Approfondimenti
Il Patto di Amsterdam per l'Agenda urbana dell'Unione europea
L'Europa è il secondo continente per livello di urbanizzazione dopo l’America latina: tre cittadini su quattro vivono nelle aree urbane. Tra questi il 24,4% è a rischio povertà ed esclusione sociale e solo il 70% ha un lavoro.
Luglio-Agosto 2016
I dati recentemente diffusi da Eurostat sul rischio di povertà nell’UE non lasciano dubbi. Naturalmente le percentuali variano a seconda dei contesti considerati (grandi città vs città più piccole e periferie; zone urbanizzate vs zone rurali) e dei singoli Paesi (in Italia, in genere, i numeri fotografano situazioni di maggiore sofferenza rispetto al resto d’Europa). Ma la media rileva che, in un’Europa che si conferma il secondo continente per livello di urbanizzazione dopo l’America latina, circa il 70% degli abitanti (tre su quattro, in maggioranza nella fascia di età compresa fra i 20 e i 64 anni) vive nelle aree urbane. Tra questi, il 24,4% degli abitanti delle grandi città è a rischio povertà ed esclusione sociale e, sempre fra gli abitanti dei centri urbani, solo il 70% ha un lavoro.
Sono dati preoccupanti, che accomunano le città europee di fronte a sfide sempre più complesse: gestire l’accoglienza e incoraggiare una maggiore integrazione sociale dei migranti; contrastare la povertà urbana e garantire la disponibilità di alloggi a prezzi accessibili; governare il cambiamento demografico; favorire una crescita ecosostenibile e a basse emissioni; migliorare la qualità dell’aria.
Per fortuna oltre vent’anni di dibattiti intergovernativi in sede UE e di destinazione di risorse comunitarie sempre crescenti per azioni urbane innovative, fondi di investimento integrato, progetti e iniziative in vari ambiti urbani, in particolare la cultura, la mobilità, l’innovazione e la sostenibilità, hanno contribuito al progressivo riconoscimento delle città come uno dei principali motori di crescita e sviluppo nell’UE. Il loro ruolo decisivo per il raggiungimento di obiettivi comuni fondamentali non è più in discussione.
E’ in questo contesto che il 30 maggio è stato approvato il Patto di Amsterdam, documento che istituzionalizza una più stretta collaborazione tra i diversi livelli di governo, da quello europeo a quello locale, per vincere insieme le difficoltà del momento. A tale scopo il Patto istituisce l’Agenda Urbana dell’Unione europea, fissandone i termini fondamentali e individuando una tempistica di azione, da ora a fine 2017.
Non è un caso che un’Europa mai così distante dal sentimento comune dei suoi abitanti (come non pensare allo schiaffo bruciante di Brexit?) abbia deciso di ripartire dal livello più vicino ai cittadini per promuovere crescita, innovazione, inclusione sociale. La filosofia di fondo sembra essere: dare maggiore peso alla dimensione urbana nel processo decisionale dell’UE, affinché le stesse politiche dell’UE si sviluppino in forme più rispondenti alle nuove esigenze dei suoi cittadini - quelli che vivono nelle aree urbane, ma anche quelli che, pur non vivendo nelle città, dipendono dai loro servizi. In questo senso il Patto di Amsterdam può apparire come l’ultimo tentativo di costruire una politica urbana europea con una visione, con competenza e con fondi comunitari dedicati.
In realtà il Patto non promuove le città a protagoniste delle politiche urbane a livello europeo: si tratta di un patto tra Stati sulle città e non di un patto dell’UE con le città. Più modestamente, l’Agenda Urbana europea definita nel testo si propone di sperimentare la capacità delle città di assumere un ruolo di leadership istituzionale nello sviluppo di politiche europee rispetto alle priorità individuate, favorendone un miglior grado di coordinamento.
