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Aumentano gli omicidi di attivisti per i diritti umani, giornalisti o sindacalisti: tra gennaio e ottobre 2018, in 41 Paesi ne sono stati uccisi 397. Peggiora sensibilmente la situazione italiana, dovuta soprattutto a un aumento del sovraffollamento delle carceri (114 detenuti per 100 posti disponibili nel 2017). A livello regionale, la maggior parte delle variazioni negative si registrano nel Nord e nel Centro Italia, mentre nel Sud questa tendenza è invertita.

Notizie

World happiness report 2017: Norvegia la più felice, all'Italia il 48° posto

Per la Giornata Mondiale della Felicità, il Sdsn ha stilato una classica, sottolineando come non si tratti solo di reddito. Tra i temi approfonditi: il ruolo di un tessuto sociale solidale e l'ambiente sul posto di lavoro.

Cura, libertà, generosità, onestà, salute, giusto reddito e buon governo: ecco la ricetta della felicità che vede al primo posto in classifica mondiale del World happiness report 2017 la Norvegia. All'Italia solo il 48° posto, per il secondo anno subito sotto l'Uzbekistan.

Ma cosa rende il Paese scandinavo il miglior posto dove vivere al mondo, almeno a detta dei suoi abitanti? Sicuramente a pesare non deve essere un clima mite, se proprio i primi tre classificati, Norvegia, Danimarca e Islanda, vedono per gran parte dell'anno solo nevi e ghiacci.

In occasione della Giornata Mondiale della Felicità, la relazione pubblicata dal Sustainable Development Solutions Network, Sdsn, sottolinea come non si tratti solo di una questione economica ma a creare la felicità ci siano anche altre importanti variabili. Anche per questo tra i temi approfonditi c'è la correlazione e l'importanza di un tessuto sociale solidale e in genere di buone relazioni personali, così come viene presa in esame la felicità sul posto di lavoro e la sua organizzazione.

Le sei variabili considerate in questa quinta edizione per spiegare le differenze di felicità tra i Paesi e nel corso del tempo sono state reddito, aspettativa di vita sana, cure sufficienti, generosità, libertà e fiducia, misurando queste ultime due con la relativa assenza di corruzione nel mondo politico e imprenditoriale.

La percezione della felicità da parte dei cittadini del Pianeta non è cambiata molto rispetto alla classifica stilata l'anno precedente: la Norvegia si posizionava al quarto posto e i dieci Paesi in cima alla lista su 155 presi in considerazione sono esattamente gli stessi.

Tra Norvegia, Danimarca, Islanda, Svizzera, Finlandia, l'Olanda, il Canada, Nuova Zelanda, l'Australia e Svezia lo scarto nei risultati è minimo: cambia l'ordine ma i nomi restano gli stessi. E l'Italia? Il Belpaese avanza lentamente guadagnando due posti rispetto al 2015, quando era 50esima. Una lieve recessione tocca gli Stati Uniti, che scivolano al 14° posto, perdendo una posizione.

Drammaticamente ultimi in graduatoria Haiti, Yemen, Sud Sudan, Liberia, Guinea, Togo, Rwanda, Siria, Tanzania, Burundi e a Repubblica Centroafricana: su questi dieci Paesi, otto sono africani.

Condotta e coordinata da John Helliwell, Richard Layard e Jeffrey Sachs, la ricerca, che ha visto da quest'anno il supporto finanziario della Ernesto Illy Foundation, si è concentrata anche sulla situazione di Cina e Africa. Richard Easterlin, un pioniere degli studi di economici legati alla felicità attivo da oltre 40 anni, ha scoperto che nell'ultimo quarto di secolo, dal 1990 al 2005, la percezione della propria condizione da parte dei cittadini cinesi non è cambiata ma anzi è rimasta fissa sugli stessi valori.

Allo stesso tempo il capitolo dedicato all'Africa a firma di Valerie Moller descrive un quadro molto diverso a causa dell'ampio spettro di situazioni disparate tra loro. Purtroppo non spesso, anzi raramente, le risposte dei cittadini africani fanno sperare in un quadro migliore nei prossimi anni.

Ma a colpire maggiormente è forse il dato secondo cui l'80% del divario nella distribuzione della felicità è all'interno dei Paesi stessi. Nelle comunità più benestanti, infatti, questa diseguaglianza non può essere spiegata solo dalla differenza nei redditi ma anche in termini di salute mentale e fisica e nella bontà delle relazioni personali: "La causa più importante della miseria nei Paesi ricchi è la malattia mentale", sottolinea il professor Layard.

di Elis Viettone

lunedì 20 marzo 2017

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