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Notizie

Greenpeace: combustibili fossili letali, causano 4,5 milioni di morti all’anno

Si chiama “Aria tossica” il nuovo rapporto dell’organizzazione sull’inquinamento atmosferico. Da cui emerge che il costo che paghiamo è altissimo, in termini di danni alla salute ma anche di spesa, il 3,3 per cento del Pil mondiale. 18/2/20 

Una stima di quattro milioni e mezzo di morti premature ogni anno e 2.900 miliardi di dollari, equivalenti al 3,3 per cento del Pil mondiale, ovvero otto miliardi di dollari al giorno. È il costo che il Pianeta sostiene annualmente a causa dell’inquinamento atmosferico derivante dallo sfruttamento dei combustibili fossili, ossia carbone, petrolio e gas. Una situazione critica anche per l’Italia, dove il costo dell’inquinamento da combustibili fossili è ogni anno di circa 56mila morti premature e 61 miliardi di dollari. È quanto emerge dal rapporto “Aria tossica: il costo dei combustibili fossili”, pubblicato il 12 febbraio da Greenpeace Southeast Asia e dal Center for research on energy and clean air (Crea), che rappresenta il primo studio in grado di valutare il costo globale dell’inquinamento atmosferico legato ai combustibili fossili.

Secondo i dati raccolti, sarebbero quattro milioni e mezzo le morti premature stimate ogni anno a livello globale, un dato che supera di oltre tre volte il numero di decessi causati da incidenti stradali (dati Organizzazione mondiale della sanità, disponibili qui). Ma l’esposizione alle polveri fini, denominate Pm2.5, aumenta anche il numero di malattie croniche, con 600mila morti per infarto all’anno, contribuisce a milioni di visite mediche e a 1,8 miliardi di giorni di assenza per malattia, con una conseguente perdita economica annua pari a circa 101 miliardi di dollari. Il tutto, come riportato all’inizio, per un costo di 2.900 miliardi di dollari all’anno. “Mentre le industrie dei trasporti e dei combustibili fossili continuano a investire su tecnologie superate”, commenta Greenpeace, “la nostra salute e le nostre comunità pagano un caro prezzo”.

L’inquinamento atmosferico è anche una delle principali minacce per la salute dei minori, specialmente nei Paesi a basso reddito. Circa 40mila bambini al di sotto dei cinque anni, stimano gli autori, sono morti nel mondo a causa dell’esposizione alle polveri fini; due milioni i parti prematuri ogni anno. Il biossido di azoto (NO2) derivante dall’utilizzo dei combustibili fossili nei veicoli, nelle centrali elettriche e nelle industrie, è associato a circa quattro milioni di nuovi casi di asma tra i bambini ogni anno, con una stima globale di circa 16 milioni di bambini nel mondo affetti da questa sindrome a causa proprio dei danni del NO2.

Il costo economico dell’inquinamento dell’aria, precisa Greenpeace, dipende dai livelli di concentrazione degli agenti inquinanti, dalla dimensione della popolazione e dai costi dell’assistenza sanitaria. Dal Rapporto emerge che la Cina continentale, gli Stati Uniti e l’India sostengono i costi più elevati, pari rispettivamente a 900, 600 e 150 miliardi di dollari all’anno.

L’inquinamento atmosferico è una minaccia globale sempre più grave, ma sono sempre di più le soluzioni accessibili. E molte sono anche soluzioni ai cambiamenti climatici. L’utilizzo di energia rinnovabile e i sistemi di trasporto che fanno affidamento sull’energia pulita, osserva Greenpeace, “non solo riducono l’inquinamento atmosferico, ma hanno anche un ruolo centrale nel mantenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, limite indicato dalla scienza per evitare le conseguenze peggiori dell’emergenza climatica”.

Scarica il Rapporto completo

 

di Andrea De Tommasi

martedì 18 febbraio 2020

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