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Papà, non mammo: riformare i congedi parentali per una cura familiare condivisa
Secondo lo studio di WeWorld, in Italia il 76,2% del lavoro di cura non retribuito è svolto da donne e la quota di donne che hanno lasciato il lavoro dopo la nascita dei figli è cinque volte superiore rispetto a quella degli uomini. 6//22
In Italia la perdita di lungo periodo nei salari annuali delle madri determinata dalla nascita di un figlio è del 53% e tra il 2017 e il 2020 il 79,5% di coloro che hanno usufruito dei congedi parentali sono donne.
A diffondere questi dati è il rapporto “Papà, non mammo. Riformare i congedi di paternità e parentali per una cultura della condivisione della cura”, pubblicato da WeWorld Onlus con la collaborazione di Ipsos, che ha l’obiettivo di misurare l’uso dei congedi di maternità, paternità e parentali, sondare la conoscenza che i genitori hanno di questi istituti e indagare il livello di soddisfazione circa l’attuale normativa sui congedi e le eventuali difficoltà nella fruizione degli stessi.
Nel Rapporto, diffuso il 19 maggio, sono raccolti i risultati del sondaggio “I congedi genitoriali: conoscenza, esperienza e opinioni dei genitori in Italia”, effettuato su un campione composto dal 49% di uomini e 51% di donne, di cui il 41% proveniente dal Nord Italia, il 18% dal Centro e il 41% dal Sud; di età compresa tra i 18 e i 34 anni al 32%, 35-44 anni al 50% e 45-64 anni al 18%; di cui il 60% di occupati, il 40% di disoccupati, l’81% non laureati e il 19% laureati.
Il livello di conoscenza relativa dei congedi genitoriali.
- In totale, solo il 37% dei/delle rispondenti sa che il congedo di paternità (attualmente di dieci giorni più uno facoltativo se la madre rinuncia a un giorno di congedo retribuiti al 100%) è obbligatorio (il 40% tra i padri e il 35% tra le madri) e la quota sale tra i giovani padri (18-34 anni), arrivando al 45%;
- guardando alla retribuzione, sette genitori su dieci sono a conoscenza del fatto che il congedo di paternità venga retribuito per tutta la sua durata, però, più di sei genitori su dieci, pensano che il periodo di congedo di paternità preveda una retribuzione minore dell’80% dello stipendio (che invece prevede una retribuzione pari al 100%) e, rispetto all’attuale durata del congedo di paternità, solo il 22% degli intervistati/e sa che attualmente il congedo di paternità ha una durata di 10 giorni (il 25% dei padri, contro il 18% delle madri);
- solo un genitore su cinque sa che attualmente il congedo di paternità ha una durata di dieci giorni;
- un genitore su quattro sa che i congedi parentali (validi per entrambi in genitori anche contemporaneamente per un massimo di sei mesi continuativi o frazionati) sono retribuiti al 30%;
- un genitore su quattro pensa che i congedi parentali possano essere utilizzati solo da uno dei due genitori a scelta.
L’uso dei congedi e le relative motivazioni.
- La quota di donne che hanno lasciato il lavoro dopo la nascita dei figli/e è cinque volte superiore a quella degli uomini: il 25% contro il 5%;
- tre padri su dieci dichiarano che l’arrivo dei figli/e non ha comportato alcuna conseguenza sulla vita lavorativa e più di quattro su dieci affermano di aver organizzato meglio il proprio impegno sul lavoro;
- il 14% dei padri dichiara di aver ridimensionato la carriera, quota che sale al 20% tra le donne attualmente occupate;
- la quota di donne che dall’arrivo dei figli/e non hanno mai iniziato a lavorare è tre volte superiore a quella degli uomini: il 15% contro il 5%;
- l’uso del congedo di paternità è diffuso soprattutto tra i padri più giovani: sono sei su dieci a farvi ricorso;
- un padre lavoratore su quattro dichiara di non aver usufruito del congedo di paternità perché non voleva prenderlo;
- quando entrambi i genitori lavorano, le madri utilizzano il congedo parentale in misura maggiore o esclusiva in sei casi su dieci, mentre i padri in poco più di un caso su dieci;
- quando entrambi i genitori lavorano, una coppia su quattro rinuncia a utilizzare il congedo parentale.
