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Approfondimenti

Un mercato dei valori morali, organizzativi e culturali come possibile strumento per la sostenibilità

di Marco Senatore, Dipartimento del Tesoro - Mef

Un commercio non più basato sullo scambio di denaro, ma di esperienze che evidenzino i benefici derivanti dall’applicare un certo valore morale, organizzativo o culturale per promuovere una maggiore coesione sociale e un migliore rapporto tra economia ed etica.
2 maggio 2019

I gravi rischi ai quali è esposta l’umanità, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici, sono tali da rendere necessario un profondo ripensamento dei paradigmi di fondo su cui si basano i nostri sistemi culturali, economici e politici.

La definizione, fornita nel 1987 dal rapporto Brundtland, di sviluppo sostenibile come capacità di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri, è rilevante sotto molti punti di vista. In virtù della sostanziale neutralità dell’economia rispetto ai valori (a dispetto della sua originaria natura di scienza morale), oggi si ritiene spesso che “bisogno” sia semplicemente ciò che può essere soddisfatto attraverso transazioni di mercato. Si perde tuttavia di vista il fine, l’orizzonte alla luce del quale si può ritenere che un determinato bene o servizio generi una utilità. 

Il denaro è l’unico mezzo di scambio universale, e, per essere tale, esso necessita di prescindere dalle specifiche finalità perseguite da chi pone in essere le attività necessarie per appropriarsene. Inoltre, tenuto conto da una parte che il lavoro è per moltissime persone la sola attività capace di garantire l’accesso al denaro, dall’altra che tale lavoro è iperspecializzato e parcellizzato, le visioni del mondo sono oltremodo ristrette a pochi principi di fondo. Le valutazioni che imprese e individui svolgono in merito alle scelte politiche sono in generale puramente strumentali al proprio ruolo sociale e, dunque, dettate da convenienze di breve termine. 

Sembra difficile individuare e soprattutto rendere concretamente applicabili dei valori, ovvero delle prospettive ampie, non egoiche che influenzino il proprio rapporto con il mondo, e in particolare la scelta delle proprie attività personali e professionali, piuttosto che esserne un mero meccanico riflesso. Ne deriva, sul piano individuale, un’assenza di autonomia e, a livello sociale, la mancanza di una dimensione autenticamente comunitaria e inclusiva delle nostre società. Lo stesso dibattito pubblico in merito a temi quali il cambiamento climatico sembra spesso essere monopolizzato da considerazioni di natura strettamente economica.

In tale contesto, un mercato dei valori morali, organizzativi e culturali potrebbe contribuire all’adozione di politiche sostenibili, promuovendo allo stesso tempo una maggiore coesione sociale e un migliore rapporto tra economia ed etica. Si tratta di una proposta che ho formulato nel mio testo “Exchanging Autonomy. Inner Motivations As Resources for Tackling the Crises of Our Times” (Xlibris, 2014) - pubblicato anche in versione italiana (Aracne, 2013) -, oltre che in alcuni articoli.

Un mercato dei valori  consentirebbe a individui, imprese e comunità locali di scambiare documenti, in ciascuno dei quali sarebbero elencate esperienze che evidenzino i benefici derivanti dall’applicare un certo valore morale, organizzativo o culturale. Tali valori potrebbero comprendere l’ambientalismo, la propensione all’innovazione, la giustizia sociale e l’inclusione delle minoranze. 

Le esperienze sarebbero certificate in base a parametri quantitativi fissati per legge, come ad esempio, nel caso della giustizia sociale, una certa riduzione dell’indice di Gini (per le comunità locali) e della dispersione salariale (per le imprese). O, per quanto riguarda l’ambientalismo, un certo aumento percentuale delle aree boschive, un ammontare minimo di investimenti in tecnologie ad emissioni negative (per le comunità locali), una riduzione minima delle emissioni di CO2 ( per le imprese) e un determinato ammontare di donazioni a green charities (per gli individui). 

Il prezzo delle esperienze riferite a ciascun valore sarebbe determinato dalla domanda e dall’offerta, e il prezzo di ciascun documento sarebbe proporzionale al numero delle esperienze contenute. In tal modo, imprese, individui e comunità locali avrebbero un incentivo economico all’adozione di valori indipendenti dal proprio attuale ruolo nella società. Tale incentivo sarebbe rappresentato dalla possibilità di rivendere un determinato documento a un prezzo maggiore di quello di acquisto, in virtù sia dell’aggiunta di nuove esperienze riferite al valore in questione, sia di una eventuale maggiore domanda delle relative esperienze.

