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SCONFIGGERE LA FAME

Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile

Dal 2014 è tornato a crescere il numero di persone che nel mondo soffrono la fame, nel 2017 erano 821 milioni. In Italia dal 2010 al 2017 l’uso di pesticidi e diserbanti in agricoltura è diminuito del 20%, ma tra il 2016 e il 2017 è aumentato l’utilizzo di fertilizzanti.

Notizie

Arriva la “dieta planetaria”: così tuteliamo la salute nostra e del pianeta

Secondo il nuovo rapporto The Lancet, una dieta sana e sostenibile può evitare 15 milioni di morti premature ogni anno, ridurre l’impatto ambientale del sistema alimentare e migliorare la salute globale. 14/10/25

martedì 14 ottobre 2025
Tempo di lettura: min

Il cibo che consumiamo ogni giorno è un potente determinante della nostra salute e, allo stesso tempo, una delle maggiori pressioni sull’ambiente. La Eat–Lancet Commission on Healthy, Sustainable and Just Food Systems 2025 torna a sei anni dalla prima edizione, ridefinendo cosa significhi davvero “mangiare bene” e individuando nella Planetary Health Diet (Phd) una guida scientifica e universale per nutrirsi in modo sano, equo e rispettoso dei limiti ecologici della Terra.

Oggi oltre il 30% delle patologie croniche – dal diabete alle malattie cardiovascolari – è riconducibile a regimi alimentari sbilanciati, e secondo gli esperti e le esperte un cambiamento globale delle diete potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature ogni anno, pari a oltre un quarto dei decessi totali nel mondo.


Fig. 1 Pressione del sistema alimentare sui 9 confini planetari


Un nuovo concetto di dieta

La nuova “dieta planetaria” è fondata principalmente su cereali integrali, frutta, verdura, legumi, semi e frutta secca, con un consumo moderato di latticini, pesce e pollame, e quantità molto ridotte di carne rossa, zuccheri e grassi saturi. Gli autori e le autrici precisano che non si tratta di una dieta vegetariana in senso stretto, ma di una transizione verso un modello prevalentemente vegetale, in cui le proteine animali vengono ridimensionate a favore di fonti più sostenibili.

Secondo le stime della Commissione, un’alimentazione in linea con la Phd comporterebbe circa 2.500 kcal al giorno, di cui oltre la metà provenienti da alimenti vegetali. Il consumo di carne rossa dovrebbe ridursi a 14 grammi al giorno, quello di pesce a 28 grammi, mentre frutta e verdura dovrebbero rappresentare almeno 500 grammi complessivi quotidiani. Queste proporzioni, adattabili ai diversi contesti culturali, delineano un equilibrio che tutela sia la salute umana sia quella degli ecosistemi.

Gli studi epidemiologici alla base del Rapporto mostrano che le diete più vicine alla Phd riducono significativamente il rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, alcuni tumori e demenza. Gli effetti sono cumulativi: chi segue regimi alimentari più vegetali e meno ricchi di prodotti ultra-processati vive mediamente più a lungo e in migliori condizioni di salute.

Ma la sfida alimentare non riguarda solo quanto mangiamo, bensì come e cosa assumiamo ogni giorno. Il Rapporto evidenzia il cosiddetto “triplice fardello della malnutrizione”: carenze nutrizionali, eccesso calorico e mancanza di micronutrienti che spesso convivono nella stessa popolazione, o persino nello stesso individuo. In molti Paesi a basso reddito, milioni di persone non raggiungono livelli minimi di ferro, zinco, vitamina A e acidi grassi essenziali, con conseguenze dirette sulla crescita infantile, sullo sviluppo cognitivo e sulla produttività. All’opposto, nelle economie più ricche, la diffusione di diete ipercaloriche e povere di nutrienti sta alimentando un’epidemia silenziosa di obesità, diabete e malattie cardiovascolari.

Alimentazione insostenibile

La Commissione sottolinea che l’attuale sistema alimentare è insostenibile non solo dal punto di vista sanitario, ma anche ambientale. La produzione di cibo è responsabile di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra, contribuisce alla perdita di biodiversità e all’uso eccessivo di risorse naturali come acqua e suolo. In particolare, le produzioni animali occupano l’80% dei terreni agricoli ma forniscono meno del 20% delle calorie globali. È un paradosso che pesa sulle prospettive future: la sola agricoltura intensiva provoca ogni anno oltre 650mila morti per inquinamento atmosferico e genera un quarto delle emissioni di metano legate alle attività umane.

A questi impatti si aggiunge il crescente problema della resistenza antimicrobica: l’uso sistematico di antibiotici negli allevamenti industriali rende i microrganismi più resistenti e le infezioni che ne conseguono molto più difficili da curare. Un problema responsabile di 1,4 milioni di decessi annui. Secondo gli esperti e le esperte, anche l’inquinamento delle acque da fertilizzanti e pesticidi ha superato i limiti di sicurezza in vaste aree del pianeta, mettendo a rischio la salute delle comunità agricole e urbane.

Ripensare il cibo

Commissione avverte che nessuna strategia climatica sarà efficace senza una trasformazione profonda dei sistemi alimentari, perché anche una completa transizione energetica non basterebbe a contenere il riscaldamento globale se non cambieranno produzione e consumo di alimenti. Oggi, infatti, cinque dei nove confini planetari individuati dalla scienza sono già stati superati proprio a causa delle modalità con cui nutriamo la popolazione mondiale.


Fig.2 Consumo di cibo nelle regioni del mondo

Transizione giusta

La transizione verso diete più sostenibili deve essere anche giusta. I dati del Rapporto mostrano che il 30% più ricco della popolazione mondiale è responsabile di oltre il 70% dell’impatto ambientale legato al cibo, mentre le comunità più povere sono quelle che soffrono maggiormente malnutrizione e scarsità di accesso.

La “grande trasformazione alimentare”, come la definiscono gli autori e le autrici, non riguarda solo le scelte individuali, ma anche le politiche pubbliche: servono investimenti in educazione alimentare, incentivi alla produzione sostenibile, riforme fiscali eque e norme che riducano il potere di pochi grandi attori dell’industria agroalimentare. Come ricorda Johan Rockström, co-presidente della Commissione e direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research: “La salute delle persone e quella del pianeta sono due dimensioni inseparabili. Il modo in cui produciamo e consumiamo cibo deciderà non solo quanto vivremo, ma in che tipo di mondo vivranno le prossime generazioni”.

Scarica il Rapporto

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