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Nel 2021 l’aiuto allo sviluppo (Aps) è aumentato del 4,4% in rispetto al 2020, per via degli aiuti ai Paesi ricchi hanno fornito ai Paesi fragili per fronteggiare il Covid-19. Anche in Italia nel 2021 l’Aps è cresciuto dallo 0,22% allo 0,28%, ma si tratta in parte di “aiuto gonfiato” ovvero di risorse spese nei Paesi donatori e si è ancora molto lontani dall’obiettivo dello 0,70% del Reddito nazionale lordo (Rnl).

Approfondimenti

Digitalizzazione e sostenibilità: i benefici per l’Agenda 2030 di un passaggio al digitale

a cura di Chiara Dipierri, research analyst presso Bce

Quali implicazioni ha la digitalizzazione per lo sviluppo sostenibile? Si prevede che in Europa il numero di professionisti nel settore digitale raddoppierà nel 2025, ma i lavori “low-skilled” saranno rimpiazzati dall’automazione. Vanno monitorate le dinamiche per fare in modo che la digitalizzazione non amplifichi le disuguaglianze.
26 marzo 2020

La rivoluzione digitale è ad oggi realtà concreta e irreversibile che interessa ogni settore delle nostre società e ne sta profondamente modificando le dinamiche. La furia innovatrice della digitalizzazione richiede azioni altrettanto vigorose e programmi di investimento coraggiosi che ne sappiano cogliere i vantaggi e anticipare i rischi. Una chiara spinta in tale direzione è arrivata settimana scorsa dalla Commissione europea, promotrice di una nuova strategia digitale per i cinque anni a venire. Che implicazioni ha la digitalizzazione per lo sviluppo sostenibile e per l’Agenda 2030? Quali sono le principali caratteristiche del programma emanato da Bruxelles? Come si posiziona l’Italia rispetto a questo trend globale?

Per rivoluzione digitale si intende la trasformazione di interi settori della società attraverso la produzione, distribuzione e consumo di dati digitali. Tale trasformazione è tutta incentrata su tecnologie tra cui realtà aumentata e virtuale, additive manufacturing o stampa 3-D, intelligenza artificiale, internet delle cose e blockchain. Secondo una stima della Commissione europea, il valore della data economy passerà dal 2,4% nel 2018 al 5,8% del Pil Ue nel 2025 per un totale di 829 miliardi di euro. Ancora, si prevede che in Europa il numero di professionisti nel settore digitale raddoppierà nel 2025 con 10,9 milioni di esperti rispetto a 5,7 nel 2018. Con questi dati alla mano, sembra impossibile ignorare il ruolo della digitalizzazione quale opportunità cruciale per il raggiungimento degli SDGs e per un paradigma sostenibile di lungo periodo. Per la sua profonda connessione con tutti e 17 gli SDGs, la rivoluzione digitale può essere infatti considerata lo strumento principale a supporto di una transizione green su scala globale.

Tra i vari, è sostanziale il contributo della digitalizzazione verso la realizzazione del Goal 3 dell’Agenda 2030 mirato alla promozione di salute e benessere per tutti. L’innovazione digitale per il settore medico contribuisce oggi alla costruzione di diagnosi sempre più tempestive e accurate. La stampa 3-D sta attraversando una rapida evoluzione permettendo non solo la produzione di protesi personalizzate a costi sempre più bassi ma anche la stampa di tessuti e organi. L’assistenza robotica durante le operazioni chirurgiche garantisce la possibilità di effettuare interventi delicati con maggiore precisione e minore invasività. L’evoluzione della telemedicina ha il potenziale di ridurre le disuguaglianze favorendo l’accesso alla sanità moderna anche nelle parti più remote del mondo. Inoltre, le recenti evoluzioni nello scenario sanitario globale hanno mostrato come tale strumento possa essere utilizzato anche in situazioni emergenziali per offrire assistenza sanitaria a distanza durante le epidemie e arginarne la diffusione. Ad esempio, a Huanggang, una delle città cinesi più colpite dal coronavirus, è stata recentemente attivata una piattaforma di telemedicina basata sul 5G che facilita consultazioni ed esami medici a distanza per favorire una maggiore tempestività nelle decisioni ed alleviare la pressione sulle scarse risorse mediche nella città.

Ancora più consistente è la trasformazione messa in atto dal processo di digitalizzazione nel settore urbano per la creazione di città e comunità sostenibili in linea con il Goal 11 dell’Agenda 2030. Il supporto verso veicoli a guida automatica permetterà di ridurre il traffico urbano con un conseguente miglioramento della mobilità. Crescenti investimenti in edifici smart che facciano uso di tecnologie digitali contribuiranno ad ottimizzarne l’utilizzo complessivo di energia. Tali edifici saranno sempre più in grado di adattarsi alle condizioni climatiche esterne, utilizzare la luce naturale del sole, regolare la temperatura e la ventilazione autonomamente e senza alcun intervento umano.

