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In Italia, gli infermieri sono 5,49 per mille abitanti, contro un valore medio del 9,42 per mille di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. Inoltre, si registra un incremento delle patologie dell’area psichiatrica e psicologica, tra le criticità accentuate dalla pandemia in Italia, che è nell’ordine del 25-30%. 

 

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Le cinque condizioni essenziali per garantire l’equità in salute secondo l’Oms

Disuguaglianze di reddito, scarsa qualità dei servizi e bassi livelli di istruzione tra i fattori che incidono sul divario di salute in Italia. Dall’organizzazione mondiale un quadro completo e le azioni per cambiare rotta.     31/8/22

Sebbene l’equità in salute sia uno dei princìpi cardine del Servizio sanitario nazionale italiano, in base al quale a tutti i cittadini e tutte le cittadine deve essere garantita parità di accesso ai servizi sanitari al fine di superare le disuguaglianze, queste sono presenti nel nostro Paese da lungo tempo — piuttosto evidenti nelle donne e nei giovani quando sono valutate per gruppo di reddito, livello di istruzione e regione — e alcune si sono aggravate a causa della pandemia da Covid-19.  È quanto emerge dal Rapporto sullo stato dell'equità in salute in Italia  diffuso il 15 agosto dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), frutto di una collaborazione tra istituzioni internazionali e nazionali tra cui il ministero della Salute.

La finalità dell’analisi è principalmente quella di incoraggiare i responsabili politici nazionali e regionali a dare la priorità alle azioni e agli interventi necessari per ridurre e non aggravare le attuali disuguaglianze in salute e creare le condizioni affinché ogni persona che vive in Italia possa condurre una vita sana e prospera. Il Rapporto offre una panoramica dello stato di salute e le tendenze delle disuguaglianze nei gruppi socioeconomici, nel periodo a partire dalla crisi finanziaria del 2008 fino al 2019 prima che scoppiasse la pandemia, e individua i fattori multidimensionali che incidono sulle disparità tra gruppi più e meno abbienti. L’analisi chiude con le raccomandazioni che toccano le aree strategiche per il raggiungimento dell’equità in salute.

Stato di salute e tendenze. Prima che la pandemia da Covid-19 invertisse la tendenza, l’aspettativa di vita in Italia era in aumento, con le donne più longeve degli uomini e, in base a livello di istruzione e area geografica, emerge che le persone con la sola istruzione dell’obbligo e residenti nell’Italia meridionale vivevano in media meno a lungo. Nel decennio 2008-2018 sono diminuiti, in generale, i livelli complessivi di salute “scarsa” o “discreta” dichiarati dagli adulti in età lavorativa (25-64 anni) in ogni livello di istruzione e nelle persone anziane. Per questo indicatore, sono diminuite in modo significativo le disuguaglianze tra gli adulti, valutate per livello di istruzione, così come tra gli uomini anziani (65 anni e oltre) valutate per livello di istruzione e reddito. Invece la riduzione del divario non è stata significativa tra i giovani più e meno avvantaggiati che dichiarano una salute “scarsa” o “discreta”, in base alla valutazione per reddito, e nemmeno tra le donne oltre i 65 anni, valutate sia per gruppo di reddito che per livello di istruzione.


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Rispetto alle persone più abbienti e con istruzione universitaria, le persone con minor sicurezza finanziaria e un titolo di studio basso registrano maggior livelli di sovrappeso, livelli più alti di malattie non trasmissibili come il diabete, maggior diffusione di problemi di salute mentale e maggiori probabilità di essere fumatori. Per molti di questi indicatori la dimensione del divario, nel decennio 2008-2018, è rimasta invariata e per alcuni è aumentata, ad esempio l’incidenza del sovrappeso nei giovani, una condizione associata a elevata mortalità e fattore di rischio per le principali patologie croniche, tra cui le malattie cardiovascolare e i tumori.