Opinioni relative alle caratteristiche degli attuali congedi genitoriali. Sei padri su dieci pensano che l’attuale congedo di paternità sia breve e sei padri su dieci e sette madri su dieci pensano che il congedo parentale sia poco retribuito.
Opinioni sulla paternità.
- Sei padri su dieci e sette madri su dieci vorrebbero un congedo per i padri di almeno due mesi;
- in media i genitori pensano che il congedo parentale dovrebbe essere retribuito ad almeno il 45% dello stipendio (contro il 30% attuale);
- nove padri su dieci ritengono che un papà che decide di prendere il congedo per occuparsi dei figli/e vada difeso e supportato; che un’azienda che decide di pagare parte di congedo di paternità ai padri sia all’avanguardia; e infine, che un papà che può permettersi di prendere il congedo per occuparsi dei figli/e sia fortunato.
Opinioni sugli attuali congedi genitoriali.
- Per il 61% dei padri intervistati è necessaria l’obbligatorietà per entrambi i congedi, mentre il 26% la considera necessaria solo per quello di maternità;
- il congedo dovrebbe durare almeno quattro mesi per il 37% dei padri; almeno due mesi per il 64% dei padri e per il 28% almeno sei mesi;
- tra le madri, il 73% vorrebbe un congedo per i padri di almeno due mesi (quota che sale all’81% nella fascia 45-64 anni e al 77% tra chi ha figli/e con più di sei anni) e il 54% indica almeno quattro mesi come durata ideale, mentre il 41% preferirebbe un congedo di almeno sei mesi.
L'indagine sull’uso dei congedi parentali, come riportato nel Rapporto, si collega alle richieste politiche di WeWorld contenute nel Policy Brief “Promuovere l’empowerment economico femminile attraverso i congedi di paternità e i congedi parentali per padri”, che insiste sulla necessità di potenziare questi due istituti e di allargare la platea dei beneficiari, con l’obiettivo economico di incrementare il lavoro femminile e bloccare la fuoriuscita dal mondo del lavoro da parte delle madri e col fine socio-culturale di superare la visione patriarcale della famiglia e dei tradizionali ruoli di genere che vedono la donna come caregiver naturale ed esclusiva (colei che si occupa della casa e dei figli/e) e l’uomo come esclusivo breadwinner (letteralmente “colui che porta il pane a casa”).
Riformare i congedi di paternità a parentali. Le donne svolgono dalle tre alle dieci volte più lavoro di cura non pagato degli uomini (State of the World’s Fathers, 2021) e, secondo l’Oil (2018), ogni giorno vengono dedicate 16,4 miliardi di ore al lavoro non retribuito per la cura e l’assistenza alla persona, di cui il 76,2% è svolto da donne.
“Per trasformare una società che finora si è dimostrata non-curante dei bisogni delle donne in una società che si prende cura in maniera condivisa - spiega il Rapporto - è necessario estendere e prolungare i congedi di paternità e parentali”.
Dalle analisi svolte nel Rapporto, emerge che la situazione attuale danneggia le possibilità economiche e l’autodeterminazione delle donne. In Italia, infatti, alla maternità è associata una forte perdita salariale per le donne, difficoltà di reinserirsi nel mercato del lavoro e minori possibilità di fare carriera. Tale effetto, conosciuto come child penalty o motherhood penalty, si traduce nella perdita di lungo periodo nei salari annuali per il 53% delle madri determinata dalla nascita di un figlio, di cui il 6% è dovuta alla riduzione del salario settimanale, l’11,5% dovuto al part-time e il 35,1% dovuto al minor numero di settimane retribuite (Inps, 2020).
Le proposte di WeWorld per favorire l’empowerment economico femminile e promuovere una cultura della condivisione dei compiti di cura e accudimento sono:
- estendere la durata del congedo obbligatorio di paternità da 10 giorni a tre mesi;
- introdurre un congedo parentale specifico e riservato alla madre e uno riservato al padre della durata di sei mesi da considerarsi diritto individuale e, quindi, non trasferibile da un genitore all’altro;
- estendere questi istituti a tutte le categorie di madri lavoratrici e padri lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici), prevedendo l’introduzione di soluzioni alternative, come sussidi o indennità, per lavoratori e lavoratrici autonome e liberi/e professionisti/e.
di Viola Brancatella