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Donne e maternità in Italia: una vita in equilibrio fatta di ostacoli e criticità
Politiche e servizi a sostegno della genitorialità insufficienti contribuiscono alla bassa fecondità nazionale. Nel Rapporto di Save the Children un’analisi su natalità, esperienza post-parto e condizioni delle madri lavoratrici. 24/5/23
L’Italia registra una bassa natalità dovuta a diversi fattori, tra cui la riduzione del numero di donne in età fertile e la mancanza di politiche a sostegno della famiglia. L'incertezza economica e la difficoltà nella conciliazione tra vita familiare e lavorativa rappresentano ulteriori ostacoli alla scelta della maternità. È ciò che emerge dal Rapporto “Le Equilibriste – La maternità in Italia, 2023” pubblicato da Save the Children il 10 maggio.
I tassi di fertilità. Sono i dati Istat a fornire il quadro su nascite e tassi di fertilità nazionale: nel 2022 l'Italia ha raggiunto un nuovo record minimo di nascite, con 392.598 bambine e bambini iscritti all’anagrafe, -1,9% rispetto al 2021. Nonostante il contributo migratorio, la popolazione italiana resta in costante calo.
Se all’inizio del millennio la contrazione riguardava soprattutto le nascite dal secondo figlio in poi, oggi colpisce direttamente i primi figli, che per le donne italiane arrivano sempre più tardi. Inoltre, l'età media delle madri al primo figlio è in costante aumento, come anche il numero di donne che diventa madre dopo i 40 anni, dinamica che caratterizza comunque tutta l’Unione Europea. Se il primo figlio arriva più tardi, la propensione al secondo diminuisce in ragione di nuovi elementi di consapevolezza, legati al crescente costo dei figli, alla carenza di politiche a sostegno delle famiglie, ma in parte anche conseguente al vissuto del parto e dei primi mesi di genitorialità, di cui il sondaggio Ipsos ha evidenziato alcune caratteristiche di condivisa traumaticità e difficoltà.
Il rapporto tra lavoro e maternità. Argomento di fondamentale rilevanza è la relazione tra lavoro e fecondità delle coppie: contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, attualmente la relazione tra occupazione femminile e nascite è direttamente proporzionale (dove le donne lavorano di più, nascono più figli). Un’inversione avvenuta nel 2010, ma fin dagli anni ’80 nel resto d’Europa. Oggi affinché la fecondità sia più alta non basta che uno dei partner lavori, ma c’è bisogno che entrambi abbiano una posizione stabile. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità.
Per le madri, la conciliazione tra lavoro e organizzazione familiare risulta di fatto particolarmente critica. Esemplificativo in tal senso è il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età scolare e donne nella stessa fascia d’età senza figli: nel 2021 questo rapporto è del 73%, ovvero per ogni 100 donne senza figli occupate ce ne sono 73 con figli in età scolare occupate.
Confrontando i tassi di occupazione delle madri con quelli dei padri, si evidenzia chiaramente una differenza nei meccanismi che sottostanno alla partecipazione al mercato del lavoro: mentre l'avere figli riduce il tempo e l'energia che le madri possono dedicare al lavoro, per gli uomini aumenta la motivazione o la necessità di provvedere alla famiglia.
I dati 2021 dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) confermano una tendenza in atto da oltre dieci anni: sul totale delle convalide delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, il 71,8% si riferiscono a donne e il 28,2% a uomini.
Tra gli uomini il 78% delle dimissioni è legato al passaggio ad altra azienda, mentre per il 65% delle donne è legato alle difficoltà di conciliazione tra lavoro e funzione di cura.
Dal sondaggio emerge che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia è ostacolata dalla discriminazione di genere e di età, dalla necessità di riduzione dei tempi di lavoro che comporta una riduzione del salario e delle opportunità di carriera, da una forte divisione dei ruoli di genere e dalla mancanza di politiche di sostegno alle famiglie come il congedo parentale retribuito e la flessibilità sul posto di lavoro.
