Approfondimenti
Battuta di arresto del Pnrr sulla parità di genere
di Dora Iacobelli, coordinatrice Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5
Il tema dell’inserimento della certificazione della parità di genere tra i criteri premiali dei bandi pubblici non può essere archiviato. La risposta alle difficoltà delle imprese deve essere soprattutto nell’accompagnamento.
10 febbraio 2023
Al momento della sua approvazione, tra gli aspetti qualificanti dell’impostazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato senza dubbio considerato il fatto di aver indicato l’obiettivo della parità di genere come trasversale a tutte le misure previste, insieme all’attenzione alle giovani generazioni e a quella ai territori, in sintonia con il Next Generation Eu.
Il Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 5 “Parità di genere” aveva, quindi, indicato come tema prioritario a cui porre attenzione nel 2023 proprio il monitoraggio del Pnrr e delle misure in esso previste per favorire la parità di genere, in primo luogo la certificazione di genere.
Incredibilmente ci troviamo ad assistere in questi giorni alla messa in discussione proprio di una delle misure più innovative in tema di strumenti per favorire lo sviluppo di una cultura di genere nelle imprese: l’attribuzione di una premialità per la partecipazione ai Bandi pubblici collegata al requisito della certificazione di genere.
La certificazione di genere è stata introdotta con la legge 162/2021 che ha modificato il Codice delle Pari Opportunità con l’introduzione dell’art.46 bis che prevede appunto tale attestazione. Con decreto del Dipartimento Pari Opportunità del 29 aprile 2022, poi, sono stati definiti i parametri minimi per ottenere la certificazione come da prassi UNI /PdR 125/2022, pubblicata il 16 marzo 2022.
Ci si domanda il senso di questa marcia indietro, pur riconoscendo la difficoltà di molte imprese a raggiungere i parametri minimi per la certificazione. A queste difficoltà non si può rispondere ignorando l’arretratezza in cui versa larga parte del sistema produttivo italiano quanto a politiche per l’uguaglianza di genere. A queste difficoltà si può rispondere attraverso deroghe giustificate, in parte già previste nelle linee guida per la certificazione, ma soprattutto promuovendo forme di accompagnamento alle imprese.
Non ci sembra lungimirante rinunciare a qualificare la nuova normativa pubblica nella direzione di una valorizzazione del contributo delle donne, spingendo con la premialità un processo di crescita delle imprese che sarebbe troppo lento, se lasciato alla spontaneità, nella logica di colmare l’ancora troppo rilevante gap di genere del nostro Paese.
Perché prevedere la certificazione di genere nelle imprese che partecipano ai bandi pubblici vuol dire promuovere governance equilibrata per genere, crescita delle competenze e formazione per le donne, costruzione di percorsi di carriera, equità nelle retribuzioni, welfare aziendale per la tutela della genitorialità e per la condivisione dei carichi di cura tra uomini e donne.
Escluderla, quindi, non è un dettaglio, come la presidente dell’ASviS Marcella Mallen ha detto alla conferenza stampa tenutasi lo scorso 7 febbraio alla Camera e promossa dalle Contemporanee, non può essere archiviata come un tema burocratico, perché in discussione è la priorità che l’eguaglianza di genere riveste per la ripresa e lo sviluppo del Paese.
Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.