La rivoluzione digitale ha inoltre un chiaro ruolo nella realizzazione del Goal 4 riguardante l’accesso ad un’istruzione di qualità su scala globale. Attraverso la diffusione di corsi online, chiunque nel mondo avrà la possibilità di frequentare corsi di qualità messi a disposizione dalle istituzioni più prestigiose. Soprattutto, l’e-learning aiuterà a ridurre le disuguaglianze favorendo un’istruzione almeno primaria per tutti. Con il supporto delle necessarie infrastrutture energetiche e di connessione sarà infatti possibile garantire l’istruzione ovunque anche nelle parti più sottosviluppate e remote del mondo dove l’accesso alle scuole e a un insegnamento di qualità risulta a oggi ancora problematico.

Sensibili sono inoltre i cambiamenti introdotti dalla digitalizzazione nel mondo del lavoro. Soluzioni come lo smart-working e le videoconferenze permetteranno di ridurre al minimo i viaggi di lavoro e le emissioni dei mezzi di trasporto in essi usati. Miglioramenti tecnologici e digitali aumenteranno la produttività del lavoro in molti settori con conseguente crescita nei profitti delle imprese, aumento delle assunzioni e incrementi salariali. Attraverso l’automazione di una buona parte della propria routine, i lavoratori avranno la possibilità di usufruire di un maggiore tempo libero e di migliorare significativamente il bilancio tra vita privata e lavoro. I benefici arrecati dalla digitalizzazione al mondo del lavoro vanno però pesati con i rischi se si vuole puntare al pieno raggiungimento del Goal 8 su lavoro dignitoso e crescita economica. Se i lavori caratterizzati da una sostanziale componente creativa ed emozionale quali l’insegnamento, la recitazione o la politica potranno essere assistiti da strumenti digitali ma mai sostituiti da questi, non può dirsi lo stesso per le cosiddette occupazioni “low-skilled” che saranno sempre più sostituite dall’automazione. Il declino nei lavori “low-skilled” andrà dunque attentamente monitorato e assistito attraverso politiche cuscinetto che impediscano la creazione di sacche di disoccupazione soprattutto nei paesi con economie fortemente dipendenti dal settore primario. Un chiaro esempio di questo fenomeno è rappresentato dalla manodopera nel settore agricolo oggi già pesantemente sostituita da tecnologie digitali.  La crescente evoluzione delle tecnologie digitali all’interno della filiera agricola rappresenta vantaggi sostanziali in termini di competitività, produttività ed efficienza del comparto. Macchinari automatizzati e geo-referenziati minimizzano gli errori dovuti a stanchezza dell’operatore e contribuiscono alla riduzione degli sprechi di cibo. Sensori che spesso impiegano la tecnologia dei droni permettono un costante monitoraggio delle condizioni del raccolto raccogliendo dati sulle caratteristiche del suolo e delle piante e permettendo un utilizzo più efficiente di fertilizzanti, acqua o pesticidi. Tuttavia agli aumenti di efficienza e produttività si affianca una riduzione degli impiegati nel settore che richiede attenzione. In generale, la rapida nascita di nuovi settori e opportunità lavorative permette un assorbimento rapido della disoccupazione temporanea creata per effetto dell’obsolescenza di alcuni altri. Tali dinamiche vanno costantemente monitorate per fare in modo che la digitalizzazione sia forza distruttrice e non creatrice di disuguaglianze sociali.

Della necessità di pesare benefici e rischi provenienti dalla trasformazione tecnologica sembra perfettamente consapevole la Commissione europea la cui strategia digitale affianca innovazione e lungimiranza ad un sistema di tutele precise e ferme per consumatori e imprese.  

La comunicazione del nuovo piano strategico è infatti accompagnata da due note sulla data strategy e sull’intelligenza artificiale. Queste mirano a proteggere i cittadini tramite la realizzazione di un framework regolatore per la condivisione dei dati a livello europeo e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. In particolare per quest’ultima, la Commissione riconosce il ruolo cruciale della fiducia nel promuoverne un pieno sviluppo. L’informazione asimmetrica contenuta in decisioni prese da algoritmi e l’incertezza legale sono ostacoli importanti per consumatori e imprese che la Commissione intende rimuovere per creare un atteggiamento di fiducia rispetto all’intelligenza artificiale. Ancora, parte integrante della data strategy è l’istituzione di un’unità di cyber security europea per la protezione dei cittadini dai cyber reati. L’obiettivo della Commissione è inoltre la creazione di un mercato unico europeo per i dati che sia pratico da maneggiare e facilmente accessibile nel rispetto delle regole per la privacy e per la competizione. Secondo una stima dell’International data corporation, il volume di dati globali crescerà da 33 zettabyte nel 2018 a 175 zettabyte nel 2025. Le opportunità contenute all’interno di una simile mole di dati sono enormi e la Commissione sembra intenzionata a coglierle tutte attraverso un piano di investimenti mirati ad aumentare la capienza del cloud europeo che va dai quattro ai sei miliardi di euro per i prossimi cinque anni.    

