Dalla sorgente al mare: protezione delle acque investimento nel futuro
Settimana 3-9 febbraio. Direttive acque, alluvioni, strategia ambiente marino: Stati membri in ritardo, rischi economici crescenti. Necessaria visione sistemica, miglioramento di governance e capacità d’investimento.
La Commissione europea ha pubblicato il 4 febbraio due importanti relazioni, la prima relativa all’attuazione della direttiva quadro sulle acque e della direttiva alluvioni, la seconda sull’attuazione della strategia per l’ambiente marino.
La pubblicazione delle due relazioni in parallelo è espressamente voluta. La Commissione, infatti, mira a incoraggiare una visione integrata e coerente nell'attuazione della legislazione in materia di acque dolci e marine, in linea con un approccio "dalla sorgente al mare”.
Le analisi si articolano su tre assi, tanti quanti sono gli aspetti della triplice crisi planetaria: inquinamento, perdita di biodiversità e cambiamenti climatici. La gestione sostenibile delle risorse idriche viene definita come il fulcro della risposta alla triplice crisi planetaria, svolgendo la stessa un ruolo centrale nel rafforzamento della resilienza anche economica dell’Ue.
La Commissione evidenzia come lo stesso settore privato e le organizzazioni della società civile chiedono sempre più che l'Ue intervenga maggiormente in materia di risorse idriche, come dimostra la lettera del 12 marzo 2024 indirizzata alle più alte cariche della Commissione.
Dalle relazioni emerge la necessità di una visione integrata con aspetti di alta complessità che si allargano su tutte le iniziative del Green deal europeo quali il piano inquinamento zero, la strategia d’adattamento ai cambiamenti climatici, la strategia biodiversità e la collegata legge europea sul ripristino della natura, la politica agricola comune (Pac), la stessa economia circolare.
Nel quadro dei nuovi orientamenti politici 2024-2029, queste relazioni predispongono la base conoscitiva per sviluppare le nuove iniziative previste quali la strategia europea per la resilienza idrica e il nuovo patto per gli oceani.
Attuazione della direttiva quadro acque e della direttiva alluvioni
Entrando nel merito della relazione sull’attuazione della direttiva quadro acque e sulla direttiva alluvioni, la Commissione evidenzia come le risorse idriche dell'Ue continuano a subire pressioni notevoli a causa della cattiva gestione strutturale, dell'uso non sostenibile del suolo, dei cambiamenti idromorfologici, dell'inquinamento, dei cambiamenti climatici, dell'aumento della domanda di acqua e dell'urbanizzazione.
Dato l'avvicinarsi del termine per il conseguimento di un buono stato per tutte le acque dell'Ue, fissato al 2027 dalla direttiva quadro acque, la relazione facendo il punto della situazione sul campo, formula raccomandazioni generali e specifiche indirizzate agli Stati membri chiedendo un sostanziale rialzo delle ambizioni e della capacità di risposta alle sfide. Lo stesso vale per gli obiettivi di gestione del rischio di alluvioni ai sensi della direttiva alluvioni, più pertinenti che mai a causa dell’esacerbarsi dei fenomeni collegati ai cambiamenti climatici.
I piani di gestione dei bacini idrografici valutati degli Stati membri si fondano sui dati di monitoraggio raccolti tra il 2016 e il 2021, dunque non riportano i benefici attesi dalle iniziative innovative stabilite nel Green Deal adottate successivamente. Nonostante a marzo 2022 scadeva il termine per la presentazione dei predetti piani, ancora sette Paesi non risultano averli presentati.
La Commissione evidenzia come oltre due decenni dopo l'entrata in vigore della direttiva quadro acque, in 3 dei 20 Stati membri valutati lo stato chimico della grande maggioranza dei corpi idrici superficiali continua a essere sconosciuto. Allo stesso tempo, sebbene la direttiva quadro acque prescriva alcuni elementi comuni per il monitoraggio, dalla valutazione emerge chiaramente il sussistere di grandi differenze tra gli Stati membri in termini di pratiche, frequenza e parametri misurati, che rappresenta un grosso ostacolo alla comparabilità della valutazione dello stato. Oltre a queste differenze e nonostante i progressi compiuti, permangono lacune notevoli nel monitoraggio dello stato ecologico, in termini tanto di copertura spaziale quanto di affidabilità della valutazione.
Nel complesso dalla valutazione emergono comunque progressi nelle conoscenze e nel monitoraggio rispetto al ciclo precedente. Come precisa la Commissione, purtroppo lo stato dei corpi idrici dell'Ue non è migliorato in modo significativo se si considerano i dati aggregati. In particolare, le acque superficiali si trovano in una situazione estremamente critica: meno della metà (39,5%) dei corpi idrici superficiali dell'Ue oggetto di valutazione presenta un buono stato ecologico e meno di un terzo (26,8%) un buono stato chimico.
Le pressioni più significative per i corpi idrici superficiali in tutti gli Stati membri che hanno presentato relazioni sono le seguenti: inquinamento provocato dalle deposizioni atmosferiche (che interessa il 59% dei corpi idrici), cambiamenti idromorfologici (57%) dovuti a drenaggio e irrigazione finalizzati all'agricoltura, all'energia idroelettrica, alla protezione dalle inondazioni, alla navigazione o alla fornitura di acqua potabile e inquinamento provocato dall’agricoltura (32%).