Le donne, seppur siano più longeve degli uomini, esprimono un quadro peggiore in molti indicatori di salute e stili di vita rispetto alla popolazione generale. L’analisi per livello di istruzione rileva che dal 2013 è aumentato il divario tra le donne in età lavorativa (età 25-64) con titolo di studio basso e le donne con formazione universitaria che dichiarano di avere una o più patologie croniche, una tendenza che non si è verificata negli uomini. Allo stesso modo è maggiore il divario, e continua a crescere, tra le donne più e meno avvantaggiate nell’incidenza del sovrappeso. Nel decennio 2009-2019, sono più numerose le donne rispetto agli uomini che hanno riferito problemi di salute mentale, come la depressione, in tutti i livelli di istruzione. Inoltre, registrano meno probabilità di praticare attività fisica, che concorre al benessere psicofisico e gioca un ruolo cruciale nella prevenzione delle patologie a lungo termine.

Le condizioni essenziali per una vita sana e prospera. Sono cinque le aree in cui l’analisi individua i fattori che incidono in modo significativo sul divario di salute tra i gruppi di reddito più e meno abbienti: i servizi sanitari, la sicurezza del reddito e protezione sociale, le condizioni di vita, il capitale sociale e umano, l’occupazione e le condizioni di lavoro. Come evidenziato dal grafico sottostante, le disparità presenti nel reddito e nella protezione sociale sono maggiormente responsabili delle disuguaglianze, suggerendo che dare la priorità a politiche a sostegno del lavoro, si legge nel Rapporto, è necessario per garantire che i divari non continuino ad aumentare in seguito alla crisi generata dalla pandemia.

Vediamo gli aspetti principali e le tendenze in ognuna delle cinque aree.

  • Servizi sanitari. La scarsa qualità dei servizi rappresenta il 78% della parte del divario di salute attribuito ai servizi sanitari, ma con un alto grado di variazione a livello regionale. Un ulteriore fattore è rappresentato dalla possibilità di accesso all’assistenza sanitaria: nel decennio 2008-2018 è aumentato il divario nei bisogni insoddisfatti nelle persone tra i 25 e i 64 anni con titolo di studio basso e le persone con formazione universitaria. Nel 2018 il numero di persone con meno anni di istruzione che ha dichiarato un bisogno insoddisfatto era sette volte maggiore rispetto alla controparte. Tra le cause che impediscono di accedere ai servizi sanitari, il Rapporto individua la distanza, i tempi di attesa, gli orari di lavoro, le responsabilità di cura e i costi proibitivi.

  • Sicurezza del reddito e protezione sociale. Ad alimentare il divario di salute tra gruppo di reddito superiore e inferiore in questa area — che con il 43% è quella che complessivamente impatta maggiormente — è la difficoltà ad arrivare a fine mese. La capacità di far quadrare i conti è strettamente legata alla disuguaglianza di reddito, la quale registra un progressivo aumento dal 2008 al 2019 ed è rimasta a livelli più alti di prima della crisi finanziaria del 2008. Nel 2019 sia le donne che gli uomini del gruppo di reddito più alto guadagnavano oltre sei volte in più del gruppo di reddito più basso. La “povertà lavorativa”, che colpisce soprattutto le persone che svolgono lavori precari e i lavoratori autonomi — e sono soprattutto donne, giovani e migranti — registra i tassi più alti nell’Italia meridionale e insulare. Nel decennio 2008-2018 la povertà lavorativa è aumentata in tutti i livelli di istruzione e nello stesso decennio è cresciuto anche il divario tra le donne con istruzione obbligatoria e quelle con formazione universitaria che ne sono state colpite. Solo nel 2018 è aumentata più del triplo negli adulti con la sola scuola dell’obbligo rispetto a quelli con istruzione universitaria.

