Approfondimenti
Luci e ombre della dichiarazione di informazione non finanziaria nel 2018
Sono possibili i primi bilanci delle dichiarazioni di informazione non finanziaria da parte dei soggetti obbligati. Resta ancora molto da fare, ma si registra un miglioramento costante rispetto all’anno precedente su tutti i vari parametri considerati.
16 gennaio 2020
Deloitte e Sda Bocconi hanno presentato i risultati del 2° Osservatorio sulla rendicontazione non finanziaria focalizzato sull’analisi delle 197 società italiane obbligate a predisporre la Dnf (Dichiarazione di informazione non finanziaria) ai sensi del decreto legislativo 254/2016, di recepimento della normativa comunitaria, e per la prima volta sull’analisi comparata di un campione di società italiane, francesi e spagnole facenti parte rispettivamente del Ftse-Mib, del Cac 40 e dell’Ibex 35.
In Italia le società obbligate alla Dnf sono gli enti di interesse pubblico cioè le società italiane emittenti valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani e dell'Unione europea, le banche, le imprese di assicurazione, le imprese di riassicurazione con un numero di dipendenti superiore a 500 e con delle due l’una: attivo patrimoniale pari a 20 milioni di euro o ricavi pari a 40 milioni. Secondo la nostra legislazione, la dichiarazione deve contenere informazioni relative ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, descrivendo le politiche praticate e i principali rischi generati o subiti.
Venendo alla prima parte del rapporto, l’Osservatorio mette in luce che delle 197 società considerate, la stragrande maggioranza è attiva in settori non finanziari (145), mentre 150 sono quelle quotate e 29 fanno parte del paniere Ftse – Mib; 91 sono società familiari e 34 sono controllate da enti pubblici. Tutti i soggetti hanno redatto l’informativa utilizzando gli standard del Gri (Global reporting initiative), che si conferma ancora una volta il modello più usato, nonostante la legislazione italiana lasci al redattore la libertà di scegliere il modello che preferisce.
Deloitte e Sda Bocconi hanno privilegiato nella loro analisi alcuni elementi particolarmente rilevanti della Dnf come lo svolgimento di attività di stakeholder engagement, l’identificazione e la gestione dei rischi non finanziari, la definizione di obiettivi di sostenibilità, la governance di sostenibilità, la definizione di sistemi di incentivazione legati ad obiettivi di sostenibilità, diversità di genere e cambiamento climatico.
Venendo all’analisi dei dati si registra un considerevole incremento dei soggetti che hanno coinvolto attivamente i propri stakeholder, principalmente clienti, fornitori e dipendenti, ai fini dell’analisi di materialità (45% rispetto al 22% registrato nel 2017). Si tratta dell’analisi degli aspetti che sono considerati maggiormente rilevanti dal punto di vista economico, sociale e ambientale in modo da poter recepire aspettative e necessità dei vari stakeholder. Si rileva anche un positivo incremento, seppur limitato, dell’attenzione verso i rischi non finanziari, come evidenziato dal fatto che il 47% delle società (37% nel 2017) ha implementato un sistema di valutazione e gestione dei rischi specifico o che includa anche i rischi non finanziari.
Risulta particolarmente apprezzabile l’aumento del numero di società che definiscono obiettivi di medio lungo termine rispetto a temi non finanziari (26% sul 19% nel 2017) e di queste il 65% include tali obiettivi nei propri piani industriali. Anche se tali percentuali sono ancora molto ridotte, è opportuno rilevare che si va nella direzione di un cambio di passo e che semplici obiettivi finanziari non sono più sufficienti per valutare l’andamento di un’azienda. In particolare, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile maggiormente considerati sono: SDG 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica); SDG 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture); SDG 7 (Energia pulita e accessibile); SDG 13 (Lotta contro il cambiamento climatico); SDG 12 (Consumo e produzione responsabili).
