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Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell'ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica

Dagli ultimi dati aggiornati al 2021, risulta che sulle otto milioni conosciute, un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione. L'attività antropica ha velocizzato di mille volte il tasso naturale di estinzione. Continua il declino della biodiversità italiana a causa di problemi irrisolti, come il degrado e il consumo del suolo. 

Notizie

L’Ue è il secondo importatore di “deforestazione incorporata” dopo la Cina

Un dossier del Wwf dimostra che l’Europa è tra i maggiori responsabili dell'importazione di prodotti che causano la deforestazione tropicale e la distruzione di altri ecosistemi naturali. Italia seconda tra le economie Ue.   20/04/21

I Paesi dell’Unione europea, a causa dell’importazione di prodotti come soia, olio di palma, carne bovina, cacao, caffè e legno, sono tra i maggiori responsabili della deforestazione tropicale e della distruzione di ecosistemi come praterie, savane e zone umide, per un totale di 203 mila ettari di terreni naturali compromessi e 116 milioni di tonnellate di CO2 emesse tra il 2005 e il 2017. 

È quanto afferma il rapporto pubblicato il 14 aprile dal Wwf dal titolo Stepping up: the continuing impact of Eu consumption on nature”, che rivela le nefaste conseguenze della cosiddetta “deforestazione incorporata”, che si realizza attraverso beni importati, sugli ecosistemi tropicali e subtropicali in America centro meridionale, Africa e Sud-est asiatico. Basato su dati e approfondimenti realizzati dallo Stockholm environment institute (Sei) e sulle analisi del Transparency for sustainable economies-trase, il dossier mostra che otto economie Ue, tra cui, in ordine, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna (ancora inclusa nel conteggio), Paesi Bassi, Francia, Belgio e Polonia, hanno generato da sole l’80% della deforestazione collegata alle importazioni europee dai Paesi tropicali.

Le zone più colpite da questo fenomeno, per l’importazione di soia e carne bovina, sono il Cerrado e l’Amazzonia in Brasile e il Chaco in Paraguay e in Argentina, per il cacao l’Africa centrale, e per l’olio di palma l’Indonesia, la Malesia e Papua Nuova Guinea. Dopo essere stato per anni il primo importatore di deforestazione, nel 2017 l’Unione europea è stata responsabile del 16% della deforestazione internazionale, cedendo il primo posto alla Cina (24%), seguita al terzo posto da India (9%), Stati Uniti (7%) e Giappone (5%).

Oltre alle foreste, spiega il dossier, il fenomeno riguarda anche altri ecosistemi naturali, come praterie, zone umide e savane, ricche di biodiversità e punti di riferimento per le comunità locali, distrutte a causa dello sfruttamento agricolo. Anche con la deforestazione a zero, si prevede, infatti, che sette milioni di ettari di terreno in Paraguay, 10,5 milioni in Argentina e 88 milioni in Brasile potrebbero essere distrutti dall’avanzare dell’agricoltura.

“L’espansione dell’agricoltura nelle regioni tropicali” - si legge nel dossier - “è la più grande minaccia per le foreste e per gli altri ecosistemi naturali, responsabile globalmente della deforestazione di cinque milioni di ettari di foreste in terreni agricoli tra il 2005 e il 2017”.

La responsabilità di questo fenomeno non è esclusiva dei Paesi produttori, ma anche di quelli importatori: le legislazioni dei Paesi venditori, infatti, non sono sufficienti per proteggere gli ecosistemi naturali e i mercati globali esercitano una pressione crescente sulle aree intatte, creando nuove frontiere di conversione.

“Sebbene l’Unione europea si sia impegnata a fermare la deforestazione entro il 2020” - prosegue il Rapporto - “e sebbene il 2020 sia passato, siamo lontani dal raggiungimento di questo obiettivo. L’Ue continua a guidare la distruzione di foreste e altri ecosistemi attraverso il consumo di merci”.

Per questo, il Wwf propone una legislazione per fermare la distruzione delle foreste e di altri ecosistemi, che prevede otto punti fondamentali:

  1. I prodotti e le materie prime introdotti nel territorio europeo devono risultare sostenibili, oltre a essere stati prodotti legalmente in base alle leggi del Paese d’origine.
  2. Il campo di applicazione della legislazione dell’Ue deve comprendere anche la conversione e il degrado degli altri ecosistemi naturali, oltre alla deforestazione.
  3. La nuova legislazione, sulla base di criteri oggettivi e scientifici, deve riguardare sia le materie prime che le loro trasformazioni potenzialmente legate alla conversione o al degrado delle foreste e degli ecosistemi naturali.
  4. Nessuna violazione dei diritti umani deve essere legata alla raccolta o alla produzione di materie prime immesse sul mercato Ue.
  5. Servono requisiti obbligatori per le imprese e per il settore finanziario, al fine di garantire la due diligence, ossia l’attività di verifica economica e patrimoniale di un’azienda, la tracciabilità delle materie prime e la trasparenza della catena di approvvigionamento.
  6. Devono essere fornite definizioni chiare dei termini e dei concetti utilizzati nella legislazione.
  7. La nuova legislazione deve essere applicata e fatta rispettare rigorosamente in tutti gli Stati membri dell'Ue, con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
  8. La normativa deve prevedere altre misure, aggiuntive e complementari, per affrontare la distruzione e il degrado delle foreste e di altri ecosistemi naturali.

di Viola Brancatella

 

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martedì 20 aprile 2021

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