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Diritti sociali e partecipazione garanzia per la ripresa e la resilienza dell’Ue
Settimana 25-31/1 - Comitato Economico e Sociale europeo: programma primo semestre 2021, migrazioni, politiche economiche zona euro, target clima al 2030, convenzione di Aarhus. Discorso di Ursula von der Leyen a Davos. 01/2/21
Sessione plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo
Si è tenuta il 27 e il 28 gennaio la prima sessione plenaria dell’anno del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese), la seconda dalla nomina della nuova Presidente Christa Schweng (cfr. rubrica del 2.11.2020).
Il Cese ha condiviso i propri indirizzi sul nuovo semestre di Presidenza del Consiglio dell’Ue con il neo Presidente Antonio Costa all’apertura della sessione plenaria: per avviare la ripresa economica e sociale europea, dobbiamo garantire che le risorse del fondo per la ripresa e la resilienza arrivino rapidamente ai nostri cittadini e alle imprese mettendo in pratica il pilastro dei diritti sociali dell'Ue, quale base per la fiducia nelle duplici transizioni climatica e digitale, senza lasciare indietro nessuno.
Il Presidente Costa ha precisato che per questo motivo l’evento centrale del semestre sarà il social summit a Porto nel mese di maggio, per dare impeto al piano d’azione sul Pilastro europeo dei diritti sociali che la Commissione presenterà a marzo.
Il Cese ha con l’occasione pubblicato il programma per il semestre gennaio-giugno 2021 in cui s’impegna a dare il proprio contributo con una serie di opinioni incentrate sulle sfide della digitalizzazione: diritti dei lavoratori incluso il diritto alla disconnessione, parità di genere - ruolo dell’economia sociale nella creazione di lavoro e sviluppo del pilastro europeo dei diritti sociali, agenda delle competenze, spazio ferroviario unico europeo.
Durante la sessione plenaria sono state adottate opinioni su importanti atti assunti dalla Commissione europea negli scorsi mesi.
Un forte contributo critico è stato espresso sul nuovo patto su migrazioni e asilo (Pma) presentato dalla Commissione il 23 settembre 2020 (cfr. rubrica del 12.10.2020)
In particolare, il Cese si rammarica che la maggior parte delle proposte contenute nel nuovo Pma sia dedicata alla gestione delle frontiere esterne e ai rimpatri, e che non venga invece prestata la dovuta attenzione ai canali regolari di immigrazione, a percorsi sicuri per l'asilo o all'inclusione e integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Ue, e si rammarica che le misure volte a migliorare i percorsi legali di ingresso si limitino solo all'idea di attrarre talenti e alla revisione delle direttive sulla Carta blu Ue e sugli studenti e i ricercatori. Pur valutando positivamente la proposta di un partenariato per attrarre talenti, nota che comunque ciò comporterà conseguenze negative per i paesi di origine, in particolare per quanto riguarda la loro capacità di attuare uno sviluppo sostenibile.
In generale critica il fatto che nel Pma non sia fatto alcun riferimento al patto globale delle Nazioni Unite per una migrazione sicura, ordinata e regolare (2018) in quanto iniziativa multilaterale che ha precorso i tempi nel proporre una gestione della migrazione a livello internazionale, invitando la Commissione a coordinare la nuova agenda con le politiche e gli strumenti globali. Il Cese aveva espresso la propria posizione in merito già nel 2019.
Il punto in questione è di fondamentale importanza per l’attuazione dell’Agenda 2030, richiamando il patto globale già nello stesso titolo, le medesime parole del target 10.7 e coinvolgendo in generale anche il Goal 17.
Come anche riferito dal comunicato stampa ufficiale - Nuovo patto sulle migrazioni: il Cese frustrato dal “diavolo nel dettaglio”, il Cese non è convinto che i nuovi meccanismi di solidarietà tra Paesi Ue, allevieranno i Paesi sotto pressione migratoria alle frontiere.
In proposito dell’attuale situazione in Bosnia, evidenzia che anche misure di risposta basate su aiuti finanziari alle frontiere non sono adeguati, occorre un più alto livello d’ambizione e soluzioni con capacità di visione a lungo termine basate sulla solidarietà, su percorsi migratori in sicurezza e migliori condizioni di vita nei paesi d’origine.
Il parere su raccomandazioni politiche economiche per la zona euro (sulla proposta della Commissione riportata nella nostra rubrica del 23.11.2020), si pronuncia in merito alle misure di ripresa economica dal Covid, enunciando che la ripresa avrà successo solo se accompagnata da una ristrutturazione della nostra economia e società.
Il miglioramento del business e dell'ambiente sociale devono andare di pari passo. Ed in proposito, confermando la sua posizione nel considerare la centralità degli SDGs quale bussola delle politiche economiche con visione sistemica, cita poi testualmente il documento di lavoro della Commissione sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (cfr. rubrica del 23.11.2020 cit.): "... gli obiettivi di sviluppo sostenibile manterranno l'Ue concentrata su un percorso di crescita sostenibile compatibile con i confini planetari, sul benessere, l'inclusione e l’equità. L'economia deve lavorare per le persone e per il pianeta”.
Evidenzia la centralità del dialogo con regioni e partner sociali per conseguire l’obiettivo di una società decarbonizzata attraverso cambiamenti strutturali che salvaguardino gli aspetti sociali.
