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Nel mondo, su otto miliardi di persone almeno un miliardo vive in povertà, e nel 2022 sono previsti 263milioni di nuovi poveri. Nel 2021 le famiglie italiane povere erano 1.960mila, mentre la povertà minorile assoluta ha colpito 1.382mila bambini.

Approfondimenti

Il lungo Mezzogiorno: il libro che ripercorre lo sviluppo meridionale dal 1966 al 2022

Di Annalisa Percoco, Centro studi sociali e del lavoro Basilicata

La recensione del libro di Giuseppe De Rita, che descrive l’evoluzione del percorso meridionalistico che ha segnato più di un secolo di vita italiana, dando voce a tre racconti che riflettono altrettanti differenti orientamenti culturali e politici.
2 luglio 2020

Un’antologia di testi che ripercorre lo sviluppo meridionale dal 1966 al 2002, con la passione di un narratore del territorio, come lo stesso Giuseppe De Rita, autore della raccolta, si definisce.

Si tratta, come chiarisce lo stesso autore in premessa, solo apparentemente di un’antologia, quanto piuttosto di un libro a tesi, che “racconta” tre letture, tre filosofie che hanno fatto cultura e storia del Mezzogiorno.

Filo rosso degli scritti la fiducia incondizionata di De Rita nel primato del sociale e del locale nella complessa dinamica dello sviluppo meridionale.

L’impegno e il lavoro sul Sud dell’autore sono stati fortemente connotati da questo imprinting, sviluppato con la frequentazione di Giorgio Sebregondi, convinto che lo sviluppo vada perseguito con interventi sul sociale e sulle popolazioni locali e di Padre Louis-Joseph Lebret, primo estensore della populorum progressio, secondo cui sono i processi di autocoscienza e di autopropulsione collettiva ad attivare lo sviluppo, e non gli interventi dall’alto.

I 14 scritti che danno sostanza al volume dimostrano come sia ancora opportuna la riflessione sul Mezzogiorno e necessario l’interesse costante ai suoi temi, ai suoi contenuti, ai suoi strumenti, con lo scopo ultimo di contribuire a creare un’opinione.

De Rita ripercorre oggi l’evoluzione del percorso meridionalistico che ha segnato più di un secolo di vita italiana, per scongiurare il rischio che stiamo correndo di un “Mezzogiorno che non si racconta più”.

E lo fa dando voce a tre racconti che riflettono altrettanti differenti orientamenti culturali e politici che hanno contrassegnato l’analisi e l’intervento nel Mezzogiorno.

Il primo racconto emerge con la scoperta della cosiddetta questione meridionale anche grazie alle grandi indagini parlamentari; un racconto, però, che si esaurisce con la sua grande fortuna letteraria degli anni del dopoguerra (Scotellaro, Levi, Dolci). Sul finire degli anni Cinquanta era già subentrato il secondo racconto, più moderno, centrato sulla cultura dello sviluppo e sull’intervento straordinario; racconto, questo, che inizia con la nascita della Svimez nel 1947 e si alimenta delle riflessioni e dell’impegno di Saraceno, Pescatore, Rossi-Doria, Campilli e altri ancora.

Centrale di questa stagione durata circa 25 anni è l’idea di uno Stato come soggetto principale dello sviluppo meridionale, cui è demandato, quindi, di eliminare, con il suo intervento, il grande dualismo di tutta la storia unitaria, quello tra Nord e Sud.

Sul finire degli anni Settanta emerge quella che De Rita definisce “una nuova responsabilità soggettuale” protagonista dello sviluppo meridionale, che pone fine alla visione unitaria di un Mezzogiorno in ritardo e attendista.

E’ dal “Mezzogiorno a macchia di leopardo”, in movimento, che trae origine il terzo racconto, di cui lo stesso De Rita si dice partecipe.

Il pensiero fondante questa terza stagione risulta di estrema attualità nell’interpretare anche l’attuale geografia del Mezzogiorno: lo sviluppo economico non è, e non può essere, prodotto di pochi operatori o di un soggetto generale (Stato, cassa per il Mezzogiorno, partecipazioni statali), lo sviluppo è frutto di popolo, di tanti soggetti diversi. Il processo di trasformazione e di movimento lento che ha investito il Mezzogiorno, certamente anche grazie all’intervento straordinario, è avvenuto “rasoterra”, incidendo sulla struttura e sulla mentalità, per dirla alla Braudel. Semmai, questo il suggerimento di De Rita, il Mezzogiorno va semplicemente lasciato crescere, aiutato a crescere.

La metafora del lamento e della protrazione dell’assistenzialismo per occuparsi di Mezzogiorno risulta, a seguito dell’esperienza dei Patti territoriali in particolare, assolutamente anacronistica alla luce della carica di vitalità, di intelligenza e di crescita nel Sud.

Il Mezzogiorno ha, in estrema sintesi, ancora una sua specificità culturale che va animata, pur consapevoli che all’interno del Mezzogiorno si contemplano tante aree differenti. E diventa, così, il modo di reinterpretare una zona del paese non tanto e non solo depressa, quanto, piuttosto, una zona con capacità e tempi di sviluppo diversi dagli altri: si tratta, in sostanza, di un fatto culturale.

Oggi “il Mezzogiorno che riappare” e che mostra segnali di vitalità è quello della società di mezzo e delle forze sociali, che possono, e devono, assumere la responsabilità di creare le condizioni perché la nuova imprenditoria cresca.

Questo il sentiero stretto dello sviluppo meridionale visto dall’angolo visuale delle nuove responsabilità.

Quale la prospettiva oggi? Quella di un’area territoriale che ricerca il modo per divenire comunità, e comunità relazionale, attraverso un processo di riscoperta del valore aggiunto di essere un territorio a potenziale competitivo endogeno, passando dall’essere “territorio senza” a luoghi e comunità per lo sviluppo.

Chi, a vario titolo, ha a cuore e si occupa oggi di Mezzogiorno deve tornare a “battere le vigne” e mettersi a scovare sul territorio mondi nuovi di iniziativa e di responsabilità politica e operativa, non tanto di sviluppo industriale ma di crescita della qualità della vita collettiva.

Le forze sociali, la dimensione intermedia sono il vero momento di sviluppo di una comunità, sia sul piano economico, sia sul piano civile.

Nella convinzione che, accanto al capitale e al lavoro, il territorio interpreti un ruolo di crescente protagonismo tra i fattori che convergono sulle potenzialità di sviluppo economico e sociale.

E’ da qui e da questo potenziale che occorre costruire, certificando la validità dell’intuizione sebregondiana del 1953 “per lo sviluppo ripartire sempre dal sociale, specialmente al Sud”.


Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti. 

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