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L’oceano continua a scaldarsi, le specie marine migrano verso acque più fredde
Dal 1880 l’oceano ha subito un aumento medio della temperatura pari a 1°C. Questo ha inciso sull’abbondanza di specie marine, costrette a spostarsi dalla zona di origine verso i poli per cercare di sopravvivere. 8/4/20
I ricercatori dell'Università di Bristol hanno scoperto che l’aumento della temperatura degli oceani oltre a indurre alla migrazione le specie marine, impatta anche sulla dimensione della popolazione. In uno studio dal titolo “Climate change drives poleward increases and equatorward declines in marine species”, pubblicato il 26 marzo su Current biology, il team di scienziati mostra che un numero sempre più crescente di “vita marina” si sta spostando verso i poli, lasciando meno popolata la zona equatoriale. Un fenomeno che va avanti da diverso tempo, dovuto all’accelerazione del cambiamento climatico che, dall’epoca preindustriale a oggi, ha reso gli oceani del mondo più caldi, in media, di 1°C.
"La sorpresa principale che abbiamo avuto durante questo studio è quanto siano pervasivi gli effetti del riscaldamento globale", ha affermato l'autore Martin Genner, ecologo evoluzionista all'Università di Bristol. “Tutti i gruppi di vita marina che abbiamo esaminato hanno mostrato la stessa tendenza a migrare, dal plancton agli invertebrati marini, dai pesci agli uccelli marini".
Il risultato è che centinaia di specie marine risulteranno sempre meno abbondanti nelle zone di “origine”, quelle dove ci si aspetta di incontrarle. Parliamo di pesci, mammiferi marini, rettili, fitoplancton, alghe marine e alghe (il risaldamento non fa distinzione e colpisce cibo e habitat, prede e predatori), tutte colpite dagli effetti negativi del riscaldamento globale, che ora si vedono costrette a migrare verso acque più fredde, o verso il polo Sud o verso il polo Nord, per sopravvivere.
I ricercatori per arrivare a questa conclusione hanno prima esaminato le informazioni presenti nelle banche dati, raccolte nel corso degli anni, e poi effettuato un’analisi dei campionamenti in base all’abbondanza e alla stagionalità della vita marina. Per il team guidato da Genner, che ha testato 304 specie, la tendenza è chiara: nei luoghi più vicini ai poli l’abbondanza della popolazione di una singola specie, e la varietà di specie presenti, risulta maggiore mentre il declino nella zona equatoriale è sempre più evidente.
“È un importante risultato, che implica che i cambiamenti climatici non stanno solo portando a cambiamenti di abbondanza, ma influenzano intrinsecamente le prestazioni delle specie a livello locale", ha continuato Genner. "Stiamo assistendo a una modifica degli assetti naturali. Vediamo specie come il pinguino imperatore che diventano meno abbondanti quando l'acqua sale di temperatura, e vediamo alcuni pesci, come la spigola europea, prosperare in zone prossime ai poli dove storicamente risultavano rari. Ma se da una parte alcune specie sono in grado di adattarsi al riscaldamento oceanico, dall’altra i risultati indicano che assisteremo a una costante perdita di vita marina”.
Infine, lo studio evidenzia che “le specie che non riescono ad adattarsi e a spostarsi in altre zone hanno grosse probabilità di scomparire” e “se la temperatura media oceanica continuasse a crescere fino a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, ci sarebbero problemi non solo per la biodiversità ma anche per l’uomo”. In particolare per quelle popolazioni che basano il proprio sostentamento sulla pesca e sulle risorse marine.
di Ivan Manzo