Ed aggiunge che sarà fondamentale garantire il coinvolgimento della società civile nell'elaborazione e nell'attuazione dei piani nazionali per lo strumento di recupero e resilienza, che dovrebbe essere monitorato anche dal processo del semestre europeo.
Tra le riforme evidenzia infine la necessità di un decisivo cambiamento nelle politiche fiscali per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali, includendo la riduzione delle tasse sul lavoro verso forme di tassazione che tengano in considerazione gli effetti sulla redistribuzione della ricchezza.
Il Cese ha esaminato anche la Comunicazione della Commissione Rafforzare l'ambizione climatica dell’Europa del 17 settembre 2020 (cfr. rubrica del 12.10.2020 cit.) con cui è stato proposto il target del taglio delle emissioni al 2030 per minimo 55%, esprimendone tutto il suo favore, puntualizzando il proprio pieno accordo di unificare ripresa economica dalla crisi pandemica con un’ambiziosa azione per il clima al fine anche di evitare di sprecare soldi e di creare stranded assets. Invita i co-legislatori a chiudere entro il 2021 il collegato pacchetto legislativo, altrimenti la soglia temporale del 2030 rischia di non essere rispettata.
Condivide poi con forza l'affermazione della Commissione secondo cui i cittadini sono partner fondamentali nella lotta contro il cambiamento climatico, evidenziando che la partecipazione attiva di tutte le parti della società sia una condizione necessaria affinché la politica climatica abbia successo all'interno dell’Ue.
Tra gli altri pareri espressi, il Cese ha evidenziato particolari criticità nella proposta di revisione del regolamento per l’applicazione della Convenzione di Aarhus per l’accesso alla giustizia su temi ambientali (adottata già dal 1998), presenta dalla Commissione il 14 ottobre 2020.
Il Cese condivide l’iniziativa della Commissione riconoscendo i potenziali effetti positivi per una integrale e corretta applicazione della Convezione in tutti gli Stati membri.
Non di meno, individua nella proposta dei vuoti che potrebbero essere sfruttati dalle istituzioni per evitare di dar conto del proprio operato. Ad esempio, non approva la proposta della Commissione di escludere gli atti dell'Ue che comportano misure nazionali di attuazione, ed esprime preoccupazione per il fatto che consentire alle organizzazioni della società civile di condurre un riesame solo dopo l'adozione delle misure di attuazione, escluderebbe buona parte degli atti e delle omissioni da una concreta possibilità di controllo.
Mette in chiara evidenza che le parti sociali sono attori chiave nelle questioni ambientali, chiedendo pertanto che sia esplicitamente riconosciuto e garantito il proprio ruolo per quanto riguarda l'accesso alla giustizia. Condizione peraltro definita come obiettivo fondante della stessa Convenzione di Aarhus.
Discorso di Ursula von der Leyen al forum di Davos
Il 26 gennaio, la Presidente della Commissione, ospite del World Economic Forum (Wef), nel suo discorso ha sintetizzato i cambiamenti epocali avvenuti dal precedente forum di gennaio 2020.
Richiamando l’iniziativa del Wef “Great reset” quale necessaria risposta globale al Covid-19, ha evidenziato che se non agiamo urgentemente per proteggere la natura, la prossima pandemia è dietro l’angolo. E riprendendo gli stessi concetti già recentemente espressi al One planet summit (tema della nostra rubrica del 18 gennaio 2021), ha esplicitato come i fondi del NextGenerationEu non saranno abbastanza per affrontare le sfide: abbiamo tutti una responsabilità e ognuno di noi deve fare la sua giusta parte. Per questo motivo fortemente supporto una crescente cultura di governance sostenibile da parte delle imprese. Ha annunciato un rafforzamento delle norme per l’efficace diligenza (due diligence) da parte delle imprese, ed evidenzia come sia importante per gli investitori finanziare progetti realmente sostenibili. Da ciò l’importanza del ruolo guida da parte dell’Ue con l’emissione di Green bond europei e con la messa sul campo della tassonomia sugli investimenti sostenibili.
Il discorso approfondisce il processo di digitalizzazione accelerato dalla pandemia e le iniziative assunte dalla Commissione dichiarando questi anni 20 del nostro secolo, il decennio europeo del digitale.
In particolare evidenzia la necessità di affrontare la parte oscura della digitalizzazione, facendo particolare riferimento ai rischi per la democrazia veicolati tramite il web.
Il modello di business delle piattaforme online ha un impatto - e non solo sulla concorrenza libera e leale, ma anche sulle nostre democrazie, sulla nostra sicurezza e sulla qualità delle nostre informazioni. Ecco perché abbiamo bisogno di contenere questo immenso potere delle grandi aziende digitali. Perché vogliamo che i valori che amiamo nel mondo offline siano rispettati online. Questo significa che ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online. E vogliamo che le piattaforme siano trasparenti su come i loro algoritmi funzionano. Perché non possiamo accettare che decisioni che hanno un impatto di vasta portata sulla nostra democrazia, siano presi dai soli programmi per computer.
Mettendo in collegamento queste considerazioni, anche con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, annuncia la proposta d’invitare gli Stati Uniti a creare un libro delle regole per l’economia digitale, che sia valido globalmente.
É esplicito in proposito il richiamo al recente piano d’azione per la democrazia europea (cfr. nostra rubrica del 7.12.2020) e le proposte di leggi europee per i servizi digitali e i mercati digitali (cfr. nostra rubrica del 21.12.2020).
di Luigi Di Marco