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Rapporto Sdsn-Bertelsmann: “Il Covid-19 impatta su molti degli SDGs”
La Corea del Sud è stata la più efficiente tra i Paesi Ocse nella lotta al virus. Indice SDG dominato ancora da tre Stati nordici: Svezia, Danimarca e Finlandia. Italia 30esima. Progressi in tutto il mondo ma ancora insufficienti. 2/7/20
Il Sustainable development solutions network (Sdsn), diretto dall’economista Jeffrey Sachs, e la Fondazione Bertelsmann Stiftung hanno presentato, il primo luglio in diretta streaming, il Rapporto annuale sullo sviluppo sostenibile (Sustainable development report 2020) che quest’anno, oltre all’Indice che certifica i progressi dei Paesi verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, introduce un Indice relativo all’efficacia della risposta al Covid-19 di tutti i Paesi dell’Ocse, esclusi Cile, Colombia e Messico, dove il virus è comparso più tardi, e l’Islanda, a causa della mancanza di dati.
La relazione delinea i probabili impatti a breve termine del Covid-19 sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile, descrive come questi possano incoraggiare la ripresa, e traccia anche i progressi dei Paesi verso il raggiungimento degli SDGs. Dal suo lancio nel 2016, questo Rapporto annuale ha fornito i dati più aggiornati per tracciare e classificare le prestazioni di tutti gli Stati membri delle Nazioni unite.
È probabile che il Covid-19 abbia gravi effetti negativi a breve termine sulla maggior parte degli SDGs. Al di là degli impatti più diretti su povertà (Goal 1), fame (Goal 2), salute (Goal 3), economia (Goal 8) e multilateralismo (Goal 17), la pandemia potrebbe causare crescenti disuguaglianze, minando i progressi verso il raggiungimento del Goal 10. Sul Goal 5 (equità di genere), le prime analisi mostrano che le donne sono colpite in modo sproporzionato dalla crisi economica e sanitaria, per la loro maggiore esposizione alle perturbazioni del mercato del lavoro e l'aumento della violenza domestica derivante dai blocchi. Pesanti anche le conseguenze della chiusura delle scuole (Goal 4), in particolare per le popolazioni che sono scarsamente dotate di tecnologie digitali. La crisi influisce anche sulla governance di alcuni Stati e rischia di ledere alcune libertà consolidate (Goal 16). L’aspetto positivo è rappresentato dai ridotti impatti ambientali a seguito del blocco delle attività.
Come ha dichiarato Jeffrey Sachs in apertura dei lavori: “Gli SDGs sono più necessari che mai. I loro principi fondamentali di inclusione sociale, accesso universale ai servizi pubblici e cooperazione globale sono le indicazioni per combattere il Covid-19”.
I progressi sugli SDGs
Il Rapporto rileva che, tra il 2015 e il 2019, la comunità globale ha compiuto significativi progressi sugli SDGs, che variano tra regioni e Paesi. Come negli anni passati, nessun Paese è sulla buona strada per raggiungere gli Obiettivi, tant’è che Svezia, Danimarca e Finlandia, che continuano a guidare la classifica, debbono affrontare sfide significative in almeno uno degli obiettivi. L’Italia è 30esima, con lo stesso punteggio (77) del 2019. La situazione migliora per gli Obiettivi 6 (Acqua pultia e servizi igienico-sanitari), 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), 15 (Vita sulla terra) e 17 (Partnership per gli Obiettivi).
Dal 2015 il mondo ha registrato i progressi più rapidi verso gli Obiettivi 1 (Sconfiggere la povertà), 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture) e 11 (Città e comunità sostenibili). Al contrario, anche prima del Covid-19, molte aree del mondo erano indietro rispetto agli Obiettivi 2 (Sconfiggere la fame) e 15 (Vita sulla terra). Sull’Obiettivo 2 incidono l’aumento del numero di persone che soffrono di denutrizione, sovrappeso o obesità. Ed è probabile che il Covid-19 aumenterà insicurezza alimentare e malnutrizione, in particolare per le persone a basso reddito. La perdita di biodiversità e la deforestazione stanno influenzando, invece, i risultati del Goal 15.
