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Otto regioni italiane con alti livelli di esclusione per donne e minori
Un minore su tre e quattro donne su dieci vivono in questi territori, risultati sufficienti solo in Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta. Le proposte di WeWorld per promuovere i loro diritti. 19/5/23
In cinque anni l’Italia ha guadagnato solo 0,2 punti nell’indice sintetico“Mai più invisibili” di WeWorld, che misura il livello di inclusione di donne e minori nelle 19 regioni italiane e nelle due province autonome di Bolzano e Trento. È il primo dato saliente emerso dalla terza edizione del monitoraggio del fenomeno in relazione alle politiche rivolte a queste due fasce di popolazione, i cui dati sono stati diffusi l’11 maggio a Napoli nell’ambito del Festival dello sviluppo sostenibile. L’organizzazione italiana, impegnata in 27 Paesi in attività a tutela dei diritti delle persone vulnerabili, attribuisce a ogni territorio un punteggio da 0 a 100 e, alla luce dello scenario, caratterizzato da criticità e divari territoriali, propone le azioni per politiche mirate e trasversali a donne e minori.
Un Paese impantanato nella “questione meridionale”
Dal 2018 al 2023 il punteggio medio delle regioni cresce da 55,6 a 55,8, mantenendo il Paese a un livello di inclusione “insufficiente”. Lo scenario è lo stesso di cinque anni fa: il Nord è sul podio, il Sud sta in fondo. Come nel 2018, la Provincia autonoma di Trento è prima con 67,3 punti, la Valle d’Aosta è seconda (65), la Provincia autonoma di Bolzano è terza (64,3). In terzultima posizione troviamo la Regione Campania (44), seguita dalla Puglia (43,8) e fanalino di coda, come nel 2018, la Basilicata (42,1). Guardando al trend generale, il Centro rimane stabile, il Nord-ovest è in peggioramento, mentre il Nord-est, il Sud e le isole registrano miglioramenti, ma non significativi.
Un minore su tre e quattro donne su dieci, sottolinea il Rapporto, vivono nelle otto regioni che complessivamente registrano un livello di esclusione “grave” o “molto grave”: Piemonte, Abruzzo, Molise, Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata. Complessivamente, si tratta di quasi 15 milioni di persone. Tuttavia in alcuni casi registrano dati migliori rispetto alle altre regioni. In sostanza, nessuna è in grado di garantire un livello di inclusione che si possa considerare “buono” o “molto buono”, precisa l’analisi.
I due grafici illustrano lo scenario per le due fasce di popolazione. Negli ultimi cinque anni il sottoindice delle donne cresce di soli 1,4 punti, mentre quello di bambine e bambini perde ben cinque punti.
Vediamo i dati salienti dell’analisi.
- Violenza su donne e minori. Solo nel 2022 sono stati registrati 125 casi di donne uccise. A livello regionale è la Liguria che registra il peggior dato (tasso 0,5/100mila abitanti).
- Povertà ed esclusione sociale. I minori a rischio sono oltre il 25%, un dato nazionale già allarmante e superato di gran lunga dalle regioni Campania (58,5%), Sardegna (45,18%) e Calabria (43,85). Invece il Piemonte, tra le regioni ad esclusione grave, registra un dato inferiore alla media (il 18%.)
- Educazione e competenze. Il tasso di abbandono scolastico in Sicilia è superiore di circa sette punti rispetto a quello nazionale. La Valle d’Aosta, la seconda regione in classifica, ha un dato superiore alla media del Paese e dell’area geografica di appartenenza (Nord-est 9,6%). La stessa regione registra le quote più basse del Paese, ma già significative, di studenti che non raggiungono livelli adeguati di competenze alfabetiche (27,50%) e numeriche (30,40%). A livello nazionale le donne impegnate in percorsi di istruzione e formazione sono appena il 10%, sebbene il dato sia aumento e quelle in possesso di una laurea non abbondano, il picco massimo è in Umbria con il 45%. Le competenze digitali elevate sono meno diffuse al Sud rispetto alla media nazionale del 22% (16-64 anni di età).