Le mamme: tra difficoltà pratiche ed emotive. Nell’aprile 2023 Ipsos[1] ha condotto un sondaggio per Save the Children che analizza e osserva l’esperienza della maternità in Italia, dalla gestazione ai mesi successivi alla nascita di un figlio o una figlia: l’impatto sulla condizione lavorativa, sulle relazioni sociali e sulla vita di coppia, l’impatto delle politiche per la genitorialità e dei servizi utilizzati.
L’81% delle mamme considera generalmente positiva dal punto di vista medico l’esperienza del parto in ospedale. Tuttavia, 1 donna su 2 (50%) non si sente accudita sul piano emotivo/psicologico. Un dato che fa riflettere, se si pensa alla definizione dell’Oms della salute intesa come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”.
Nella complessa fase del primo accudimento del neonato, in cui si ridisegnano equilibri e si mescolano identità, relazioni ed emozioni contrastanti, sono pochissime le neomamme che si sentono supportate dall’assistenza domiciliare pubblica e dai consultori familiari.
Il 79% delle mamme è pronta a sottoscrivere che “la gioia per il lieto evento ha ripagato tutte le fatiche”, ma il 58% concorda comunque sul fatto che l’esperienza del parto e dei primi mesi porta con sé anche dubbi, fatiche, senso di solitudine o inadeguatezza. Sono partner e parenti le figure che contribuiscono maggiormente in questa delicata fase di vita, ma sebbene solo il 13% delle mamme che convivono con il padre o l’attuale partner si dichiari insoddisfatta della loro collaborazione nell’accudimento del bambino, sono loro a dedicare gran parte del proprio tempo quotidiano alla cura del figlio: 16 ore al giorno contro le 7 del partner.
In generale, le politiche di sostegno ai padri in Italia sono ancora limitate, ma negli ultimi anni si è registrato un aumento dell'attenzione verso il ruolo del padre nella cura dei figli e nella famiglia.
Quasi la metà delle mamme intervistate (40%) fatica a ritagliarsi del tempo per sé, il 56% non riesce a trovare il tempo per uscire da sola con il proprio partner. Peraltro, pur senza espliciti nessi di causalità, il 40% delle mamme intervistate, dopo la nascita del figlio, denuncia per il 40% momenti di crisi e conflittualità.
Tra le mamme intervistate, solo 4 su 10 lavorano. Più di una su 4 (26%) non lavorava neanche prima della gravidanza. Ma una percentuale significativa (71%) di chi attualmente non lavora dichiara che molto probabilmente o probabilmente entrerà o rientrerà al lavoro nei prossimi 12 mesi.
Il ritrovamento dell'equilibrio da parte delle mamme dopo la nascita del bambino dipende da molti fattori, come il supporto familiare, quello medico, le condizioni economiche e il lavoro. In generale, molte mamme possono incontrare difficoltà nell'adattarsi alla nuova situazione e nel ritrovare l'equilibrio nella propria vita.
Congedo parentale, asili nido, bonus bebè, flessibilità sul lavoro, agevolazioni fiscali, servizi di welfare, politiche e servizi a sostegno dei genitori e della prima infanzia in Italia ci sono, ma in base al sondaggio ancora limitati e insufficienti rispetto alle esigenze delle famiglie. “Per innescare un cambiamento radicale nel cosiddetto ‘Paese delle culle vuote’ è indispensabile adottare una strategia organica, capace di proporre politiche pubbliche e interventi a 360 gradi per creare un ambiente più favorevole alla condizione femminile, alla maternità e alle esigenze della genitorialità e dei nuovi nati”, conclude il documento.
di Monica Sozzi
[1] Indagine effettuata su un campione di 800 mamme di bambini di età compresa fra 0 e 2 anni, con quote rappresentative dell’universo di riferimento per area geografica e condizione lavorativa (stima Ipsos su dati Istat).
Fonte copertina: Francesco Alesi e Francesca Leonardi per Save the Children (2023)