Prima dello scoppio del Covid-19, i Paesi dell'Ocse non erano sulla buona strada per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Rispetto al resto del mondo, ottenevano risultati migliori in relazione agli obiettivi socioeconomici e all'accesso di base alle infrastrutture, oltre che nei Goal 1 (Sconfiggere la povertà), 3 (Salute e benessere), 6 (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari) e 7 (Energia pulita e accessibile). Tuttavia, registravano livelli scarsi per quanto concerne la vulnerabilità dei sistemi sanitari, come evidenziato dalla risposta all’epidemia, l’uguaglianza di genere (Goal 5), la lotta ai cambiamenti climatici (Goal 13) e gli ecosistemi marini (Goal 14).
I Paesi dell'Europa orientale e dell'Asia centrale ottengono le migliori prestazioni sui Goal 1 (Povertà) e 7 (Energia pulita). Rispetto ad altre regioni, il Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) si conferma problematico, a causa della corruzione elevata in alcuni Paesi e l’alta insicurezza. Richiedono un’attenzione politica urgente le questioni legate al clima (13) e alla protezione della biodiversità (15).
Nel complesso, i Paesi dell'Asia orientale e meridionale hanno registrato i maggiori progressi sul punteggio dell'indice SDG dall'adozione degli Obiettivi nel 2015. La maggior parte dei Paesi della regione ha anche gestito l'epidemia da Covid-19 in modo più efficace rispetto a altre parti del mondo.
I risultati in Medio Oriente e Nord Africa variano notevolmente. I conflitti in alcuni Paesi segnalano risultati in calo, in particolare sui Goal 2, 3 e 16. Gli Stati meno colpiti dai conflitti ottengono i risultati migliori sui Goal 1 (povertà) e 17 (cooperazione internazionale) Tuttavia, tutti i Paesi della regione affrontano sfide importanti in riferimento al Goal 2 a causa di denutrizione, obesità o problemi relativi all'agricoltura e all’uso sostenibile del suolo.
Notevoli i miglioramenti registrati, dal 2015, nei Paesi dell’Africa sub-sahariana, nonostante il Covid-19 minacci di annullare gran parte dei passi avanti compiuti negli ultimi anni, in una regione che già deve affrontare problematiche diffuse come la povertà, i conflitti e l’accesso limitato ai servizi e alle infrastrutture di base.
La risposta al Covid-19
Dall’analisi è emerso che il Covid-19 ha messo in luce la vulnerabilità dei sistemi sanitari, in particolare nei Paesi ad alto reddito che si pensava fossero meglio preparati ad affrontare le epidemie. Alcune nazioni sono state più efficienti di altre nel contenere la pandemia, ma rimangono tutte a rischio serio e altamente vulnerabili di fronte a nuovi focolai.
Complessivamente, la Corea del Sud si pone al vertice di questo nuovo Indice, seguita dai Paesi baltici e da altri Stati dell’Asia-Pacifico. Viceversa, i Paesi dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti hanno avuto meno successo nel mitigare gli impatti sulla salute e sull’economia. I blocchi rigorosi e prolungati, sebbene costosi, sarebbero stati probabilmente la risposta politica giusta per i Paesi che non dispongono di dispositivi di protezione individuali (Dpi) e con capacità di test e cure ospedaliere intensive. I blocchi hanno contribuito, peraltro, a salvare molte migliaia di vite. L’Italia si posiziona al 29esimo posto, per effetto dell’impatto sanitario causato dal virus, oltre che l’effetto economico altrettanto elevato dovuto al lungo lockdown.
Per la prima volta, nel Rapporto vengono presentate anche le tendenze nel futuro verso il raggiungimento degli SDGs. In particolare, la deforestazione e la perdita di biodiversità sono indicate come le maggiori minacce alle catene di approvvigionamento sostenibile e in grado di aumentare la probabilità di future epidemie.
Infine, durante la presentazione del Rapporto gli autori hanno presentato le cinque misure chiave che la cooperazione internazionale dovrebbe adottare per affrontare e prevenire crisi sanitarie, economiche e umanitarie: approntare velocemente una serie di best practices; rafforzare i meccanismi di finanziamento per i Paesi in via di sviluppo; implementare programmi di contrasto alla fame; garantire la protezione sociale e promuovere la ricerca di farmaci e vaccini.
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di Andrea De Tommasi