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Notizie

Commercio illecito di fauna selvatica e prodotti forestali: serve uniformità

Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni a livello internazionale, continuano le attività illegali di sfruttamento della fauna selvatica e delle risorse forestali che creano non poche preoccupazioni. 25/2/2018

Redatto in collaborazione con la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, Cites, l'Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine, Unodc e la Fao, il rapporto “Strengthening legal frameworks for licit and illicit trade in wildlife and forest products” del Programma delle Nazioni unite per l’ambiente, Unep, identifica e analizza le istituzioni, la legislazione internazionale e le organizzazioni giuridiche impegnate contro il commercio illegale di prodotti selvatici e forestali. La lotta al bracconaggio e al traffico illegale di flora e fauna è stato inserito, inoltre, tra i Target dell’Agenda 2030 dell’Onu (15.7).

Il Rapporto, dopo aver evidenziato la mancanza di uniformità a livello internazionale nelle definizioni di commercio illecito, prodotti forestali e faunistici, si concentra su tre aspetti fondamentali della lotta al commercio illegale: gestione delle risorse naturali, regole commerciali e prevenzione della criminalità. Per ognuno di questi aspetti evidenzia le istituzioni coinvolte, gli strumenti a disposizione e gli eventuali aspetti da migliorare.

A livello istituzionale i principali attori nella gestione delle risorse naturali sono il Dipartimento Onu per gli affari economici e sociali, il Forum delle Nazioni unite sulle foreste, l’Organizzazione internazionale del legname tropicale (Itto) e la Fao. Altri attori istituzionali coinvolti sono le segreterie delle principali convenzioni relative alla biodiversità, Cites e Cbd, alla conservazione delle specie migratrici selvatiche, Cms, la World heritage convention, Whc e la Convenzione di Ramsar sulle zone umide.
In termini legislativi, le norme sulla caccia, sulla fauna selvatica, sulla biodiversità, sulla conservazione della flora selvatica e sulle aree protette, oltre a proteggere le specie in via di estinzione, sono volte a garantire l’approvvigionamento legale e sostenibile di flora e fauna da dedicare al commercio. Molte di queste normative prevedono il coinvolgimento attivo delle comunità indigene, utili ad esempio per capire lo stato di salute delle risorse naturali locali. Altri strumenti a disposizione sono l’istituzione di fondi dedicati, piani di gestione preventivi o ancora piani dedicati alla gestione del conflitto uomo-animale. La Fao, inoltre, ha sviluppato lo Human-wildlife conflict toolkit, uno strumento operativo dedicato alla risoluzione di questo tipo di conflitti. Secondo il Rapporto, la gestione delle risorse naturali presenta una serie di punti deboli su cui occorre lavorare nel prossimo futuro: ci si scontra spesso con una legislazione obsoleta, in cui mancano i collegamenti con il diritto commerciale o ancora peggio con la giustizia penale. I controlli sulla corretta capacità di gestione di flora e fauna sono spesso insufficienti, con pene troppo leggere anche in caso di reati gravi. In ultimo, mancano le risorse economiche necessarie ai governi centrali e locali per amministrare in maniera sostenibile le risorse naturali.

Discorso diverso, invece, per quanto riguarda le regole commerciali sulle quali sono le autorità doganali a giocare un ruolo determinante. Il loro compito è quello di regolamentare le attività commerciali, facilitando gli scambi senza rinunciare alla sicurezza. Le autorità doganali sono affiancate dalle istituzioni scientifiche, fondamentali nel consigliare correttamente come gestire le risorse naturali, come implementare le leggi di emanazione Cites, come garantire la sopravvivenza delle specie commerciabili e sulla possibilità di bloccare le esportazioni di determinate piante e animali.
Il volume d’affari generato dal commercio legale di animali selvatici e prodotti forestali rimane, comunque, superiore rispetto al commercio illegale. Secondo il rapporto dell’Interpol del 2016 “Uncovering the risks of corruption in the forestry sector” il disboscamento illegale è fermo al 15-30% a livello globale. Lo stesso Rapporto però afferma che nei Paesi tropicali, le attività illecite rappresentano il 50-90% delle attività forestali. Per far fronte a questo fenomeno, negli ultimi anni sono state redatte una quantità crescente di normative dedicate principalmente alla prevenzione dell’importazione illegale di legname e all’attuazione dell’accordo internazionale Cites.
Tra gli strumenti a disposizione delle autorità doganali si trovano i regolamenti emanati dalla Cites, che tra i criteri minimi vincolanti impone: l’individuazione di un management e di una direzione scientifica, il divieto di commercio di tutte le specie elencate nella convenzione (circa 35mila), sanzioni in caso di commercio e possesso illegale e l’autorizzazione a confiscare esemplari illegalmente posseduti o trattati.
Tra le lacune emerse nell’analisi delle regole commerciali, il Rapporto sottolinea la mancanza di decreti attuativi o di regolamenti in grado di rendere operative le leggi internazionali, l’assenza di disposizioni che modifichino in tempi brevi la legislazione in risposta all’evoluzione del trattato Cites, carenze legislative che regolamentino lo smaltimento di esemplari confiscati e penalità obsolete o non proporzionate per il commercio e il possesso illegale.

L’ultimo aspetto affrontato dal Rapporto riguarda la prevenzione della criminalità, garantita, dal punto di vista istituzionale, dalla polizia, dalla dogana e da organi come la magistratura. Alcuni codici penali contengono reati e sanzioni ambientali generali, che possono comprendere il commercio e il possesso illegale di animali selvatici e prodotti forestali. Molti strumenti operativi sono contenuti nella Convenzione delle Nazioni unite contro la criminalità organizzata transnazionale (Untoc), nella Convenzione delle Nazioni unite contro la corruzione (Uncac) e nel Consorzio internazionale per la lotta alla criminalità della fauna selvatica, Iccwc.
L’assenza di atto criminale per i reati connessi al commercio o al possesso di animali selvatici e forestali, l’assenza di reato per il favoreggiamento e la mancanza di pene esemplari in caso di reiterazione di reato, sono le principale lacune evidenziate dal Rapporto nell’affrontare l’aspetto della prevenzione alla criminalità.
Nei prossimi anni, conclude il Rapporto, sarà fondamentale sviluppare una maggiore informazione relativa alle istituzioni e agli strumenti esistenti per contrastare il commercio illegale. Maggiore consapevolezza e utilizzo di una terminologia comune e coerente garantirebbero una migliore comprensione e cooperazione tra le istituzioni che affrontano questo tema.

 

di Tommaso Tautonico

lunedì 25 febbraio 2019

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