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VITA SOTT'ACQUA

Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile

Oltre tre miliardi di persone nel mondo dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento. Secondo gli ultimi dati 2021, risulta che di questo passo entro il 2050 avremo più plastica che pesci nei nostri mari. A fronte di una media europea del 77,8%, in Italia gli stock ittici sono sovrastruttati al 91,4%. 

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Barriere coralline: 230 accordi internazionali non bastano a proteggerle

Quasi un quarto delle specie marine dipende da questo ecosistema, tra i più vulnerabili al mondo. Solo una specie, l’Homo sapiens, ha la capacità di distruggerlo, dice un nuovo rapporto pubblicato dall’Iisd.  8/6/21

Apparse per la prima volta circa 500 milioni di anni fa, le barriere coralline sono spesso chiamate “foreste pluviali del mare” per via degli eccezionali livelli di biodiversità e per gli importanti servizi sociali ed ecologici che sono in grado di fornire, tra cui cibo, attività ricreative, turismo e protezione delle coste. Ma i fattori di stress locali e il cambiamento climatico ne minacciano l’esistenza. È quanto rileva il rapporto pubblicato il 1 giugno dall’Istituto internazionale per lo sviluppo sostenibile (Iisd) intitolato “CoralReefs: strategies for ecosystems on the edge”.

Minacce ambientali. Gli stress ambientali, e in particolare l’aumento della temperatura dell’acqua, possono indurre i coralli a espellere i loro simbionti (le zooxantellae) perdendo il loro caratteristico colore. Lo sbiancamento dei coralli è uno dei segni più visibili che le barriere coralline sono in difficoltà. Eventi simili, ripetuti nel tempo, rendono i coralli incapaci di riprendersi. Tra il 2014 e il 2017, un'ondata di calore delle acque oceaniche senza precedenti ha causato lo sbiancamento di oltre il 75% delle barriere coralline tropicali del mondo, con la conseguente morte di quasi un terzo di loro.

Altri due fattori determinanti per la sopravvivenza delle barriere, continua il report, sono l’acidificazione degli oceani e il riscaldamento globale. Il primo è una conseguenza dell’aumento dei livelli di anidride carbonica generato dalle emissioni di gas serra, ed ha la capacità di influenzare la crescita degli scheletri di corallo. L'acidità dell'oceano è aumentata del 30% negli ultimi 200 anni, più velocemente di qualsiasi cambiamento noto nella oceanografia chimica in 50 milioni di anni. Livelli ridotti di ioni carbonato nell'acqua si traducono in scheletri di corallo più sottili, rendendoli meno resistenti alle onde.


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Entro la fine di questo secolo, le barriere coralline potrebbero dissolversi ed erodersi più rapidamente di quanto crescano. Anche il riscaldamento globale ha un impatto profondo sulle barriere: secondo le stime, un aumento della temperatura media globale di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali provocherà il declino del 70-90% delle barriere coralline. Tutte le barriere coralline, sottolinea il Rapporto, scomparirebbero con un aumento di 2°C.

Vantaggi socioeconomici. Nonostante l’impatto degli esseri umani su questo ecosistema, circa il 40% della popolazione mondiale (quasi 2,4 miliardi di persone) vive entro 100 km dalle coste e dipende direttamente da questa risorsa. La sussistenza di sei milioni di pescatori è legata alla salute delle barriere coralline. I benefici socioeconomici derivanti dalle attività ricreative, turistiche e di protezione costiera sono stimati in oltre 20 miliardi di dollari all’anno. È importante sottolineare, continua il Rapporto, che sebbene la perdita di questo ecosistema abbia implicazioni globali, gli impatti socioeconomici sono sproporzionati, visto che la maggior parte delle barriere coralline si trova nelle acque al largo dei Paesi in via di sviluppo.

