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SALUTE E BENESSERE

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In Italia, gli infermieri sono 5,49 per mille abitanti, contro un valore medio del 9,42 per mille di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. Inoltre, si registra un incremento delle patologie dell’area psichiatrica e psicologica, tra le criticità accentuate dalla pandemia in Italia, che è nell’ordine del 25-30%. 

 

Approfondimenti

La insostenibilità degli sprechi in sanità, la denuncia Ocse

di Carla Collicelli, Aiquav

Per il Rapporto Tackling Wasteful Spending on Health, più del 10% della spesa ospedaliera nei Paesi Ocse è impiegata per porre rimedio a errori, la diffusione dei farmaci equivalenti varia tra il 10% e l’80% a seconda del Paese e un terzo dei cittadini ritiene che il sistema sanitario sia corrotto.
Febbraio 2017

Il recente documento dell’Ocse Tackling Wasteful Spending on Health (Affrontare gli sprechi in sanità) del gennaio 2017 si basa su di un lavoro di consultazione promosso dalla Divisione Salute dell’Ocse nel corso del 2016, concretizzatosi in una indagine tramite questionario realizzata presso esperti di vari paesi, un Meeting internazionale che si è svolto il giorno 8 aprile 2016 e l’Incontro del Comitato Ocse per la Salute del 28-29 giugno 2016. Gli autori e l’indice del documento sono rilevabili consultando questo sito.

I dati contenuti nel rapporto e le analisi prodotte sono di estremo interesse per capire quali siano i problemi di sostenibilità che i sistemi sanitari dei paesi industrializzati incontrano ai giorni nostri. Dal lavoro svolto emerge ad esempio che il 10% dei pazienti dei paesi Ocse subisce un danno durante o a seguito dei trattamenti sanitari; più del 10% della spesa ospedaliera è impiegata per porre rimedio a errori o infezioni contratte in ospedale; 1 bambino su 3 nasce per parto cesareo; la diffusione dei farmaci equivalenti (fuori brevetto e dunque meno cari di quelli soggetti a brevetto ma terapeuticamente altrettanto efficaci) varia tra il 10% e l’80% rispetto alla spesa farmaceutica dei diversi paesi; ed un terzo dei cittadini dei paesi Ocse ritiene che il sistema sanitario sia corrotto o molto corrotto.

Il Rapporto non intende mettere in discussione la qualità della assistenza sanitaria dei paesi industrializzati e gli ottimi risultati raggiunti in termini di allungamento della vita e di lotta a molte malattie. Si propone però di tentare una analisi di approfondimento in merito ad alcune importanti preoccupazioni sollevate da tempo dagli utenti, ed in qualche caso anche dagli operatori del settore, e relative al buon uso delle risorse, alla appropriatezza delle prestazioni erogate rispetto ai criteri clinici ed ai principi etici di umanizzazione e equità, al rapporto costi-benefici e risorse impiegate-valore.

Il primo tipo di approfondimento riguarda le categorie di spreco individuate. Secondo il rapporto esistono sprechi di tipo clinico (ad esempio l’erogazione di cure inappropriate, la duplicazione delle prestazioni o la mancata prevenzione di mali prevenibili), sprechi di tipo organizzativo (prezzi troppo elevati, mancata utilizzazione di dati importanti per la diagnosi e le terapie o eccessivo uso di prestazioni molto care) e sprechi di tipo amministrativo (cattiva gestione delle risorse).

Molti gli approfondimenti che il rapporto fornisce su specifici aspetti delle tre forme di spreco. Ad esempio per quanto riguarda i farmaci, un ampio capitolo è dedicato all’uso inappropriato e spesso eccessivo di farmaci antibiotici ed ai trend di consumo in diversi paesi, ed un altro ai già citati farmaci equivalenti. Rispetto alle cure ospedaliere, vengono descritte le forme di accesso inappropriato al ricovero, alcuni dei principali processi di cura inefficienti durante il decorso del ricovero, ed i ritardi nelle dimissioni, cui si legano le carenze della continuità terapeutica, come viene chiamata la prosecuzione delle cure a domicilio per chi ha lasciato l’ospedale. Per quanto riguarda i problemi di tipo gestionale ed organizzativo, l’analisi distingue tra livello dei finanziamenti e livello della governance e tra livello micro (quello degli individui), livello meso (delle organizzazioni di gestione e provider di servizi) e livello macro (delle istituzioni centrali).

L’Italia presenta rispetto ai diversi aspetti trattati alcuni buoni risultati ed altri meno buoni.  Ad esempio è buona la performance dell’Italia nel trattamento di alcune importanti patologie croniche e del loro trattamento efficace ma non troppo costoso (ad esempio solo 13 accessi all’ospedale per 1000 pazienti diabetici, come Svizzera e Canada), in quanto gestito in regime ambulatoriale o di day-hospital. Meno positivi sono i risultati dell’Italia per quanto riguarda altri aspetti, ad esempio i parti cesarei (troppo numerosi), l’uso dei farmaci equivalenti (molto basso) e la corruzione percepita.

Sicuramente la parte più interessante del rapporto riguarda le raccomandazioni e le buone pratiche. Il documento è denso di esempi e di linee-guida utili per migliorare la situazione dal punto di vista del buon uso delle risorse e della lotta agli sprechi: dalle campagne informative per sviluppare la consapevolezza, alle liste di percorsi diagnostico-terapeutici efficaci e dal costo adeguato (ad esempio Choosing Wisely) e di procedure da evitare (do not use), ai sistemi di standardizzazione dei costi e delle procedure, all’incremento della prevenzione, al corretto uso delle tecnologie, alla Health Technology Assessement (Hta), ai sistemi di sorveglianza nazionali e internazionali, alle varie forme di educazione alla salute, alla incentivazione economica da introdurre per favorire il buon uso delle risorse, agli acquisti per procurement, alla integrazione tra prevenzione, cura e riabilitazione, alla migliore organizzazione dei controlli, alla trasparenza dei dati. Un panorama vasto e dettagliato di tutti i principali temi all’ordine del giorno rispetto alle proposte di riduzione degli sprechi nei sistemi sanitari dei paesi avanzati.

Dal punto di vista italiano, salta agli occhi l’assenza dell’Italia da molte statistiche ed anche dalla descrizione delle buone pratiche. I temi sollevati dal documento dell’Ocse sono in realtà ben noti agli operatori e policy-maker italiani, e non si può dire che manchino la letteratura, gli studi e gli scambi nazionali sui diversi aspetti degli sprechi in sanità. Ma evidentemente l’Italia partecipa poco ai momenti internazionali di confronto sul tema. Occorrerebbe quindi innanzitutto sviluppare maggiormente la partecipazione a questi livelli e la raccolta di dati e informazioni confrontabili con quelle degli altri paesi. In secondo luogo si coglie una certa staticità rispetto alla soluzione di alcune questioni cruciali, da tempo indicate ai decisori come importanti, a partire dai parti cesarei, per finire alla equità degli accessi per le prestazioni specialistiche e diagnostiche, su cui da tempo si attendono azioni efficaci di miglioramento.

 

Aderenti

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