Approfondimenti
La storia di un medico in soccorso per l'Agenda 2030
“Ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo”, dice Papa Francesco, invitando tutti a fare del proprio meglio. Luisa Guidotti Mistrali, medico dall’incredibile solidarietà, lo ha fatto. La sua vita può essere raccontata in prospettiva degli SDGs ed essere di esempio per gli altri.
Dicembre 2018
Dal 2015, la crisi ambientale, sociale ed economica è divenuta una priorità da affrontare a livello globale. Dopo l'invito di Papa Francesco pubblicato nell'Enciclica “Laudato sì”, i Paesi dell’Onu hanno sottoscritto l’Agenda 2030 con 17 Obiettivi (SDGs - Sustainable Development Goals) che dobbiamo raggiungere entro il 2030 per evitare scenari irreversibili.
C’è tanto da fare: ridurre la povertà, la fame, migliorare la salute e le condizioni sanitarie, le scuole e l’educazione, valorizzare il ruolo della donna, diffondere energia pulita, l’uso corretto dell’acqua, lavoro più dignitoso e gestioni sostenibili di lavoro, città, comunità, infrastrutture, mari, foreste, clima, riducendo le diseguaglianze tra le nazioni, diffondendo maggiore giustizia e collaborazione internazionale.
Papa Francesco, convinto che “ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo” (Laudato sì, p.15), invita tutti a condizionare le nostre scelte quotidiane e a fare del proprio. Allora perché non raccontare storie di persone che questo cammino lo hanno già intrapreso? Perché non offrire alle nuove generazioni le testimonianze di veri eroi dei nostri tempi?
Luisa Guidotti Mistrali, classe 1932, era un medico dall’incredibile solidarietà, coinvolgente, carismatica e autoironica. “Una donna indimenticabile” per chi l’ha conosciuta. Un’eroina, come si legge dall’articolo “Luisa Guidotti: Mutoko's own eroine” comparso sul Newsday per l’anniversario dalla sua morte.
È in corso per lei il processo di beatificazione. È l'unica donna sepolta nel Duomo di Modena, l’unico medico, l’unica laica. Il prossimo anno saranno 40 anni dalla sua uccisione e la sua vita può essere raccontata in prospettiva degli SDGs.
Nel 1966 Luisa era partita in missione per l'Africa su incarico di Papa Paolo VI. Parenti e amici hanno testimoniato la sua umanità nell’aiutare le povere popolazioni africane, “shona tra gli shona” (Goal 1), portando regole alimentari per contrastare la carenza di proteine (Goal 2), regole sanitarie e cure (Goal 3), aiutando a partorire, insegnando come prendersi cura degli altri (Goal 5), fondando scuole per infermiere (Goal 4). Ha portato anche luce, acqua, ampliato gli ospedali, aiutando ad organizzarsi per il loro sostentamento (con agricoltura e piccoli allevamenti), migliorando le condizioni della comunità, contribuendo al superamento della segregazione razziale e delle diseguaglianze attraverso il collegamento con l'Italia ancora in essere (Goal dal 6 al 17).
San Giovanni Paolo II già nel 1988 aveva invitato proprio da Modena ad un cammino di crescita umana, attraverso la “valorizzazione della dignità della persona in ogni stadio della sua esistenza” dalla vita nascente sino all’ingresso in quella che non avrà fine, ricordando “Luisa Guidotti, che ha esercitato, fino al sacrificio supremo, il servizio medico volontario nello Zimbabwe”.
Il 6 luglio 1979, Luisa è stata uccisa mentre guidava l'ambulanza, dopo aver portato una donna di colore a partorire di cesareo, durante la guerriglia contro la segregazione razziale. Una stella bianca a terra nel punto in cui le hanno sparato segna il passaggio della sua vita verso il cielo. Era di rientro verso la Missione di “All Souls” a Mutoko, in Zimbabwe. L'Ospedale ora porta il suo nome “Luisa Guidotti Hospital”. Il suo nome è inciso su due pietre, una a Modena e l’altra a Mutoko, dove si legge: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13-17).
Nello Zimbabwe, gli abitanti delle città dove lei è stata la ricordano ancora come un dono di Dio. Luisa ha preparato il terreno perché altri proseguissero dopo di lei, come Elisabeth Tarira (1951-2012): una ragazza di colore che seguendo il suo esempio da Mutoko è divenuta medico in Italia per tornare, gestire un altro ospedale, il Sant Albert, e divenire coordinatrice di 54 ospedali in Zimbabwe. Luisa ed Elisabeth facevano parte dell’Associazione Femminile Medico Missionaria (Afmm), ora Associazione Sanitaria Internazionale (Asi) con sede a Roma, che prosegue la sua missione, grazie ad amici, amiche e ad altre associazioni da Rimini, Ferrara, Modena e altre città.
Gli Obiettivi dell’Agenda 2030 non sono impossibili e questa, come altre storie, ci insegna che serve una collaborazione attiva per poterli realizzare.