Tuttavia per certi versi sembra di trovarsi di fronte a una sorta di rivincita rispetto al potere gestito a livello centrale dai Governi. L’approccio più innovativo appare la volontà di coinvolgere in questo processo i protagonisti delle nuove economie urbane: le istituzioni europee sembrano voler puntare sul valore della collaborazione, ponendo l’accento su temi come la rigenerazione urbana partecipata o la coesione territoriale con i centri di piccole e medie dimensioni.
Le priorità tematiche poste al centro dell’Agenda Urbana europea fissata dal Patto al momento sono 12 - 1) inclusione dei migranti e dei rifugiati; 2) qualità dell’aria; 3) povertà urbana; 4) alloggi a prezzo accessibile; 5)
economia circolare; 6) adattamento ai cambiamenti climatici; 7) transizione energetica; 8) mobilità urbana; 9) transizione digitale, 10) acquisti pubblici, 11) lavori e competenza nell’economia locale, 12) uso sostenibile dei terreni e soluzioni ecologiche – e attorno ad esse verranno sviluppati altrettanti partenariati.
Ogni partenariato sarà costituito da rappresentanti di città o di reti di città, di Stati membri dell’UE e di stakeholder (ONG, imprese, ecc.) che collaboreranno con pari dignità per trovare soluzioni comuni alle sfide urbane condivise. Verranno così definiti dei piani d’azione che rendano più coerente ed efficace l’attuazione delle politiche urbane dell’UE.
Quattro dei dodici partenariati sono stati già avviati, tre dei quali coordinati da Stati dell’UE (qualità dell’aria, Olanda; alloggi, Slovacchia; povertà urbana, Belgio e Francia) e uno dalla città di Amsterdam (integrazione dei migranti e dei rifugiati). I rimanenti saranno attivati tra la fine del 2016 e l’estate del 2017.
Nel corso di quest’anno la Direzione Generale UE dovrà stabilire se avviare nuovi partenariati e su quali tematiche.
I partenariati sono evidentemente lo strumento principale attraverso il quale realizzare l’Agenda Urbana europea. Ma il Patto di Amsterdam individua altre forme di coinvolgimento delle città nello sviluppo di politiche comunitarie, che possono rivelarsi altrettanto importanti. Per esempio le valutazioni di impatto urbano della legislazione europea in materia di aree urbane, che possono contribuire a migliorare e semplificare il complesso delle norme. O l’istituzione di uno sportello unico sulle questioni urbane, un portale on line che la Commissione dovrà allestire entro la fine di quest’anno, attraverso il quale i comuni europei avranno accesso a tutte le informazioni utili sulle politiche e i finanziamenti UE.
Ora il testimone passa alle città. Sarà infatti decisivo che esse si attivino e si impadroniscano degli strumenti dell’Agenda, se si vuole che l’Agenda Urbana europea raggiunga gli obiettivi.
In alcuni Paesi europei sono già state sperimentate con successo forme di collaborazione tra governo centrale e città rivelatesi punti di forza proprio in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. A partire dall’Olanda, che ha molto favorito il conseguimento del Patto di Amsterdam, firmato proprio durante il semestre di turno olandese di presidenza del Consiglio europeo.
Di fronte agli impegni che ci attendono, a partire da quelli assunti per un’Agenda urbana globale che sarà discussa in ottobre a Quito alla Conferenza di Habitat III, è necessario che tutte le città europee, a partire da quelle italiane, si mettano in azione per adeguare le direttive europee agli effettivi bisogni locali e per accedere più facilmente ai fondi europei, potendone anche selezionare le priorità, in modo da adeguarli alle diverse realtà territoriali.
Non deve andare sprecata l’occasione di entrare a far parte di qualche partenariato, direttamente o attraverso le associazioni nazionali o le reti europee di comuni, proponendo obiettivi specifici e azioni comuni per ottenerli.
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Pact of Amsterdam, on line al link: http://urbanagendaforthe.eu/wp-content/uploads/2016/05/Pact-of-Amsterdam_v7_WEB.pdf