Per quanto riguarda il ruolo degli organi di gestione, il coinvolgimento del Consiglio di amministrazione su tematiche non finanziarie vede in aumento la supervisione delle tematiche di sostenibilità da parte di un comitato endoconsiliare (39% sul 28% nel 2017), mentre è ancora carente l’inserimento di modelli incentivanti relativi alla sostenibilità (13%) e quando esistono sono legati esclusivamente all’attività dell’Amministratore delegato. Lo studio rileva anche che le società controllate da enti pubblici sembrano essere maggiormente focalizzate sulla sostenibilità con la formalizzazione di piani di sostenibilità (62% sul 31% nel 2017) e lo svolgimento di attività di stakeholder engagement (65% sul 49% nel 2017). Inoltre, le società di grandi dimensioni, con oltre 1,5 miliardi di euro di fatturato, con più frequenza si dotano di un comitato di sostenibilità, effettuano attività di stakeholder engagement, realizzano piani di sostenibilità e citano gli SDGs all’interno della propria Dnf.
I temi relativi alla diversità di genere rappresentano ancora una delle principali debolezze presenti in Italia e la situazione appare invariata rispetto al 2017. Le donne sono ancora poco rappresentate a livello di forza lavoro complessiva (39%), mentre per quanto riguarda le posizioni di vertice il divario è ancora più elevato (32% nei Consigli di Amministrazione e 16% nella classe dirigenziale). Da questo punto di vista sarebbe opportuno interrogarsi di quali strumenti, anche legislativi, sarebbe necessario dotarsi per invertire un trend che, oltre a rappresentare una grave forma di ingiustizia sociale, ha degli impatti negativi sul Pil italiano.
Per quanto riguarda il cambiamento climatico, i dati raccolti dall’Osservatorio dimostrano che manca ancora la capacità di predisporre una rendicontazione strutturata e la definizione di azioni concrete per il contrasto al cambiamento climatico e per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Passando alla comparazione Italia, Francia e Spagna, si rileva che è possibile effettuare un confronto grazie alle modalità più o meno identiche di recepimento della Direttiva 2014/95/Ue (quella che obbliga alla Dnf) e che tutti e tre gli Stati hanno previsto la certificazione della Dnf da parte di un soggetto terzo. Le società facenti parte del campione considerato hanno delegato la supervisione delle politiche relative alla sostenibilità ai Board, mentre la gestione è affidata a comitati endoconsiliari presenti soprattutto in Italia e Spagna. Il nostro Paese è più indietro con il 66% per quanto riguarda la predisposizione di piani di sostenibilità rispetto a Spagna (77%) e Francia (74%), mentre per quanto riguarda l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità nella strategia di business, le società italiane li valorizzano meglio all’interno del Piano Industriale.
Il confronto, come forse si poteva prevedere, è fortemente penalizzante per l’Italia relativamente al numero di società che dispone di una policy per la diversity (rispettivamente 91% e 83%, rispetto al 48% in Italia), ma analizzando i dati, anche in Francia e Spagna, la presenza femminile in posizioni apicali è comunque scarsa.
L’Italia risulta essere molto debole anche per quanto riguarda il cambiamento climatico. Il 30% delle società spagnole e il 59% delle francesi, rispetto al 10% italiano, hanno definito target specifici per valorizzare il loro impegno per mitigare l’impatto sul clima.
I dati forniti dall’Osservatorio dimostrano che esiste sicuramente un miglioramento dell’impegno da parte delle 197 società italiane nella sostenibilità, rispetto all’anno precedente, e che il confronto con i due Paesi europei considerati non risulta così penalizzante, a parte le politiche verso il clima e quindi da questo punto di vista la strada intrapresa sembra essere quella giusta. Sullo sfondo resta sempre la questione dell’incremento della platea dei soggetti obbligati, che almeno in Italia dovrebbe essere ampliata agli enti di interesse pubblico che impieghino almeno 250 dipendenti (rispetto ai 500 attuali) a dimostrazione dell’impegno della classe imprenditoriale a favore delle politiche di sviluppo sostenibile.
Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.