Approfondimenti
Il Capitale Naturale finanzia la crescita economica e sostiene lo sviluppo sociale
L’ormai indissolubile rapporto tra Capitale Naturale e crescita economica richiede l’uso di metodologie che contabilizzino anche lo sfruttamento delle risorse naturali. Solo in questo modo avremo piena coscienza del reale stato dello sviluppo dei Paesi.
Maggio-Giugno 2017
Negli ultimi 50 anni, l’intensa attività antropica ha cambiato profondamente e rapidamente lo stato di conservazione e di rigenerazione degli ecosistemi, contribuendo alla continua espansione del degrado ambientale che sta già determinando costi enormi anche per le attività economiche e sociali. Qualsiasi iniziativa che è ed è stata necessaria allo sviluppo e alla sussistenza delle società civili, ha comportato l’utilizzo e la riduzione del Capitale Naturale, e cioè “dell’intero stock di beni naturali (organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche) che contribuiscono a fornire beni e servizi per l’umanità e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati”(1).
I danni causati dal continuo sfruttamento delle risorse hanno avuto anche importanti implicazioni etiche nei confronti, in primo luogo, degli individui attualmente in vita, i cui mezzi di sussistenza (come il suolo e altre risorse naturali) sono stati logorati o contaminati, mettendo in pericolo la loro stessa sopravvivenza. Le responsabilità del nostro comportamento insostenibile si riflettono, poi, anche sul benessere delle generazioni future a cui si dovrebbe garantire il diritto di un’eredità, nella forma di lascito di capitale naturale, fisico e umano, in modo che possano raggiungere un livello di benessere almeno non inferiore a quello goduto dalla generazione precedente.
Proprio per la crescente consapevolezza dell’importanza del capitale naturale per il benessere di tutta la popolazione umana, l’Agenda 2030 dell’Onu dedica tre Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs nell’acronimo inglese) alla tutela e al ripristino degli ecosistemi marini e terrestri e del ciclo dell’acqua, fondamentale per la vita in sé. Gli obiettivi a cui ci si riferisce sono il 6 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”, il 14 “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile” e il 15 “Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica”.
Durante il Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso da ASviS, nella gran parte degli eventi è stata studiata, sottolineata e comunicata la connessione, sempre più evidente, tra capitale naturale e benessere economico e sociale. Molte di queste iniziative si sono concentrate esclusivamente sugli Obiettivi sopracitati, mettendo sul piatto delle discussioni metodi di valutazione dei danni ambientali (anche in termini economici) e risoluzioni concrete in via progettuale o già in atto. È ritenuto sempre più essenziale, infatti, effettuare una valutazione economica delle risorse utilizzate per permettere di verificare che il bilancio dello sviluppo di un Paese sia quanto più completo e rappresentativo anche dello stato del territorio e delle risorse naturali.
L’Università degli Studi di Udine ha utilizzato queste considerazioni come centro di discussione della propria conferenza che si è tenuta a Udine il 5 giugno e che ha avuto come titolo: “La valutazione economica del Capitale Naturale: esperienze nazionali e locali”. L’iniziativa è stata incentrata “sull’esposizione di una serie di esperienze nazionali e locali che hanno messo in luce i forti legami esistenti tra stato dell'ambiente, benessere sociale e prospettive economiche”, come si legge dal documento di sintesi di fine evento. Il convegno è stato aperto dal professor Francesco Marangon che “ha messo in luce le necessità che stanno alla base della valutazione economica del capitale naturale, le quali, anziché condurre alla ‘mercificazione’ delle risorse ambientali, consentono di tenere nella dovuta considerazione i benefici apportati alla collettività da queste ultime”.
Il primo esempio di modello di valutazione economica del capitale naturale è stato presentato dal dottor Simone Libralato dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste. Nel suo studio “ha dimostrato come un modello di sintesi delle informazioni biologiche, ambientali e delle attività di pesca consenta di rappresentare le dinamiche dell'ecosistema e delle sue risorse (dal plancton ai mammiferi marini) nell'ultimo decennio”. Il modello è stato applicato per valutare l'effetto dell'introduzione di norme gestionali della pesca (come la normativa EU 1380/2013) sull’ecosistema del Golfo di Trieste ed ha rivelato scenari di adattamento alla normativa che consentono di compensare le modifiche del capitale naturale ma non di contrastare gli effetti negativi sul settore della pesca nel Golfo di Trieste.