Per quanto riguarda i corpi idrici sotterranei, la Commissione riporta che sebbene il 71% di questi non sia soggetto a pressioni significative, quasi il 30% degli stessi è interessato da una serie di pressioni. Figurano in tale contesto in particolare l'inquinamento agricolo diffuso (ad esempio pesticidi e fertilizzanti), che incide sul 59% dei corpi idrici sotterranei interessati, l'estrazione per l'approvvigionamento idrico pubblico (25%), l'estrazione per l’agricoltura (22%), l'uso industriale (12%) e altre finalità (12%). Anche l'inquinamento diffuso proveniente da altre fonti, in particolare da deflussi urbani (16%) e scarichi non collegati alla rete fognaria (6%), è fonte di pressioni notevoli, così come l'inquinamento proveniente da siti industriali contaminati o abbandonati (17%) e l'inquinamento pregresso (13%).
Come richiesto dalla direttiva alluvioni, numerosi Stati membri indicano che i piani di gestione del rischio di alluvioni e i piani di gestione dei bacini idrografici sono stati elaborati in modo coordinato e talvolta simultaneo: questo aspetto viene rilevato positivamente dalla Commissione. Viene evidenziato ancora in senso positivo come un numero crescente di Stati membri ha comunicato una considerazione sistemica degli effetti dei cambiamenti climatici e uno sforzo volto ad allineare il loro programma di misure ai rispettivi piani nazionali di adattamento ai cambiamenti climatici. Il 70% degli Stati membri valutati (14 su 20) ha riferito di aver completato un'analisi del modo in cui i cambiamenti climatici incidono sui loro corpi idrici. La Commissione precisa che tuttavia spesso non è chiaro se e in quale misura il risultato di tale analisi abbia contribuito a individuare le pressioni principali e a determinare le misure più efficaci.
La Commissione riporta come la maggior parte degli Stati membri abbia compiuto notevoli sforzi volti a promuovere la partecipazione pubblica e il coinvolgimento attivo dei portatori di interessi nell'elaborazione dei rispettivi piani di gestione dei bacini idrografici e piani di gestione del rischio di alluvioni. Valutando che tuttavia numerosi piani non spiegano in che modo si sia tenuto conto dei contributi ricevuti né se i soggetti consultati siano stati informati di come sono state prese in considerazione le loro opinioni.
Le raccomandazioni generali sulla direttiva quadro acque espresse dalla Commissione indicano che tutti gli Stati membri dovrebbero aumentare il livello di ambizione e accelerare le azioni volte a colmare il più possibile le lacune attuative entro il 2027, sviluppare programmi di misure più robusti basati su una valutazione più chiara del divario da colmare per conseguire un buono stato e su una definizione più precisa della priorità da dare alle misure, di rafforzare la governance migliorando le consultazioni pubbliche e il coordinamento tra i diversi livelli amministrativi e le autorità competenti per l'attuazione di altre normative correlate dell’Ue (citando in particolare la direttiva alluvioni, la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e la direttiva Nitrati) aumentare gli investimenti garantendo finanziamenti adeguati attraverso piani di investimento a lungo termine, utilizzare in modo proattivo le nuove politiche e i nuovi strumenti giuridici concordati nel contesto del Green Deal europeo (quali la direttiva riveduta sul trattamento delle acque reflue urbane, la direttiva riveduta sulle emissioni industriali, la nuova normativa sul ripristino della natura).
Le raccomandazioni specifiche per l’Italia sull’attuazione della direttiva quadro sull’acqua sono riportate da pagina 32 del documento di lavoro dei servizi della Commissione dedicato all’analisi per l’Italia.
Nelle raccomandazioni generali sulla direttiva alluvioni, la Commissione chiede agli Stati membri che in particolare i futuri piani di gestione del rischio di alluvioni dovrebbero precisare il modo in cui le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni hanno informato la scelta degli obiettivi e delle misure, prendendo in considerazione scenari climatici futuri; i relativi obiettivi dovrebbero essere specifici, prevedere una scadenza, ove possibile, ed essere collegati a indicatori quantitativi di progresso; devono essere definiti con chiarezza i criteri per definire l'ordine di priorità delle misure ed effettuata un'analisi costi-benefici. Inoltre per la governance, dovrebbero essere definite chiaramente le modalità di coordinamento con la direttiva quadro acque, resa efficace la consultazione pubblica e il coinvolgimento dei portatori di interessi, spiegando il modo in cui eventuali osservazioni sono state prese in considerazione.
Le raccomandazioni specifiche per l’Italia sull’attuazione della direttiva alluvioni sono riportate da pagina 42 del documento di lavoro dei servizi della Commissione dedicato all’analisi per l’Italia.
