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Trasparenza climatica: la leva nascosta per realizzare l’Accordo di Parigi
È fondamentale non solo elaborare piani corretti ma anche attuarli, dicono gli esperti Unep. Qui entra in gioco la trasparenza, che obbliga gli Stati a rendere conto delle proprie emissioni e progressi. Il supporto a 68 Paesi, soprattutto in via di sviluppo, nei rapporti biennali. 3/10/25
Mentre il mondo si avvicina a un nuovo ciclo di negoziati sul clima, la parola chiave è una: trasparenza. È vero, si tratta di un concetto tecnico ma fondamentale per costruire fiducia reciproca, smascherare i ritardi e offrire soluzioni replicabili. Secondo gli esperti la trasparenza climatica può davvero fare la differenza nella lotta al cambiamento climatico. Come sottolinea un recente approfondimento del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), la trasparenza non è un dettaglio secondario, ma un meccanismo chiave dell’Accordo di Parigi del 2015. Attraverso un sistema strutturato di monitoraggio e rendicontazione, ogni Paese è chiamato a mostrare non solo quanto emette, ma anche come intende ridurre le proprie emissioni, quali progressi ha fatto rispetto agli impegni presi e quale supporto tecnico o finanziario richiede.
Il meccanismo della trasparenza
Questo processo prende forma nel cosiddetto Enhanced transparency framework, che lega i piani di ciascun Paese, ovvero i contributi determinati a livello nazionale (Nationally determined contributions, NDCs), agli obiettivi globali di contenimento delle temperature. In pratica, si tratta di presentare rapporti biennali di trasparenza (Biennial transparency reports) contenenti dati su:
- emissioni annuali di gas serra;
- politiche e misure per ridurre emissioni e adattarsi agli impatti climatici;
- progressi compiuti rispetto agli obiettivi;
- bisogni di supporto, incluse le risorse finanziarie.
Questi Rapporti sono molto più di un esercizio burocratico. “La trasparenza è importante in ogni ambito della vita, dai rapporti personali agli accordi internazionali”, ha dichiarato Hongpeng Lei, responsabile della sezione Mitigazione dell’Unep. “Nel caso del clima, dimostra che le nazioni stanno facendo ciò che hanno promesso di fare e costruisce la fiducia necessaria per affrontare questa crisi”.
Fiducia ma anche concretezza
La trasparenza serve a diversi scopi. Oltre a verificare se i Paesi rispettano i propri impegni, fornisce dati utili per disegnare politiche più efficaci, sblocca risorse finanziarie mostrando come vengono usati i fondi pubblici e consente di diffondere buone pratiche da replicare in altre regioni. Un esempio concreto viene dall’International methane emissions observatory, che utilizza immagini satellitari per individuare perdite di metano, un gas serra molto potente. In Algeria e Yemen, grazie a questo sistema, sono state ridotte emissioni pari a quelle prodotte da quasi un milione di automobili.
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Il punto della situazione
A dieci anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, la trasparenza mostra un quadro fatto di luci e ombre. I dati Unep rivelano che, senza un coordinamento internazionale, la traiettoria del riscaldamento globale avrebbe potuto toccare i +5°C entro la fine del secolo, con conseguenze catastrofiche. Le successive revisioni degli impegni nazionali hanno però abbassato le proiezioni, oggi comprese tra +2,6°C e +3,1°C. Nonostante questo passo avanti, il divario rispetto al limite di sicurezza di +1,5°C resta ampio e, in molte regioni, le emissioni continuano a crescere.
Trasparenza come motore di cambiamento
Se c’è una lezione emersa in questi dieci anni, è che la trasparenza non è fine a se stessa, ma un mezzo per alimentare cooperazione e ambizione. Non basta scrivere buoni piani: bisogna renderli credibili e attuabili. “La trasparenza”, osserva l’Unep, “ci offre l’occasione non solo di chiedere conto agli Stati, ma anche di mostrare soluzioni, condividere successi e ispirare azioni più coraggiose”. A inizio settembre, nella Repubblica di Corea, si è tenuto il Global transparency forum, un incontro internazionale che ha raccolto esperti, istituzioni e società civile per condividere buone pratiche e individuare strumenti concreti per rafforzare i sistemi di monitoraggio.
Prossime tappe: Belém e oltre. Nei prossimi mesi decine di Paesi presenteranno le nuove versioni dei propri NDCs in vista della conferenza sul clima di Belém, in Brasile, prevista a fine anno. Questi documenti non solo definiranno strategie di mitigazione e adattamento, ma potranno anche orientare investimenti, crescita economica, occupazione, salute e sicurezza energetica. Parallelamente, l’Unep sta supportando 68 Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo, nella preparazione dei rapporti biennali di trasparenza, attraverso iniziative come il Capacity-building initiative for transparency, finanziato dal Global environment facility. Secondo gli esperti, sarà fondamentale non solo elaborare piani solidi, ma anche attuarli velocemente.
Copertina: Unsplash