L’intervento della dottoressa Donata Canu (Ogs) ha riguardato in maniera più approfondita la contabilizzazione del capitale naturale e dei Servizi Ecosistemici (SE). Gli esempi di valutazione dei SE presentati sono stati:
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la valutazione di due servizi forniti da habitat marini sommersi, il coralligeno e il posidonieto, partendo da un approccio basato sulle preferenze;
- la “carbon sequestration” nel Mediterraneo, la cui valutazione si è basata sui risultati di un modello biogeochimico dinamico nel tempo e nello spazio, ed una valutazione diretta di mercato.
Il dottor Maurizio Spoto ha esposto, invece, il caso locale dell’Area Marina Protetta (Amp) di Miramare, in cui è stato calcolato a fronte di un investimento di circa 300mila euro del Mattm per la tutela delle risorse naturali, i benefici ambientali ed economici hanno raggiunto un rendimento da 10 a 30 volte maggiore, affermando che investire nella Natura e nel Mare conviene. La dottoressa Francesca Visintin di eFrame srl ha presentato i risultati dell’applicazione del modello di contabilità ambientale sulla stessa area, affermando che “i risultati provvisori evidenziano che a fronte di un euro di contributo pubblico, l’Amp è in grado di restituire alla comunità almeno nove euro in termini di benefici economici, ambientali e sociali”.
Esistono differenti metodologie di valutazione e stima dei danni ambientali. Una di queste è il calcolo dell’Impronta Ecologica che è stata utilizzata, ad esempio, per calcolare l’impatto ambientale del Distretto Industriale del Mobile Livenza, in provincia di Pordenone. Lo scopo è quello di implementare un sistema di calcolo per valutare l’impatto ambientale del Distretto, nell’ottica del rinnovo della registrazione Emas. I risultati dello studio sono stati presentati presso l’Università degli Studi di Udine durante il Convegno del 24 maggio “Iniziative di salvaguardia ambientale nella regione Friuli Venezia Giulia”. In questa sede “i relatori hanno portato all’attenzione dei presenti le azioni messe in campo dalle istituzioni che rappresentano, per favorire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”. Ad esempio, “il Comune di Udine è coinvolto già da tempo a implementare il bike sharing a favore di una mobilità sempre più sostenibile e di fatto gratuita per il cittadino, Arpa Fvg mette a disposizione delle aziende un’attività di sportello che le aiuti a iniziare o implementare il loro percorso verso una miglior sostenibilità ambientale. Sempre Arpa segue quelle strutture ricettive, tre per ora in regione, che hanno ottenuto l’etichetta Ecolabel, e c’è chi sempre in Arpa Fvg si occupa di educazione ambientale rivolta ai giovani, ma non solo, e lo fa attraverso incontri, seminari, convegni e video espliciti con cui comunicare e insegnare buone pratiche ambientali, anche nell’ottica dell’economia circolare.
Due eventi sono stati dedicati alla condivisione di buone pratiche di utilizzo sostenibile delle risorse idriche attuabili a livello locale.
La conferenza “I tre anni della Casetta dell’acqua in Statale. Dati e riflessioni sul consumo sostenibile dell’acqua” è stata organizzata dall’Università degli Studi di Milano il 30 maggio ed ha visto la partecipazione attiva del pubblico da cui sono emersi alcuni punti riguardanti soprattutto le acque destinate al consumo umano:
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“Caratterizzazione microbiologica e analisi chimica delle acque destinate al consumo umano sono fondamentali per la tutela della salute pubblica. In Italia (e in Europa) l’applicazione della direttiva 98/83/CE garantisce controlli e acqua di buona qualità.
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In molte parti del mondo non è così, molto si può e si deve fare per garantire acqua potabile a tutti.
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Il disinquinamento delle acque e la lotta allo spreco di acqua sono fra gli obiettivi fondamentali per uno sviluppo sostenibile, si sta facendo molto e ci sono margini per migliorare.
- L’installazione della Casetta dell’acqua di Città Studi in una sede universitaria a Milano è risultata una esperienza altamente positiva dal punto di vista economico, ambientale e di educazione alla sostenibilità”.
Lo stesso giorno l’Università degli Studi di Parma ha tenuto la conferenza “Il ruolo dell’acqua nell'Agenda 2030” in cui il dottor Antonio Bodini “illustra un progetto, sviluppato in collaborazione tra l'Università di Parma e la società Emiliambiente che è il polo di gestione del servizio idrico della Bassa Parmense, per dimostrare come si possa sviluppare maggior sostenibilità in una società cercando di ridurre, anche se non si può dire minimizzare, lo spreco di acqua”. Secondo il ricercatore, la sola pubblicizzazione della risorsa idrica non basterebbe ad evitarne lo spreco “perché se il suo utilizzo non è gestito con rigore il gioco non vale la candela – e riprende – l'acqua dovrebbe essere pagata da ciascuno per il suo corrispettivo, bisognerebbe avere un livello minimo garantito per tutti, quindi chi consuma di più paga di più, dovrebbero essere efficientati i sistemi di distribuzione, aumentata l'efficienza della depurazione, limitati i consumi con una gestione compartecipata”.
