona occupazione e crescita economica), 1 (Sconfiggere la povertà), 2 (Sconfiggere la fame) e 10 (Ridurre le disuguaglianze).
Nel caso dei Goal 6 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), 13 (Lotta contro il cambiamento climatico), 14 (Flora e fauna acquatica) e 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide), non è stato possibile calcolare il risultato complessivo a causa di dati insufficienti per gli ultimi cinque anni.
Di seguito un riassunto dei principali dati emersi.
Goal 1 - Sconfiggere la povertà
Progressi importanti sono stati realizzati rispetto alla deprivazione materiale, l’assenza di servizi sanitari, le cattive condizioni abitative e il tasso di sovraffollamento. Infatti, sebbene il tasso di grave deprivazione materiale interessi il 7,5% della popolazione dell’Ue nel 2016, dal 2011 il dato è diminuito del 14,6%; nel 2015, il 2% della popolazione ancora non aveva accesso ai servizi sanitari, ma la situazione è migliorata rispetto al 2,6% del 2010; il 15,2% della popolazione nel 2015 viveva in cattive condizioni abitative, soprattutto a causa di perdite dal tetto, in calo dello 0,9% rispetto al 2010; anche il tasso di sovraffollamento, che riduce notevolmente la qualità della vita limitando movimenti, privacy, igiene e riposo, è in parte diminuito. Male invece per il rischio di povertà o di esclusione sociale, che ha registrato un aumento dell’1,2% dal 2010 al 2015, la povertà relativa (+6%, 2010-2015) e le persone colpite dagli alti costi abitativi.
Goal 2 - Sconfiggere la fame
Secondo il “farmland bird index”, importante indicatore dell’impatto dell’agricoltura sull’ambiente e la biodiversità, nell’Ue il numero di uccelli presenti sui terreni agricoli è diminuito dal 1990 di più del 30%, nonostante l’adozione della Direttiva Uccelli, che non è riuscita ad arrestare il trend. Invece, importanti progressi sono stati compiuti rispetto all’agricoltura biologica (nel 2015 il 6,2% delle aree agricole era coltivato con metodi biologici) e alla quantità di nitrati in acque sotterranee (-6,4% dal 2007 al 2012), che indicano un miglioramento rispetto all’impatto dell’agricoltura sulla qualità del suolo e delle acque.
Goal 3 – Salute e benessere
Nel campo della salute si registrano molti progressi, mentre i ritardi sono moderati. Si muove meno per le malattie croniche (-11,9% dal 2009 al 2014), i disturbi da inquinamento acustico sono diminuiti (-2,5 pp dal 2010 al 2015), l’aria è più pulita (la concentrazione nell’aria di particolato inferiore a 2,5 è diminuita del 12,6% dal 2009 al 2014) e si sono ridotti gli incidenti sul lavoro (-9% dal 2009 al 2014). I Paesi dell’Ue sono indietro invece sia sul livello di bisogni insoddisfatti (dal 2008 al 2015 la situazione non è sostanzialmente cambiata) e la salute percepita, sia in particolare sul numero di morti per incidenti stradali: sebbene dal 2001 i decessi siano significativamente diminuiti del 52%, la stasi degli ultimi tre anni ha allontanato i Paesi dal raggiungimento del Target entro il 2020 di dimezzamento del numero di decessi dal 2010.
Goal 4 - Istruzione di qualità
L’istruzione presenta progressi rispetto ai seguenti indicatori: abbandono scolastico prematuro (dal 17% del 2002 al 10,7% nel 2016), istruzione per la prima infanzia (nel 2015 il numero di bambini tra i quattro anni e l’inizio della scuola dell’obbligo con accesso all’istruzione per la prima infanzia ha raggiunto il 94,8%), numero di Neet (il numero di giovani che non studiano né lavorano è passato dal 15,6% del 2002 al 14,2% del 2016) e conseguimento del diploma d’istruzione superiore (la percentuale di ragazzi e ragazze che completato gli studi in questo contesto si attesta al 39,1%, sulla strada giusta per raggiungere l’obiettivo del 40% nel 2020) . D’altra parte, preoccupano gli scarsi risultati in lettura, matematica e scienze: nel 2015, un quinto degli studenti e delle studentesse di 15 anni non aveva sufficienti competenze in queste materie.