Soluzioni. Negli anni, prosegue il report, gli sforzi per affrontare i fattori di stress e ridurre la vulnerabilità delle barriere coralline ai cambiamenti climatici si sono moltiplicati. Storie di successo locali e accordi internazionali hanno contribuito alla salvaguardia di questo delicato ecosistema. In Belize il divieto di raccogliere pesci pappagallo, mangiatori di alghe, ha migliorato la copertura dei coralli. A Bali le guide turistiche locali sono direttamente impegnate nella protezione delle barriere coralline. Negli Stati Uniti, alle Hawaii, è stato introdotto il divieto di vendere creme solari contenenti sostanze chimiche dannose per i coralli. Nelle Samoa americane le restrizioni alla pesca e la sensibilizzazione sulla raccolta dei rifiuti hanno portato al recupero dei coralli.


Secondo le stime, con un aumento della temperatura media globale di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali morirà il 70-90% delle barriere coralline. Con un aumento di 2°C scomparirebbero completamente.


A livello internazionale, gli sforzi per proteggere le barriere coralline si sono sviluppati a partire dagli anni '60. Nonostante le disposizioni relative all'ambiente marino contenute nella Dichiarazione e nel Piano d'azione di Stoccolma del 1972 si concentrarono sull'inquinamento e sulla pesca, senza includere in maniera specifica le barriere coralline, da allora le preoccupazioni per questo ecosistema sono state incorporate in 150 strumenti internazionali. Di questi, 32 sono giuridicamente vincolanti, mentre il resto è considerato volontario. L'ambito di questi accordi copre quasi tutti i fattori antropogenici, con 600 obiettivi d'azione discreti, misurabili e vincolati nel tempo. Anche l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile comprende tra i suoi 17 Obiettivi il Goal 14 “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.

Degna di nota è l’iniziativa dell'International coral reef iniziative (Icri), una partnership informale tra quasi 90 Paesi e organizzazioni che nel maggio 2020 ha adottato una Raccomandazione secondo cui le barriere coralline potrebbero essere riconosciute nel quadro della Convenzione sulla diversità biologica (Cbd). Questa Raccomandazione, sviluppata da un comitato ad hoc composto da governi, esperti e organizzazioni, pone l’attenzione sul contributo socioeconomico delle barriere coralline e promuove obiettivi e azioni immediate per tutelarle. La proposta contiene anche l’introduzione di indicatori chiari, specifici e attuabili per misurare i cambiamenti nell'estensione e nell'integrità delle barriere, che includono la salute e il buon funzionamento delle stesse.


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Il futuro. Un accordo globale vincolante sulla protezione delle barriere coralline, conclude il Rapporto, potrebbe aiutare. Ma gli accordi multilaterali richiedono tempo e risorse. Visti i precedenti, un altro trattato potrebbe non essere il modo migliore per apportare i cambiamenti necessari. Nel settembre 2020, il Global fund for coral reefs (Gfcr) ha lanciato un nuovo fondo per raccogliere e investire 500 milioni di dollari nella conservazione della barriera corallina nei prossimi dieci anni. Nel dicembre 2020, l'High level panel for a sustainable ocean economy si è impegnato a raggiungere, entro il 2025, una gestione degli oceanici sostenibile al 100% di tutte le aree di propria giurisdizione.

Sebbene questi sviluppi siano un segnale di speranza, il cambiamento climatico rimane la più grande minaccia per le barriere coralline. Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato, ed ha sottolineato la necessità di raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. Le coalizioni volontarie e l'invito all'azione per la protezione delle barriere coralline sono incoraggianti ma non sufficienti a garantirne la sopravvivenza. A meno che non rimuoviamo o riduciamo i fattori di stress e contemporaneamente affrontiamo il cambiamento climatico, perderemo questo ecosistema che protegge le nostre coste. Perderemo i mezzi di sussistenza che ci offrono e l'abbondanza di vita marina che ospita le barriere coralline.

 

Scarica il Rapporto

 

di Tommaso Tautonico

martedì 8 giugno 2021

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