La tutela dell’ambiente, come ribadito precedentemente, si integra con la difesa del diritto umano ad una vita ugualmente dignitosa per ogni singola persona vivente su queste pianeta. E questo concetto è espresso chiaramente nell’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco in cui si legge ”Quando parliamo di ‘ambiente’ facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati”(2). Questa definizione è alla base dell’idea di Ecologia integrale auspicata da Bergoglio, sui cui l’Università degli Studi di Parma ha dedicato la conferenza “Laudato sì: le potenzialità dell'ecologia integrale” del 7 giugno. Nel comunicato stampa, in cui sono stata raccolte le riflessioni di Padre Giacomo Costa emerse durante l’evento, si legge: “Un ottimo approccio per cercare di comprendere meglio non solo l'Enciclica ma anche la situazione e per affrontarla al meglio sarebbe quella di non vedere il problema come una sfera in cui tutte le parti sono equidistanti dal centro, e quindi non esiste differenza, bensì come un poliedro poiché rappresenta il confluire di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità, cogliendo la sfida di costruire dei legami tra cose molto diverse e così bisogna fare anche nella società per non allontanare nessuno. Credo che questo paragone sia molto importante per capire anche che non bisogna pensarla tutti allo stesso modo, ma l'importante sarebbe capire come costruire un modo in cui stare bene insieme e come le diverse posizioni o visioni possano aiutare a stare bene gli uni con gli altri”.
Possono far riflettere molto sullo stretto rapporto tra uomo e natura, gli effetti del fenomeno sismico di Macerata dello scorso anno. I profondi squilibri ambientali hanno causato non solo la perdita di benessere delle società colpite, ma la vita stessa delle persone coinvolte. Perseguire e promuovere uno sviluppo sostenibile comincia ad avere, quindi, una connotazione di sopravvivenza della specie umana, nonché di resilienza. Queste sono state anche le riflessioni del convegno “Aree interne e costruzioni strategiche di sviluppo sostenibile locale” promosso dall’Arci Macerata, durante il quale Franco Ferroni di WWF Italia ha sostenuto che “I principi dell’Agenda sono declinati su programmi specifici che le amministrazioni locali possono e devono rendere attuabili nelle singole realtà, oltre che nel quadro generale nazionale. La sostenibilità ambientale non può scollegarsi da quella sociale ed economica. La prossima sfida sarà ricostruire il senso di comunità e non le case, e per far questo occorre una nuova cultura, ascolto e solidarietà (unione pubblico e privato)”.
A livello globale, il ripristino del capitale naturale per la riqualificazione di aree danneggiate può essere utilizzato come strumento di cooperazione internazionale. Un esempio di chi si è mosso in tal senso è stato presentato al convegno del 1 giugno all’Università di Udine “Tutela della biodiversità e cooperazione allo sviluppo: le butterfly farms tropicali nei Paesi in via di Sviluppo”. All’evento sono state presentate alcune buone pratiche della cooperazione allo sviluppo. Marco Iob ha presentato le attività brasiliane del Centro di Volontariato Internazionale di Udine, dove una “adozione di varietà agrarie e pratiche colturali più adatte al contesto pedoclimatico ha permesso, in circa quindici anni, il recupero del paesaggio originario, il contrasto all’erosione ed il miglioramento del sistema idrico, garantendo al contempo un’adeguata formazione alle popolazioni locali, le quali hanno oggi accesso a nuove e più stabili fonti di reddito provenienti dal nuovo modello agrario e dalla trasformazione dei prodotti”.
Francesco Barbieri, entomologo della cooperativa Farfalle nella Testa, ha esposto una riflessione “sui limiti della capacità portante dell’ambiente e le responsabilità dell’Uomo nella migliore gestione delle risorse”, presentando, infine, le iniziative promosse dalla cooperativa nei Paesi tropicali. “Farfalle nella testa gestisce e fornisce supporto a diverse serre tropicali italiane, per le quali provvede anche all’importazione di crisalidi di farfalle e larve di insetti, ed ha quindi deciso di rivolgersi unicamente a fornitori che garantiscano il rispetto dell’ambiente e delle specie locali”.
(1) Primo Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, Comitato per il Capitale Naturale
(2) Enciclica “Laudato sì”, Cap IV, 139