Goal 5 - Parità di genere
I progressi maggiori per l’uguaglianza tra uomo e donna interessano in parte l’istruzione, ma soprattutto il lavoro. Il divario di genere è diminuito rispetto al tasso di abbandono scolastico prematuro, grazie a un miglioramento di tre punti percentuali dello svantaggio degli uomini nel 2016, e al tasso di occupazione, con progressi di 11,6 punti percentuali dello svantaggio delle donne nello stesso anno e grazie all’aumento del tasso di donne che lavorano in parlamento e come soggetti apicali. Tuttavia, le donne restano penalizzate a livello lavorativo rispetto agli uomini dalle responsabilità di cura dei figli (nel 2016, 30,7% di donne inattive contro il 4,3% degli uomini) e dalla possibilità di trovare lavoro a tre anni dal termine degli studi (la situazione non è cambiata molto dal 2006). Nell’ambito dell’istruzione sono invece gli uomini a rimanere più svantaggiati: il divario relativo al conseguimento del diploma d’istruzione è aumentato in maniera significativa da 1,9 punti percentuali del 2002 ai 9,5 del 2016.
Goal 6 - Acqua pulita e servizi igenico-sanitari
Per il sesto Obiettivo sono stati raggiunti importanti risultati, soprattutto grazie all’introduzione e l’attuazione di numerose Direttive comunitarie: la Direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane, la Direttiva quadro sulle acque, la Direttiva nitrati, la Direttiva acque sotterranee e la Direttiva relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione. Grazie ad esse, la qualità delle acque è migliorata, il rilascio di sostanze chimiche quali i nitrati è stato notevolmente ridotto, con l’introduzione di detergenti privi di fosfati la concentrazione media di fosfati nei fiumi è diminuita, a seguito del miglior trattamento delle acque reflue la richiesta biochimica di ossigeno nei fiumi europei si è ridotta ogni anno del 2,5% dal 2000 e una migliore gestione delle acque di balneazione ha reso nel 2016 il 94,3% delle acque delle zone di balneazione interne di qualità “sufficiente” e l’82% di qualità “eccellente”. Nella maggior parte dei Paesi sono migliorati anche l’uso efficiente dell’acqua e l’accesso alle strutture igienico-sanitarie. Nonostante il quadro complessivo altamente positivo, in diversi Paesi membri c’è ancora molto da fare.
Goal 7 - Energia pulita e accessibile
Anche per il settimo Obiettivo il quadro è migliorato notevolmente. Dal 2010 al 2015 il consumo energetico, sia primario che finale, si è ridotto, così come quello pro capite per uso domestico. Nello stesso periodo la produttività energetica è aumentata del 13,7%, con un andamento positivo in tutti i Paesi membri, e le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia sono diminuite grazie soprattutto al maggior utilizzo di energie rinnovabili, in costante aumento dal 2004 e vicine all’obiettivo di coprire il 20% del consumo energetico entro il 2020. Si sono registrati lievi progressi anche rispetto alla possibilità di riscaldare adeguatamente la propria abitazione. Un aspetto particolarmente negativo è invece la dipendenza energetica: dal 2000 al 2015 i Paesi membri non sono riusciti a ridurre tale dipendenza, arrivando nel 2015 ad importare dai Paesi non appartenenti all’Ue il 54% dell’energia.
Goal 8 - Buona occupazione e crescita economica
Oltre ai già citati progressi rispetto alla riduzione del numero dei Neet e degli incidenti sul lavoro, per il Goal 8 si registra un forte miglioramento in termini di produttività delle risorse (del 38,6% tra il 2001 e il 2016), dovuto a un lieve aumento del Pil pro capite reale (+4,7% dal 2011 al 2016) e alla simultanea riduzione del 13% del consumo interno di materiali. Per quel che riguarda il lavoro, sebbene si siano registrati lievi progressi rispetto al tasso di occupazione (+4,2 punti percentuali dal 2001 al 2016), che si attesta al 71,1%, occorre ancora impegnarsi molto per colmare entro il 2020 la distanza che separa i Paesi membri dal raggiungimento del 75% di occupazione per la popolazione tra i 20 e i 64 anni. Inoltre, anche se si è registrato un lieve progresso rispetto alla disoccupazione di lungo periodo negli ultimi anni, dal 2005 al 2016 la proporzione del numero di disoccupati di lungo periodo rispetto al numero totale di disoccupati è aumentata dal 45,2% al 46,4%. Infine, si registra un elevato tasso di lavoratori con contratto a tempo determinato involontario, ovvero svolto non per scelta, con un trend in costante crescita.
