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Ipcc: se non ci manteniamo entro 1,5 gradi rischiamo una catastrofe climatica
Per l’economia, la biodiversità, la salute, c’è una grande differenza tra un aumento di 1,5 e di 2 gradi. Limitare al minimo il riscaldamento avrebbe grandi conseguenze economiche e sociali. 8/10/2018
A lanciare l’allarme è il “Rapporto speciale sul riscaldamento globale a 1,5°C”(SR15) rilasciato a seguito della 48ma sessione della Commissione intergovernativa sul cambiamento climatico (Ipcc) tenutasi in Incheon, Corea del Sud, dal 1 al 6 ottobre, commissionato all'Ipcc alla Conferenza di Parigi del 2015 e frutto di due anni di lavoro di 91 ricercatori da 44 paesi, che hanno esaminato 6mila studi in materia e valutato 42mila recensioni di colleghi e governi alle loro conclusioni.
“Questo è uno dei più importanti incontri dell’Ipcc nella storia” ha dichiarato Hoesung Lee, presidente della conferenza. “Limitare il riscaldamento globale richiederà dei cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti, applicati a tutti gli aspetti della società”. E ha aggiunto: “Con evidenti benefici per le persone e gli ecosistemi naturali, limitare il riscaldamento a 1,5° rispetto ai 2°C potrebbe andare di pari passo con la garanzia di una società più sostenibile ed equa”.
I tre gruppi di lavoro dell’Ipcc, hanno lavorato per la prima volta insieme per produrre un rapporto dal taglio interdisciplinare preceduto dal Sommario per i decisori politici, votato in plenaria.
“Dall’età preindustriale”, evidenzia il Rapporto, “si stima che le attività umane abbiano causato approssimativamente 1 grado di riscaldamento globale, con una variazione probabile da 0,8 gradi a 1,2 gradi. Il riscaldamento globale è probabile che raggiunga 1,5°C fra il 2030 e il 2052, se continua ad aumentare al tasso corrente”. Secondo l’Ipcc se oggi si cominciasse a ridurre drasticamente le emissioni e ad assorbire la CO2 presente nell’atmosfera, si potrebbe mantenere il riscaldamento entro 1,5 gradi (l'obiettivo più ambizioso dell'Accordo di Parigi), in quanto le emissioni del passato da sole non provocherebbero il superamento di questa soglia. Al contrario, in assenza di provvedimenti immediati e drastici, c’è il rischio che in appena 12 anni questo livello possa salire a 2°C, causando danni irriversibili all’ambiente e alla nostra salute, con gravi ripercussioni anche su povertà e disuguaglianze.
Dunque, i prossimi dieci anni saranno cruciali nel determinare che tipo di mondo esisterà nei decenni a venire. “Se si agisce con decisione, innovazione e investimenti di qualità, si può evitare che avvenga il peggior cambiamento climatico che conosciamo, e si raggiungerebbero così anche gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Se non lo faremo, andremo incontro ad un mondo in cui sarà sempre più difficile prosperare per noi e le future generazioni”.
Il comitato scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, coordinato da Toni Federico, che è anche coordinatore del Gruppo di lavoro dell’ASviS sui Goal 7 e 13, analizza dettagliatamente il Rapporto sul sito della Fondazione per lo sviluppo sostenibile: ”La terra si sta riscaldando più velocemente degli oceani e l'Artico si sta riscaldando a 2-3 volte il tasso medio globale. C'è un lasso di tempo tra le emissioni di gas serra e il loro effetto sul clima. Ciò significa che il mondo si sta riscaldando ulteriormente e che il livello del mare sta crescendo. Il riscaldamento globale sta già impattando le persone e gli ecosistemi. I rischi tra 1,5 °C e 2 °C sono proporzionalmente crescenti”. E come sottolinea Panmao Zhai, Co-Chair del gruppo di lavoro 1 dell’Ipcc:“Stiamo già assistendo alle conseguenze dell’innalzamento di 1°C della temperatura globale: clima estremo, innalzamento dei livelli dei mari e diminuzione dei mari ghiacciati dell’Artico”.