Primo pilastro del pacchetto annunciato dalla presidente Von der Leyen è quello di una digital economy profondamente centrata sulle persone. La Commissione infatti prevede grossi investimenti in sviluppo e formazione delle competenze digitali per tutti gli Europei incluso un Digital education plan per l’alfabetizzazione e lo sviluppo delle competenze digitali. Inoltre, la strategia mira ad accelerare gli investimenti nella capacità di fornire connessione dati ad alta velocità attraverso un aggiornamento del piano d’azione europeo sul 5G e 6G.

Le azioni proposte all’interno della strategia hanno come secondo pilastro quello di favorire una transizione dell’Europa verso la digital economy che sia sana e competitiva. Questo è garantito, tra le varie, tramite l’istituzione di un piano d’azione comunitario per l’industria che possa facilitare il passaggio al digitale per le imprese europee e rafforzare le regole del mercato unico.

Ultimo pilastro della strategia riguarda una trasformazione digitale che sia compatibile con una società aperta, democratica e sostenibile. In tal senso, la Commissione prevede di rafforzare il mercato interno per i servizi digitali e di armonizzare le piattaforme online e i providers di servizi informativi. Ancora, forte è il supporto verso la creazione di un database sanitario europeo che garantisca una maggiore compatibilità tra i dati sanitari e ne faciliti lo scambio su base comunitaria. Interessante è infine l’iniziativa “Destination earth” mirata alla realizzazione di un modello digitale del Pianeta ad alta precisione in grado di migliorare la capacità di previsione e facilitare la gestione delle crisi ambientali.

Ma dove si colloca il nostro bel paese rispetto ad una simile ondata di innovazione globale? Parla chiaro l’indice Desi (Digital economy and society index) della Commissione che per il 2019 ci pone al venticinquesimo posto in Europa dopo Croazia, Slovacchia, Cipro e Ungheria. Indicatore sintetico della performance digitale europea, il Desi monitora l’evoluzione degli stati membri rispetto a cinque dimensioni: la capacità di fornire una connessione dati ad alta velocità (Connectivity), gli avanzamenti rispetto alle competenze digitali dei cittadini (Human capital), la frequenza nell’utilizzo di servizi online quali video, musica, videogiochi, shopping online e online banking (Use of internet), il grado di digitalizzazione delle imprese e la diffusione di sistemi di e-commerce (Integration of digital technology) e infine il livello di digitalizzazione dei servizi pubblici (Digital public services).

Se negli anni passati tutti i paesi Ue hanno migliorato le loro performance digitali con Finlandia, Svezia, Olanda e Danimarca in cima alla lista compilata dal Desi per il 2019, molti altri paesi hanno ancora molta strada da fare e l’Italia è sicuramente tra questi. In realtà il nostro paese è ben lontano dal podio dei leader digitali europei e verrebbe da chiedersi dove sia finita l’Italia di Olivetti con il suo desiderio irrefrenabile di innovazione.

Un confronto tra l’evoluzione delle cinque dimensioni dell’indice evidenzia come le infrastrutture per la connessione dati ad alta velocità siano più che raddoppiate dal 2014 con gli investimenti in reti a banda larga mobile che fanno da traino al settore. Tale crescita non sembra aver però influenzato le altre dimensioni le quali, sin dal 2014, hanno sofferto di una dinamica evolutiva stagnante o profondamente lenta. Basta esaminare la diffusione delle competenze digitali che è rimasta sostanzialmente inalterata passando da 7,5% nel 2014 a 8,2% nel 2019 con lo sviluppo di competenze avanzate nel settore digitale ad avere un maggior peso negativo. Con il suo 8,8% rispetto al 9,4% della media europea nel 2019, la digitalizzazione dei servizi pubblici in l’Italia si colloca al secondo posto rispetto a tutti e cinque i domini ed è principalmente guidata dai servizi di e-government con quelli di e-health rimasti sostanzialmente stabili nel corso degli anni. Emerge infine come il grado di digitalizzazione delle imprese sia basso e l’uso di internet ancora poco diffuso nel nostro paese. A pesare negativamente sulla digitalizzazione del settore industriale è soprattutto l’e-commerce mentre, per quanto riguarda l’uso di internet, sono le transazioni online ad essere meno diffuse.

Politiche pubbliche a favore della transizione digitale devono dunque necessariamente tener conto delle molteplici dimensioni di cui il settore si compone ed agire in tal senso per permettere all’Italia di avvicinarsi ad i suoi compagni europei. Una chiave importante per risolvere i problemi strutturali del paese va di certo ricercata nella rottura completa con i paradigmi del passato seguendo i venti dell’innovazione che, dopo settimana scorsa, soffiano più forti in Europa.

 

Bibliografia

Twi2050 - The world in 2050 (2019). The digital revolution and sustainable development: opportunities and challenges. Report prepared by The world in 2050 initiative. International institute for applied systems analysis (Iiasa), Luxembourg, Austria. www.twi2050.org
European commission, Shaping europe’s digital future, 19 febbraio 2020.
European commission, White paper on artificial intelligence: a european approach to excellence and trust, 19 febbraio 2020.

 


Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti. 

 

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