Goal 9 - Innovazione e infrastrutture
Si è registrato un aumento dell’occupazione nel settore ricerca e sviluppo e sono stati compiuti progressi in termini di sostenibilità dei trasporti: la quantità di emissioni di CO2 per chilometri percorsi delle automobili nuove è diminuita del 13% dal 2011 al 2016 e nel breve periodo sono migliorati sia l’uso di mezzi di trasporto collettivi quali autobus e treni (dal 16,4% del 2009 al 16,9% del 2015), sia il trasporto ferroviario e per vie d'acqua interne delle merci (dal 22,6% del 2009 al 24,2% del 2015). I Paesi membri sono indietro invece sulla spesa in ricerca e sviluppo e la registrazione di brevetti: sebbene la spesa nel settore sia aumentata negli ultimi 15 anni dall’1,77% del 2000 al 2,03% del 2015, l’andamento della crescita degli ultimi anni è insufficiente per raggiungere l’obiettivo del 3% entro il 2020; nonostante il numero di brevetti sia aumentato in maniera costante dal 1997 al 2007, dalla crisi economica del 2008 il numero di registrazioni è rimasto sostanzialmente invariato, fattore che evidenzia una situazione di stasi per l’innovazione.
Goal 10 - Ridurre le disuguaglianze
Si riduce l'ineguaglianza fra le Nazioni, ma non all’interno delle stesse, in parte a causa dell’innovazione tecnologica e della globalizzazione. Le disuguaglianze di reddito disponibile delle famiglie sono diminuite sia nel lungo che nel breve periodo, le importazioni dai Paesi in via di sviluppo sono più che raddoppiate dal 2002 al 2014 e anche i finanziamenti a favore di questi ultimi sono quasi raddoppiati dal 2000. Ma all’interno dei Paesi le disuguaglianze fanno fatica a ridursi: la povertà relativa è in aumento (+8,1% dal 2005 al 2015), soprattutto negli ultimi anni, e le persone a rischio di povertà nel 2015 erano 86,8 milioni (il 17,3% della popolazione europea). La situazione è ancora più allarmante se si considera che nel 2015 le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale (indicatore non incluso nel set dell'Eurostat) erano 118,6 milioni. Anche il coefficiente di Gini conferma il generale trend negativo, così come la quota del reddito del 40% della popolazione più povera, calata dal 21,5% del 2005 al 20,9% del 2015
Goal 11 - Città e comunità sostenibili
La qualità della vita nelle città e comunità è notevolmente migliorata, sia grazie ai già citati progressi rispetto alle condizioni abitative, il tasso di sovraffollamento (vedi Goal 1) e i disturbi da inquinamento acustico (Goal 3), sia per via di una ridotta incidenza di reati (che però rimane alta nelle periferie e aree rurali). Progressi anche per l’impatto ambientale, grazie alla minore concentrazione di particelle da particolato, l’uso di mezzi collettivi e soprattutto l’aumento della raccolta differenziata dei rifiuti urbani, dal 25,3% del 2000 al 45% del 2015. Male invece per il numero di incidenti stradali e soprattutto per l’eccessiva copertura artificiale di terreno, che ha portato a un costante aumento del tasso di impermeabilizzazione del terreno, con un trend di crescita del 6% più veloce nel periodo 2012-2015 rispetto al 2009-2012.
Goal 12 – Consumo e produzione responsabili
Secondo gli indicatori scelti da Eurostat, il dodicesimo Obiettivo è quello che ha ottenuto maggiori risultati negli ultimi anni. I progressi più significativi sono stati raggiunti rispetto ai seguenti indicatori precedentemente descritti (vedi Goal 7 e 8): consumo energetico, primario e finale; quota delle rinnovabili; produttività energetica; produttività delle risorse. Invece, progressi sufficienti sono stati registrati non solo rispetto alle ridotte emissioni di CO2 prodotte da automobili nuove (vedi Goal 9) e all’aumento della raccolta differenziata (Goal 11), ma anche grazie a una ridotta produzione di rifiuti (del 10% dal 2004 al 2014), un minor uso di sostanze chimiche tossiche (dell’8% dal 2004 al 2015) e una leggera diminuzione del volume del trasporto di merci rispetto al Pil.
Goal 13 - Lotta contro il cambiamento climatico
Anche la mitigazione del cambiamento climatico presenta trend positivi, non solo rispetto ai progressi nel settore energetico (vedi Goal 7), ma anche relativamente alla riduzione delle emissioni di gas serra. Nell’ambito della Strategia Europa 2020, l’Ue si è impegnata a ridurre entro il 2020 le emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990. Nel 2015, l’Ue è riuscita ad andare oltre il traguardo, riducendole del 22%. Il settore dei trasporti è l’unico settore che non presenta una riduzione complessiva delle emissioni dal 1990, in parte a causa dell’aumento del traffico. Infatti, questo settore (esclusi i voli e trasporti marittimi internazionali) è secondo solo all’industria energetica per quantità di emissioni prodotte, con una copertura del 20,3% delle emissioni totali dell’Ue nel 2015, pertanto è importante focalizzarsi maggiormente su questo ambito per fronteggiare il cambiamento climatico.