  • Condizioni di vita. Deprivazione abitativa, assenza di riscaldamento domestico, deprivazione alimentare e mancanza di spazi verdi incidono, con percentuali decrescenti, sul divario di salute tra persone più e meno abbienti. L’analisi sottolinea che le persone che vivono in alloggi scadenti e insicuri hanno maggiori probabilità di riferire condizioni di scarsa salute e di soffrire di malattie fisiche e disagio mentale. Inoltre, i gruppi svantaggiati hanno meno probabilità di vivere in quartieri con spazi pubblici verdi e progettati con cura, che impattano sull’equità in salute favorendo, ad esempio, l’inclusione sociale e l’attività fisica. Per quel che riguarda l’insicurezza alimentare, l’indicatore registra le percentuali più alte nell’Italia meridionale e insulare e nelle donne e negli uomini con meno anni di istruzione, il cui numero è rispettivamente il triplo e il quadruplo in rapporto alle persone con formazione universitaria. L’indicatore, oltre a misurare l’incapacità di permettersi un pasto proteico ogni due giorni, fa riferimento anche ai comportamenti alimentari dannosi per la salute, associati alle crescenti disuguaglianze nel sovrappeso e l’obesità tra le donne e le ragazze.

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  • Capitale sociale e umano. Anche il grado di partecipazione all’istruzione e la costruzione di rapporti sociali incidono fortemente sul divario di salute; in particolare, le differenze negli anni di istruzione rappresentano il 51% della parte del divario attribuito al capitale sociale e umano. L’analisi sottolinea come garantire parità di accesso all’istruzione di qualità e all’apprendimento lungo tutto il corso della vita sia cruciale per ridurre le disuguaglianze, poiché comporta benefici diretti e indiretti sulla salute e sullo sviluppo sociale ed economico. Sul fronte dei rapporti sociali, il Rapporto riferisce che l’Italia è tra i Paesi europei con i più alti livelli di scarsa fiducia. Questo elemento contribuisce al 43% della parte del divario attribuita al capitale sociale e umano. Sono soprattutto gli adulti con meno anni di istruzione (86%) a dubitare delle persone, registrando un aumento della mancanza di fiducia nel periodo dal 2013 al 2018. Le donne dubitano più degli uomini a tutti i livelli di istruzione e questo dato, sottolinea l’analisi, emerge nello stesso periodo in cui tra le donne aumentano le disuguaglianze nelle malattie croniche. Nella costruzione del capitale umano e sociale gioca un ruolo rilevante anche il grado di partecipazione al mondo del volontariato: l’analisi chiarisce come dedicarsi al volontariato possa contribuire all’equità in salute promuovendo l’inclusione sociale e il benessere psicofisico fornendo opportunità per i contatti sociali, l’attività fisica e l’apprendimento informale. La mancanza di volontariato rappresenta il 6,4% della restante porzione di divario attribuita al capitale sociale e umano.

  • Occupazione e condizioni di lavoro. Le ore eccessive di lavoro (oltre 40 settimanali) rappresentano il 93% della parte del divario di salute attribuita all’occupazione e alle condizioni di lavoro. Ai rischi del “superlavoro” per la salute fisica e mentale sono esposti i lavoratori a tutti i livelli di retribuzione, ma l’analisi sottolinea che le persone occupate in lavori manuali, da colletti blu, tendono nel tempo ad avere una salute psicofisica peggiore rispetto a quelli che svolgono lavori meno fisici o dirigenziali, da colletti bianchi. Le evidenze dicono, ad esempio, che le condizioni di lavoro stressanti sono associate in particolar modo alla depressione registrata tra i lavoratori dei gruppi socioeconomici svantaggiati. Ciò suggerisce, si legge nel Rapporto, che il lavoro stressante incide sullo stato di salute mentale con effetti differenti nei diversi gruppi socioeconomici. Sul divario di salute incide anche lo stato di disoccupazione, più diffuso tra gli adulti con la sola scuola dell’obbligo. Scomponendo il dato per genere, emerge che nel 2019 la percentuale di donne con titolo di studio più basso che si trovava in stato di disoccupazione era del 63,9% rispetto al 18,9% delle donne con istruzione universitaria. Il divario, seppur notevole, è meno marcato per gli uomini che registrano il 35,2% di disoccupati con titolo basso e il 12,4% di disoccupati con titolo alto. I giovani disoccupati sono più numerosi degli adulti (25-64 anni), ma il divario è diminuito tra il 2014 e il 2019. Nello stesso periodo tra i giovani, pur calando la disoccupazione, rimane invariato il tasso del lavoro temporaneo, al quale viene attributo un impatto enorme sui rischi per la salute psicofisica. Il lavoro precario affligge anche le donne e i migranti esponendoli ai rischi della povertà lavorativa già presa in esame.

