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Clima: nel 2021 eventi estremi e nuovi record
Gli scienziati della Noaa fanno il punto sullo stato del clima mondiale: ridurre le emissioni di CO2 deve essere al centro di tutti gli sforzi per contrastare il riscaldamento globale e le sue devastanti conseguenze. 7/9/22
La temperatura globale della superficie terrestre e oceanica nel 2021 è stata tra le sei più alte registrate dalla metà del 1800, nonostante quasi tutto l’anno sia prevalso il fenomeno noto come La Niña, nel Pacifico equatoriale orientale, che tende a mitigare le temperature globali. Lo riferisce il rapporto “State of the climate in 2021” pubblicato l’8 agosto come supplemento speciale al Bulletin of the American Meteorological Society (Bams). Il Rapporto, a cui hanno contribuito oltre 500 scienziati dei National centers for environmental information della Noaa, fornisce il quadro aggiornato dello stato del clima a livello globale.
Continua l’ascesa dei principali gas serra. Nel 2021 la concentrazione media globale atmosferica di anidride carbonica (CO2) è stata di 414,7 parti per milione (ppm), registrando un incremento di 2,6 parti per milione (ppm) rispetto al 2020, il quinto tasso di crescita più alto dalla prima rilevazione nel 1958. Il tasso di crescita del metano (CH4) è stato il più alto mai registrato e il terzo per il protossido di azoto (N2O). Per tenere traccia della loro influenza nel tempo sul riscaldamento globale, gli scienziati della Noaa hanno realizzato l’indice Aggi (Annual Greenhouse Gas Index) con cui è stato rilevato che nel 2021 le emissioni umane di gas serra hanno intrappolato il 49% in più di calore in atmosfera rispetto al 1990 e, come riferito dal grafico, il “principale colpevole” dell’aumento globale delle temperature è l’anidride carbonica (area in azzurro; fonte immagine: sito Noaa).
Il Rapporto, inoltre, fa il punto sulle anomalie e sugli eventi meteorologici che sono stati osservati da un capo all’altro del Pianeta e che fungono da sentinella dell’avanzamento del riscaldamento globale. La mappa sottostante riporta la distribuzione geografica dei principali fenomeni climatici registrati nel 2021.
In sostanza, è stato un anno nel segno dei record:
- Oceani e mari. Per il decimo anno consecutivo il livello medio globale del mare è stato da record, con 97 mm al di sopra della media della prima rilevazione del 1993. Valori record anche per il contenuto di calore oceanico medio globale. Mentre la temperatura globale della superficie del mare si è raffreddata rispetto al 2019 e al 2020 a causa delle condizioni del fenomeno La Niña.
- Ondate di calore e freddi estremi. Con il valore di 54,4 °C raggiunto il 9 luglio nella Death Valley, in California, si è registrata la temperatura più calda misurata sulla Terra dal 1931. In Sicilia l’11 agosto sono stati raggiunti 48,8 gradi, che secondo stime provvisorie rappresenterebbero il record europeo. Invece la Spagna ha raggiunto un nuovo record nazionale con la temperatura minima di -34,1 °C nei Pirenei e l’Australia ha visto l’anno più freddo dal 2012.
- Antartide sia al caldo che al freddo. Un vortice polare “persistentemente forte e stabile” ha contribuito a mantenere il secondo buco dell’ozono più longevo della storia, che si è chiuso il 23 dicembre, portando all’inverno prolungato più freddo mai avuto al Polo Sud. Invece nella zona nord-orientale venti caldi e persistenti hanno contribuito agli anni più caldi mai registrati.
- Artico: sempre più “giovane e sottile”. Nel 2021, il tredicesimo anno più caldo nei 122 anni di registrazioni artiche, è stata rilevata la seconda più bassa quantità di ghiaccio pluriennale (che sopravvive ad almeno una stagione di scioglimento estivo). Come mostra il grafico, nell’Artico il ghiaccio più vecchio di oltre quattro anni è diminuito del 94% dall’inizio delle rilevazioni.
A livello globale i ghiacciai hanno perso massa per il 34esimo anno consecutivo e le temperature del permafrost — un terreno diffuso nelle zone che raggiungono temperature sotto lo zero e che rimane congelato per 2 anni consecutivi — hanno continuato a raggiungere valori record: nel grafico la linea rossa indica l’andamento crescente delle temperature rilevate nelle Alpi europee e nei Paesi nordici in profondità. Un fenomeno che preoccupa gli scienziati del clima poiché il permafrost, sciogliendosi, rilascia nell’ambiente un contenuto ricco, tra l’altro, di gas metano.
- Tempeste tropicali oltre la media. Nell’emisfero settentrionale e meridionale si sono abbattute 97 tempeste tropicali, superando la media di 87 del periodo 1991-2020; tra queste, sette cicloni di categoria 5, il livello massimo, e l’uragano Ida nell’Atlantico, che seppur di livello 4 è stato il quinto uragano più costoso mai registrato dal 1980.
- Siccità e precipitazioni. Ad agosto la siccità, dilagante, ha colpito il 32% delle aree terrestri globali. In alcune zone dell’Africa oltre 20 milioni di persone hanno vissuto una delle peggiori insicurezze alimentari degli ultimi 35 anni. Per contro le precipitazioni registrano record in diverse parti del mondo tra cui Cina e Italia; in Amazzonia lo straripamento del fiume Rio Negro ha causato alluvioni più dannose di quella del 2012, che si è verificata una volta ogni secolo.
"I dati presentati in questo rapporto sono chiari: continuiamo a vedere prove scientifiche più convincenti che il cambiamento climatico ha un impatto globale e non mostra segni di rallentamento", ha affermato l'amministratore della Noaa Rick Spinrad.
Tornando all’indice Aggi, è stato progettato con l’obiettivo di aiutare, chiarisce la Noaa, sia i responsabili politici che la società civile a comprendere la velocità con cui le emissioni umane impattano sul riscaldamento globale. "La CO 2 è l'attore principale perché rimane nell'atmosfera e negli oceani per migliaia di anni ed è di gran lunga il maggior contributore al riscaldamento globale", sottolinea Pieter Tans, scienziato senior del Gml. "L'eliminazione dell'inquinamento da CO 2 deve essere al centro di tutti gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico".
di Antonella Zisa
Fonte immagine di copertina: 123rf/Kitsadakron