Cosa succederebbe se la temperatura globale aumentasse di 2°C? Il Rapporto dichiara che ci si aspetta un innalzamento del livello del mare di 10 centimetri. Nel tempo il livello continuerebbe a salire, anche di diversi metri a causa del disfacimento delle calotte glaciali in Groenlandia e in Antartide.
“A pagare uno dei prezzi più alti sarebbe la perdita di biodiversità che tra il riscaldamento di 1,5°C e quello del 2°C, secondo il Rapporto passa al 16% per le piante, all'8% per i vertebrati e al triplo, il 18% per gli insetti.
Circa 1,5-2,5 milioni di chilometri quadrati di permafrost in più scongeleranno in questo secolo e lo scongelamento del permafrost rilascia metano, uno dei gas serra. Aumenta di dieci volte la probabilità di un'estate artica senza ghiaccio in mare, da una volta al secolo a 1,5°C a una volta ogni dieci anni a 2°C. Gli ecosistemi marini saranno colpiti dall'acidificazione e dal riscaldamento degli oceani. I 2°C eliminano virtualmente le barriere coralline, rispetto a un calo del 70-90% per gli 1,5 °C. Le comunità agricole e di pesca saranno colpite più duramente da questi effetti, in particolare nell'Artico, nelle zone aride, nelle isole e nei paesi più poveri. “Limitare il riscaldamento globale a 1.5 °C riduce l'importo dei rischi associati alla povertà e ai cambiamenti climatici per un valore che arriva a diverse centinaia di milioni di dollari entro il 2050”, come riporta il commento del Comitato scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
Quel mezzo grado di riscaldamento in più è molto negativo anche per la salute: aumenterà il numero di zanzare che trasportano malattie come la malaria che il caldo renderà ancora più letali e la quantità e la qualità delle colture di base che soffriranno maggiormente il riscaldamento di 2 °C, così come il bestiame, peggiorando la disponibilità di cibo in molte parti del mondo. Si prevede per questo che anche la crescita economica subirà gli effetti del riscaldamento globale, a parità di tutte le altre condizioni.
Il Rapporto esamina anche dei percorsi disponibili per limitare il riscaldamento a 1,5°C, che cosa serve per raggiungerli e quali conseguenze potrebbero esserci.
Per stabilizzare le temperature, le emissioni devono azzerarsi e mantenersi a zero. Ciò significa ridurre le emissioni il più rapidamente possibile e sottrarre l'anidride carbonica dall'aria per eliminare le emissioni residue. Per mantenersi a 1,5 °C, le emissioni di CO2 dovrebbero diminuire di circa il 45% tra il 2010 e il 2030 e raggiungere lo zero netto nel 2050. Questo percorso è significativamente più arduo di quello necessario per 2°C che comporta una riduzione di circa il 20% entro il 2030 e zero netto solo entro il 2075.
“La buona notizia è che alcune delle azioni che potrebbero servire a limitare il riscaldamento globale sono già in corso nel mondo, ma hanno bisogno di accelerare” ha detto Valerie Masson-Delmotte, Co-Chair del gruppo di lavoro 1.
Il rapporto sarà un input scientifico chiave da presentare alla Conferenza sul cambiamento climatico a Katowice in Polonia a dicembre, quando i governi rivedranno gli accord di Parigi per affrontare il cambiamento climatico e decideranno insieme a imprese e comunità se e come farsi carico di questa transizione epocale.
Debra Roberts, co-presidente del gruppo di lavoro 2 dell’Ipcc dichiara: “Le decisioni che prendiamo oggi sono fondamentali per garantire un mondo sicuro e sostenibile per tutti, sia ora che in futuro. Questo rapporto fornisce ai policymaker e ai professionisti le informazoni di cui hanno bisogno per prendere decisioni che affrontino i cambiamenti climatici tenendo conto del contesto locale e delle esigenze delle persone. I prossimi anni saranno probabilmente i più importanti della nostra storia”.
Consulta il rapporto completo
Disponibile il sommario della sessione dell’Ipcc
di Alice Rinalduzzi