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Le raccomandazioni per i responsabili politici italiani. Sulla base dell’analisi, il Rapporto individua per il Governo italiano, impegnato nella ripresa del Paese dalla crisi socioeconomica generata dalla pandemia, le tre aree in cui sono necessarie azioni politiche e interventi in una prospettiva a lungo termine, al fine di non aggravare le attuali disuguaglianze in salute e raggiungere l’equità in salute.   

  1. Garantire la sostenibilità e la resilienza del sistema sanitario. Per assicurare un accesso equo all’assistenza sanitaria sono necessarie azioni coordinate e che abbraccino le cinque aree in cui sono presenti i fattori che influenzano il divario di salute. Il mondo del lavoro può contribuire, ad esempio, introducendo orari di lavoro più flessibili, le istituzioni sanitarie puntando sulla costruzione di rapporti di fiducia con le persone, elemento essenziale per ricorrere ai servizi sanitari, e a tal fine sono utili le iniziative di comunicazione di salute pubblica chiara e trasparente. Per sostenere le persone nel condurre uno stile di vita sano e ridurre i rischi per la salute, sono raccomandati interventi di comunità di promozione della salute e iniziative mirate alle donne che tengano conto delle specificità di genere e socioeconomiche. Mentre per promuovere la salute e ridurre le attuali disuguaglianze tra i giovani occorre far leva sul ruolo della scuola.

  2. Ridurre la povertà per migliorare l’equità in salute. Sono raccomandate le politiche che, agendo su differenti livelli e bisogni, forniscono la stabilità di un reddito di base resistente alle crisi economiche e promotore di salute. Per contrastare le disuguaglianze di genere nei salari e nell’occupazione, sono necessarie azioni per ridurre il ricorso ai lavori non sicuri o di scarsa qualità a cui ricorrono soprattutto i giovani. Il quadro particolarmente critico della condizione delle donne richiede azioni per facilitarne la partecipazione al mercato del lavoro, ad esempio incentivando la formazione in discipline che offrono opportunità nei settori in crescita e ampliando l’accesso all’assistenza all’infanzia.

  3. Valorizzare l’equità in salute come motore e risultato del rinnovamento economico. Le principali istituzioni di riferimento, come ospedali pubblici e università, possono contribuire a rilanciare le economie locali, specie nei settori più colpiti dalla pandemia, attraverso iniziative di sostegno, ad esempio in materia di acquisti e assunzioni. A livello di comunità sono raccomandate iniziative economiche di tipo partecipativo tra professionisti o dal mondo del volontariato, per rispondere ai vari bisogni di salute non medici che possono derivare dall’indebitamento, dalla disoccupazione e dall’isolamento sociale. Mentre rafforzare i servizi sanitari locali, nel favorire nuova occupazione produttiva, a beneficio della ripresa economica del Paese, migliora al contempo la gamma dei servizi disponibili per la popolazione.

Scarica il Rapporto sullo stato dell'equità in salute in Italia

 

 

di Antonella Zisa

 

 

Fonte immagine di copertina: 123rf/tomertu

mercoledì 31 agosto 2022

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