Attuazione della strategia per l’ambiente marino
La relazione sullo stato di attuazione della strategia per l’ambiente marino, viene articolata sui tre assi della triplice crisi planetaria - inquinamento, perdita di biodiversità e cambiamenti climatici - e con lo sviluppo di una sintesi dei dati per i quattro bacini: Mar baltico, Atlantico nordorientale, Mar Mediterraneo, Mar Nero.
Nelle considerazioni di sintesi, la Commissione indica come decenni di pesca eccessiva, scarichi di nutrienti, contaminanti e rifiuti, traffico marittimo intenso e varie altre forme di pressioni antropiche, associati ai crescenti impatti dei cambiamenti climatici, hanno degradato gravemente le condizioni degli ecosistemi marini. Dunque l’Europa è decisamente fuori strada rispetto all’obiettivo del buono stato ecologico per tutte le acque marine al 2020 previsto dalla strategia per l’ambiente marino. La Commissione osserva comunque che è ancora possibile invertire le tendenze in costante aumento di determinati tipi di pressioni nei mari europei. In particolare, tali tendenze possono essere invertite attuando misure efficaci nel contesto della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, alcune delle quali si fondano su altri quadri strategici e giuridici ben consolidati (quali le direttive Uccelli e Habitat, la direttiva sulla pianificazione dello spazio marittimo, la citata direttiva quadro sulle acque e la politica comune della pesca).
La Commissione valuta come dato di sintesi incoraggiante che la percentuale di misure specificamente concepite nel contesto della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, e non adottate a norma di altri quadri legislative, è aumentata dal 25 % al 42%. Inoltre, come risultato positivo è evidenziata la riduzione stimata del 29 % dei rifiuti sulle spiagge tra il 2015 e il 2021 in tutti i bacini marittimi dell’Ue. In termini di biodiversità, lo sfruttamento eccessivo degli stock ittici risulta anche diminuito in modo incoraggiante nell'ultimo decennio, con un'accelerazione degli interventi negli ultimi due anni, precisando che tuttavia la maggior parte delle specie commerciali è ancora soggetta a sfruttamento eccessivo e che la pressione esercitata dall'attività di pesca è ancora pari al doppio rispetto al livello considerato sostenibile.
Una parte della relazione è dedicata agli effetti dei cambiamenti climatici, valutando positivamente che sebbene la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino non tratti direttamente questo aspetto, numerosi Stati membri abbiano adottato misure di adattamento ai cambiamenti climatici, ad esempio sostenendo le comunità costiere, e adottatando misure di mitigazione dei cambiamenti climatici, ad esempio ripristinando gli ecosistemi di carbonio blu.
La relazione valuta anche gli aspetti relativi al finanziamento delle misure, alla governance e alla collaborazione transfrontaliera indicati nei programmi degli Stati membri. Si riscontra come dato positivo lo svolgimento di processi di coinvolgimento del pubblico osservando tuttavia che la misura in cui tali processi siano stati valorizzati per modificare e integrare gli stessi programmi non risulti chiaro.
La relazione presenta un quadro valutativo sulla probabilità che gli Stati membri attuino i loro programmi di misure esaminando una serie di criteri (tra cui il modo in cui uno Stato membro tiene conto degli impatti socioeconomici, l'eventualità o meno che abbia individuato fonti di finanziamento, il livello di coordinamento con le principali politiche dell'Ue e il livello di dettaglio dei meccanismi di attuazione). In particolare e valutato non probabile che l’Italia riesca ad attuare le misure programmate con questa motivazione: questo Stato membro ha fornito poche informazioni sulle fonti di finanziamento e ha presentato soltanto un'analisi socioeconomica superficiale delle sue misure. Non risulta alcun coordinamento tra la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e altre normative dell'Ue, o per lo meno non sono state comunicate informazioni riguardo a questo aspetto. Inoltre non è chiaro dove, quando e come saranno attuate le nuove misure.
Anche in questo caso le raccomandazioni finali chiedono agli Stati membri di aumentare il livello di ambizione e accelerare l'azione volta a conseguire gli obiettivi della direttiva, elaborando programmi di misure più robusti, basati su una valutazione più chiara del divario da colmare ai fini del conseguimento di un buono stato ecologico; garantire che le misure adottate nel contesto di altre normative e politiche presentino il giusto livello di ambizione per contribuire al conseguimento di un buono stato ecologico; aumentare gli investimenti in misura sufficiente al raggiungimento degli obiettivi evitando un approccio frammentario al finanziamento delle misure. La Commissione raccomanda inoltre che nel coinvolgimento del pubblico e dei portatori di interessi nella fase di pianificazione, va tenuto conto dei loro contributi al momento di elaborare le misure, garantendo che le proposte siano socialmente accettabili, se necessario adottando misure di accompagnamento al fine di limitare i potenziali impatti negativi. Va inoltre rafforzata la collaborazione e il coordinamento tra Stati limitrofi sin dalle prime fasi di definizione dei programmi.
L’analisi specifica per l’Italia è riportata da pag. 178 del documento di lavoro dei servizi della Commissione, mentre le raccomandazioni specifiche sono rilevabili dalla successiva pagina 253.
di Luigi Di Marco
Consulta la rassegna dal 3 al 9 febbraio
Copertina: DeepAi