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Global Peace Index 2017: Europa più pacifica, gli Usa perdono 11 posizioni
Il mondo è leggermente più pacifico, ma si spende di più per fare la guerra che per costruire la pace. Otto dei Paesi più pacifici sono in Europa, mentre la polarizzazione politica porta gli Usa al 114esimo posto.
Il Global Peace Index (Indice Mondiale della Pace, GPI) dell’Institute for Economics and Peace (IEP) fornisce ogni anno dal 2008 una classifica dei Paesi sulla base dei loro livelli di pace. Quest’anno sono stati analizzati 163 Paesi, che rappresentano il 99,7% della popolazione mondiale, prendendo in esame una serie di indicatori che misurano lo stato di pace in tre aree: il livello di sicurezza sociale, l’estensione dei conflitti domestici e internazionali, e il grado di militarizzazione. Il Global Peace Index del 2017 ha considerato anche gli elementi che determinano una “pace positiva”, cioè una pace connotata non come assenza di violenza ma come insieme di atteggiamenti, istituzioni e strutture in grado di creare e sostenere società pacifiche.
Dai risultati dell’indagine emerge che il mondo è leggermente più pacifico rispetto all’anno scorso, con il miglioramento della situazione in 93 Paesi e il deterioramento in 68 Paesi. Guardando agli ultimi dieci anni, tuttavia, la pace a livello globale è peggiorata del 2,14%, deteriorando rapidamente a seguito della crisi finanziaria ma restando pressoché stabile dal 2010 a oggi. Rispetto al 2015, la violenza è costata al mondo il 3% in meno: 14,3mila miliardi di dollari nel 2016, che rappresentano il 12,6% del Pil globale. L’impatto economico della guerra è stato di 1.040 miliardi di dollari, mentre il costo delle operazioni di peacebuilding (consolidamento della pace) si è aggirato intorno ai dieci miliardi: meno dell’1% del costo della guerra.
Tra le nazioni più pacifiche al mondo, l’Islanda si attesta in cima alla classifica per il decimo anno consecutivo. Seguono la Nuova Zelanda, il Portogallo, l’Austria e la Danimarca, tutti Paesi che erano in vetta anche l’anno scorso. Restano pressoché gli stessi anche i Paesi in coda alla graduatoria, con la Siria come Paese meno pacifico del mondo, preceduta da Afghanistan, Iraq, Sudan del Sud e Yemen.
A livello regionale, sei regioni su nove hanno migliorato la propria posizione. Il Sud America ha registrato i più grandi miglioramenti, superando l’America centrale e i Caraibi per attestarsi come quarta regione più pacifica a livello globale. La regione MENA (Middle East and North Africa), invece, si conferma la meno pacifica al mondo per il quinto anno consecutivo.
Prima per livelli di pace l’Europa, che conta otto dei primi dieci Paesi nella classifica. Tuttavia, nonostante la situazione di 23 Paesi su 36 sia migliorata, il punteggio complessivo del continente non è cambiato significativamente a causa della deterioramento della situazione in Turchia, del peggioramento dei rapporti tra Russia e i Paesi del Nord Europa, e dell’impatto degli attacchi terroristici a Bruxelles, Nizza e Parigi.
Inoltre, sebbene il livello di pace in Europa sia in leggero aumento, il tasso di miglioramento resta indietro rispetto alla media mondiale. In alcuni Paesi, infatti, sono deteriorati i “fattori positivi di pace”: l’aumento del livello percepito di corruzione nella politica, l’incremento delle disuguaglianze di reddito, la concentrazione dei media e il declino dei livelli di tolleranza hanno abbassato il livello di pace positiva e determinato un aumento del populismo. E’ il caso della Spagna (23esima per livello di pace), dell’Italia (38esima), e della Francia (51esima).
Lo stato della pace è peggiorato anche negli Stati Uniti, che quest’anno si attestano al 114esimo posto, perdendo ben 11 posizioni rispetto all’anno scorso. Il peggioramento della situazione si può attribuire all’aumento della criminalità percepita e all’intensificazione dei conflitti interni dovuti agli alti livelli di polarizzazione politica. Negli ultimi dieci anni gli Usa hanno anche visto il quarto più grande calo dei “fattori positivi di pace” a livello globale dopo la Siria, la Grecia e l’Ungheria.
di Lucilla Persichetti