Inoltre, ciascun documento sarebbe scambiabile con altri, riferiti a valori differenti, o con beni e servizi. Il prezzo sarebbe dunque definito sia in termini di unità di scambio elementari utilizzabili per l’acquisto di documenti, che di controvalore monetario da impiegare per beni e servizi.

Prima di acquistare un documento, un soggetto potrebbe conoscere tutti i benefici offerti dal valore cui esso si riferisce, ma solo dopo l’acquisto sarebbe possibile apprendere quali esperienze abbiano concretamente offerto degli specifici vantaggi. In tal modo, la scelta di una valore precederebbe e ispirerebbe quella di un ruolo sociale, e in particolare di un indicatore quantitativo da porsi come obiettivo.

Si può ad esempio ipotizzare che un’impresa A ceda all’impresa B un documento relativo all’ambientalismo, nel quale dichiara di aver investito in agricoltura di precisione, ottenendone dei benefici in termini di impiego dei nutrienti.  L’impresa B potrebbe in cambio cedere beni o servizi, o, ad esempio, un documento relativo alla propensione all’innovazione, nel quale dichiara di aver beneficiato della digitalizzazione grazie a minori investimenti in capitale fisico. L’impresa B potrebbe quindi sperimentare i benefici legati all’impiego di materiali ecosostenibili, descrivendoli nel documento relativo all’ambientalismo, prima di cedere quest’ultimo a un individuo C, e così via.  Il documento originariamente ceduto dall’impresa A potrebbe assumere al tempo t la seguente struttura. 

 

Il valore “ambientalismo” sarebbe in tal modo la risultante delle esperienze aggiunte, di volta in volta, dai soggetti che lo hanno scambiato. In generale, in tale mercato i valori assumerebbero formalmente il ruolo di capitale, inteso come risorsa capace di ispirare attività professionali e personali, la cui natura sarebbe definita attraverso una cooperazione spontanea e inclusiva, e il cui prezzo sarebbe legato a due fondamentali dimensioni: quella individuale, consistente nella libera scelta di esperienze da realizzare, e quella sociale dell’importanza attribuita dalla collettività a determinate esperienze.

 Si può osservare che, per quanto riguarda in particolare le scelte sostenibili a livello ambientale, mentre gli attuali sistemi di incentivi (ad esempio il carbon pricing) rendono scelte come la riduzione delle emissioni la necessaria modalità per evitare penalizzazioni monetarie, un mercato dell’ambientalismo offrirebbe tre ulteriori benefici. In primo luogo, esso consentirebbe a imprese, individui e comunità locali di scegliere fra una gamma relativamente ampia di attività sostenibili a livello ambientale, al di là della riduzione delle emissioni. In secondo luogo, tale mercato promuoverebbe la circolazione di esperienze utilizzabili in futuro anche da altri soggetti, laddove il denaro non speso per la carbon tax, in quanto neutrale rispetto ai valori, non è di per sé in grado di ispirare nella propria controparte un particolare tipo di scelte ambientali. Infine, lo schema descritto consentirebbe di scambiare l’ambientalismo con altri valori (ad esempio, la propensione all’innovazione e la giustizia sociale) correlati a esso o comunque capaci di produrre un positivo impatto sociale.

Le Nazioni unite hanno identificato nella crescita economica, nell’inclusione sociale, nella protezione dell’ambiente, nel partenariato e nella pace gli elementi fondamentali da armonizzare per lo sviluppo sostenibile. Dunque un mercato dei valori, in quanto strumento volto a favorire l’autonomia individuale, il senso di comunità e un migliore rapporto tra economia ed etica, potrebbe fornire un utile contributo all’obiettivo della sostenibilità.

Infine, il dibattito teorico sui rispettivi meriti e limiti dello Stato e del mercato assumerebbe una prospettiva del tutto nuova. A livello pubblico si stabilirebbe  - in un’ottica intersettoriale ed olistica - quali indicatori sono degni di caratterizzare determinati valori, ma i privati potrebbero scegliere liberamente quali di tali indicatori porsi come obiettivo – superando una visione parcellizzata e atomistica del proprio ruolo nella società.


Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.

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