- Opportunità economiche. L’imprenditorialità femminile tocca il picco massimo in Molise con il 30% di donne titolari di un’impresa. La regione registra il miglior rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con figli e delle donne senza figli (93,1% contro il 73% del Paese). Sette regioni, in prevalenza nel Sud, sono sotto la media nazionale. L’Umbria primeggia per numero di posti nei servizi per la prima infanzia con 44 ogni 100 bambini, a fronte di una media di 27 posti. Otto regioni sono al di sotto del dato nazionale tra cui la Calabria e la Campania ferme a 11. Sopra la media è da segnalare il Piemonte (30), tra le regioni con livello di esclusione grave. In Puglia c’è il più ampio divario occupazionale tra donne e uomini con il 26% (media del 17,7%).
- Partecipazione. I comuni del Sud investono nelle iniziative culturali per bambini e adolescenti nemmeno 5 euro a persona, rispetto una media nazionale di 17, a sua volta irrisoria innanzi ai 55 euro a testa spesi dalla sola Bolzano. Sconfortante il miglior dato nel 2022 relativo al numero di bambini e adolescenti che hanno partecipato ad attività culturali fuori casa: sono il 12,30% nel Lazio. Infine, l’analisi rileva un peggioramento nella partecipazione politica delle donne, a eccezione delle isole dove si mantiene stabile, e del Nord-est.
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Le proposte di WeWorld
Considerato lo scenario, l’organizzazione sottolinea la necessità di adottare politiche che considerino l’intreccio tra i diritti di entrambi i gruppi. Vediamo gli aspetti principali.
- Empowerment economico femminile. Per favorire l’accesso al mercato del lavoro e la leadership delle donne occorre perfezionare la certificazione della parità di genere ampliando le aziende destinatarie, i requisiti richiesti, e mirare alla riduzione del divario retributivo. Inoltre è necessario integrare la prospettiva di genere nella progettazione delle politiche economiche.
- Educazione di qualità, prevenzione della povertà educativa e dispersione scolastica. Per contrastare il fenomeno dei giovani che non studiano, non si formano e non lavorano (“Neet”) può essere utile estendere l’istruzione obbligatoria dalla fascia d’età 6-16 anni a 3-18 anni e potenziare gli istituti tecnici-professionali; per lo sviluppo delle competenze e favorire comportamenti responsabili occorre far leva sugli insegnamenti di educazione civica, cittadinanza globale e digitale.
- Politiche del tempo. Tra le misure che mirano a conciliare la vita lavorativa e scolastica con la vita privata, l’analisi sollecita la realizzazione degli investimenti previsti dal Pnrr per una copertura omogenea dei servizi per la prima infanzia ad almeno il 60% come indicato dall’Unione europea; rimodulare gli orari scolastici ingresso-uscita e il tempo pieno. Occorre ridurre la durata delle vacanze estive per favorire l’inclusione e contrastare l’abbandono scolastico.
- Violenza contro le donne e violenza assistita su minori. Raddoppiare le risorse finanziarie previste per il Piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne e destinarne almeno il 20% nella prevenzione. Investire nella formazione delle figure che interagiscono con donne vittime di violenza e minori, potenziare i Centri per la famiglia e creare un sistema informativo sul fenomeno per la raccolta di dati capillari, aggiornati e accessibili.
- Cultura dell’uguaglianza di genere e contrasto agli stereotipi. Istituire nelle scuole di ogni ordine e grado percorsi obbligatori di educazione all’affettività e alla sessualità e introdurre nelle aziende percorsi di sensibilizzazione alla parità di genere. Usare un linguaggio inclusivo nell’informazione come previsto dalla Convenzione di Istanbul
- Promozione della partecipazione giovanile. Garantire, a tutti i livelli istituzionali, la concreta attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che sancisce il principio di partecipazione e rispetto per l’opinione di bambine, bambini e adolescenti, riconoscendo il loro diritto di essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano e, infine, valutare l’impatto intergenerazionale delle politiche in tutte le fasi.
Leggi Mai più invisibili 2023
di Antonella Zisa