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Summit sull'Amazzonia, Lula: "Paesi sviluppati paghino tutela foreste"
Dal vertice che ha riunito in Brasile otto Paesi sudamericani nessun accordo per la deforestazione zero entro il 2030 e posizioni diverse sulle attività estrattive. 11/8/23
Rilanciare la cooperazione per contrastare la deforestazione, ma senza fissare obiettivi precisi. Si potrebbe riassumere così la dichiarazione conclusiva del Summit sull’Amazzonia che, su iniziativa del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silvia, ha riunito a Belem, nel Nord del Brasile, gli otto Stati sudamericani (Bolivia, Brasile, Colombia, Equador, Guyana, Peru, Suriname e Venezuela) membri dell’Amazon cooperation treaty organization. Un impegno generico e poco ambizioso che riflette le posizioni diverse dei Paesi. Secondo il presidente Lula la responsabilità è anche dei Paesi sviluppati che non hanno rispettato gli accordi presi.
Nessun obiettivo comune per la deforestazione zero entro il 2030
La Foresta amazzonica è un luogo ricco di biodiversità e ricopre un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico, grazie all’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica. È tuttavia minacciata da attività economiche, come l’allevamento di carne bovina e l’estrazione petrolifera e mineraria. Sebbene gli otto Paesi abbiano sottolineato la necessità di tutelare la foresta amazzonica ed evitare che raggiunga il punto di non ritorno, non è stato trovato un accordo per garantire zero deforestazione entro il 2030.
Gli Stati hanno posizioni diverse sul ruolo e sulle azioni da intraprendere nei confronti delle principali attività industriali che causano la distruzione della foresta. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha chiesto di porre fine alla ricerca di combustibili fossili in Amazzonia, ma il Brasile, il Venezuela e altri produttori di petrolio si sono opposti, riporta il Guardian. In Brasile, ad esempio, si discute della possibilità di avviare un progetto statale di trivelle appena al largo delle foci del Rio delle Amazzoni.
I Paesi hanno deciso di collaborare per contrastare alcune attività illegali, come il taglio e la vendita di legname e la ricerca di oro, e ridurre l’impatto negativo che hanno sull’ambiente e sulle popolazioni indigene. La dichiarazione conclusiva riconosce la necessità di promuovere politiche per la tutela delle popolazioni indigene e delle comunità locali che abitano l’Amazzonia.
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La responsabilità dei Paesi industrializzati
“Non è il Brasile ad avere bisogno dei soldi. Non è la Colombia. Non è il Venezuela. È la natura, inquinata da oltre 200 anni di sviluppo industriale, a chiedere a loro di pagare per permetterci di rigenerare la parte distrutta” ha affermato il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silvia.
Come riporta Euronews, il presidente brasiliano ha ricordato le responsabilità dei Paesi sviluppati e l’impegno, mai attuato, di stanziare cento miliardi di dollari l’anno per il clima, sottolineando che “non ci sarà sostenibilità senza giustizia".
“Ci presenteremo alla Cop28 con l’obiettivo di dire al mondo ricco che se vogliono effettivamente preservare le foreste esistenti devono stanziare denaro non solo per preservare le chiome degli alberi, ma anche per tutelare le persone che lì sotto vivono e lavorano” ha dichiarato Lula.
di Maddalena Binda