Goal 14 - Flora e fauna acquatica
I trend degli indicatori dell’Obiettivo 14 che è stato possibile calcolare sono positivi. Si tratta della qualità delle acque di balneazione (vedi Goal 6) e della pratica dello sfruttamento eccessivo della pesca. Quest’ultima interessava nel 2015 il 40,9% degli stock ittici, in calo di 17,8 punti percentuali rispetto al 2010, ma rappresenta un dato ancora alto. Tuttavia, l’industria ittica sta diventano più sostenibile: nel 2015, quasi il 60% degli stock ittici nelle acque del Nord-est Atlantico (che coprono la maggior parte delle attività ittiche europee) è stato pescato in maniera sostenibile, ovvero pescato o allevato considerando la vitalità a lungo termine delle specie cacciate, rispetto al 34% del 2007. Rispetto a mari e oceani non è stato possibile calcolare i trend, ma si evidenzia come nel 2015 solo il 55% degli habitat e specie marini presenti nella Direttiva habitat faceva parte di aree protette, rispetto a una copertura terrestre complessiva del 92%.
Goal 15 - Flora e fauna terrestre
L’attenzione alla biodiversità della fauna e allo stato dell’ecosistema sono sulla strada giusta. Nel 2015 le aree forestali coprivano il 42% della superficie terrestre, con una crescita di 2,7 punti percentuali rispetto al 2009. L’indice degli uccelli comuni (Common bird index), utile per valutare la biodiversità, presenta nel lungo periodo un trend negativo (un peggioramento del 12,6% dal 1990), tuttavia l’andamento è cambiato nel breve periodo, segnando l’inizio di un trend positivo (+0,7 punti percentuali dal 2009 al 2014). Sempre relativamente alla biodiversità è bene segnalare i progressi rispetto all’attuazione della Direttiva Habitat. Con la Direttiva Habitat del 1992 i Paesi membri hanno definito una lista di Siti di interesse comunitario (Sic) per conservare gli habitat naturali e le relative specie. La copertura delle aree terrestri protette elencate nella Direttiva Habitat è buona, avendo raggiunto nel 2013 un “indice di sufficienza” del 92%, in aumento rispetto al 2008. L’indicatore risulta significativo in quanto un numero “sufficiente” di aree protette indica una positiva attuazione della Direttiva habitat. Trend negativi si segnalano invece per il degrado del suolo, causato principalmente dall’eccessiva copertura artificiale di terreno (vedi Goal 11).
Goal 16 – Pace, giustizia e istituzioni solide
I trend del Goal 16 risultano positivi, anche se bisogna considerare l’impossibilità di calcolare gli andamenti di indicatori quali la corruzione e le violenze fisiche e sessuali. Oltre alla ridotta incidenza di reati (vedi Goal 11) si segnala una positiva riduzione del tasso di omicidi, diminuito in maniera costante dal 2002 e attestatosi nel 2014 a 0,7 morti per 100mila abitanti. Inoltre, si registra per il 2015 un aumento del 5,2% delle risorse finanziarie destinate ai tribunali, rispetto al 2010. Nel breve periodo cresce anche la fiducia nelle istituzioni comunitarie, dopo anni di scarsa fiducia dovuti in parte alla crisi economica e le relative ripercussioni sull’euro. Sebbene il tasso di violenze sessuali non possa essere calcolato, si segnala che nel 2012 un terzo delle donne ha dichiarato di aver subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale dall’età di 15 anni e l’8% di esse ha dichiarato che tale violenza si è manifestata nei 12 mesi precedenti l’indagine.
Goal 17 - Partnership per gli Obiettivi
Oltre a maggiori importazioni dai Paesi in via di sviluppo e finanziamenti a favore di questi ultimi (vedi Goal 10), si registra un aumento dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) negli ultimi anni, positivo rispetto al Target sul raggiungimento dello 0,7% di Aps/Pil per i Paesi in via di sviluppo, anche se ne 2016 solo cinque Paesi membri hanno conseguito l’obiettivo. Inoltre, dal 2000 la crescita dell’Aps si è rivelata particolarmente lenta per quei fondi destinati in maniera specifica ai Paesi meno sviluppati. Per garantire l’aiuto agli altri Paesi al di fuori dell’Ue, l’Eurostat considera rilevante monitorare anche la sostenibilità dell’economia dell’Ue. Per questo motivo vengono utilizzati come indicatori il debito pubblico lordo e le tasse ambientali e sul lavoro, ma entrambi presentano risultati scarsi.
di Flavia Belladonna
Scarica il Rapporto dell’Eurostat sugli SDGs