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Pulire gli oceani dalle plastiche entro 2050: il progetto di The Ocean Cleanup
La fondazione olandese ha stimato che di tutto l'inquinamento proveniente dai fiumi, ben due terzi è provocato da 20 corsi quasi tutti in Asia. Ecco perché la tecnologia messa a punto deve essere associata alla chiusura di queste fonti.
Un mare di plastica: non è solo un modo di dire ma attualmente una verità su cui aumenta sempre di più l'attenzione a livello globale. Ben 5mila miliardi di frammenti e rifiuti di plastica sono al momento presenti in cinque aree dei nostri oceani, producendo quello che gli studiosi definiscono un inquinamento senza precedenti che non sembra aver visto finora un'inversione di tendenza.
Ma da dove arrivano tutti questi rifiuti? A fornire per la prima volta una stima e a ripercorrere a ritroso le vie da essi percorse prima di sfociare in mare aperto è la fondazione olandese The Ocean Cleanup, che in uno studio pubblicato il 7 giugno ha calcolato che ogni anno tra gli 1,15 e i 2,41 milioni di tonnellate provengono dai fiumi. Questi a loro volta funzionano da collettori per i materiali plastici di scarto gettati sulla terra. Ma a impressionare maggiormente è la concentrazione di questi flussi: su 40.760 fiumi esaminati, ben due terzi dei materiali plastici giungono dai 20 fiumi più inquinati del mondo, la maggior parte dei quali si trova nel continente asiatico.
La relazione ha evidenziato come questo fenomeno sia strettamente correlato con l'azione dei corsi d'acqua sulle banchine, già altamente dense di scarti di plastica, e che il costante flusso delle acque fluviali le “pulisca” trasportando tali rifiuti in mare aperto. Una volta immessi negli oceani, questi si incanalano in correnti che li spingono in cinque ampie aree degli oceani, di cui la più estesa si trova nell'Oceano Pacifico tra le Hawaii e la California: le conformazioni di tali correnti e i movimenti oceanici non permettono poi alle plastiche di spostarsi da queste zone.
Ecco perché The Ocean Cleanup ha elaborato e brevettato un nuovo metodo per la pulizia degli oceani che, a partire dall'ottobre 2017, ambisce ad asportare nei cinque anni successivi il 50% delle plastiche presenti nell'Oceano Pacifico e a ripulire tutte le cinque “discariche galleggianti” entro il 2050.
Anche se, sottolinea la fondazione, a queste tecnologie che prevedono enormi reti sostenute da tubolari fluttuanti che fisicamente accumuleranno e asporteranno i rifiuti dai mari, è necessario combinare una progressiva chiusura delle fonti da cui tali materiali provengono.
Parallelamente alla raccolta delle plastiche, il cui recupero è tanto più importante se si pensa che esse tendono a frammentarsi e a divenire le microplastiche difficilissime poi da recuperare e fortemente nocive per la fauna marina che se ne nutre scambiandole per plancton, The Ocean Cleanup ha anche pianificato un riutilizzo dei rifiuti via via eliminati dagli oceani, riciclandoli per la creazione di nuovi oggetti.
“Siamo lieti di osservare quante iniziative siano state promosse negli ultimi anni per sollecitare la consapevolezza sull'inquinamento degli Oceani”, ha dichiarato Boyan Slat, fondatore e numero uno di The Ocean Cleanup, “Allo stesso tempo per il nostro lavoro è cruciale che i governi e le altre organizzazioni accelerino i loro sforzi per chiudere le fonti che generano questi flussi”.
di Elis Viettone