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ENERGIA PULITA E ACCESSIBILE

Assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni

Nel 2021, la quota di energia primaria da fonti rinnovabili a livello mondiale è arrivata al 13,5%, mentre la quota di produzione mondiale di energia elettrica rinnovabile al 25%. In Italia, al 2020, la media nazionale delle fonti rinnovabili sui consumi lordi finali ha raggiunto il 19%. La produzione elettrica rinnovabile registrata nel 2021 si è attestata al 36% (ma dovrà superare l'80% entro il 2030).

Approfondimenti

La battaglia contro il climate change è molto difficile: occorrono scelte drastiche e urgenti

a cura di Donato Speroni, Segretariato ASviS

Toni preoccupati nei convegni del Festival in cui si è parlato di energia e cambiamento climatico. In aggiunta all’impegno politico globale per la mitigation, si può fare molto razionalizzando edifici e modelli di consumo e promuovendo l’economia circolare.
Maggio-Giugno 2017

A che punto è l’impegno contro il cambiamento climatico e per un uso più razionale dell’energia? Il tema è centrale nell’Agenda 2030 dell’Onu, ed è stato al centro di numerosi incontri nel corso del Festival dello sviluppo sostenibile.

Parma ha ospitato tre incontri significativi. Nel primo, il climatologo Luca Mercalli, ben noto ai telespettatori, ha risposto alla domanda: “Crisi ambientale e climatica, perché la sottovalutiamo?”. Citiamo dal comunicato conclusivo:

Alla fine non ce la fa più, Luca Mercalli, e sbotta: "Il problema è che il 95% della gente vuole il Suv della pubblicità di questi giorni, quello con il doppio terminale di scarico maggiorato. Figuriamoci!". Mercalli ha snocciolato dati, divulgato lo stato dei problemi, analizzato le possibili soluzioni cercando di suonare alto l'allarme per il rischio che la popolazione umana si sfracelli: "È come se avessimo finito il carburante in volo, su un aereo a diecimila metri di quota: le possibilità sono due: o ci lanciamo col paracadute e limitiamo i danni oppure precipitiamo". È apparso sfiduciato, Mercalli, perché "non sappiamo più come dirlo. Non c'è una presa d'atto collettiva. Come possiamo convincere le grandi masse? Può darsi che andremo dritti verso i processi che abbiamo attivato". Ossia, più 5° C a fine secolo e un metro in più di altezza di mari e oceani. Previsioni contenute nel rapporto finale della Cop 21 di Parigi, del 2015. "Siamo a un bivio - precisa il climatologo - se adottiamo il paracadute, ossia qualche contromisura, possiamo fermare l'aumento della temperatura globale a 2° C e l'innalzamento dei mari entro il mezzo metro. Se iniziamo ora la cura potremo solo compensare i sintomi della malattia, non torneremo più all'organismo sano. Quel bivio si presentò nel 1970. Poi nel 1972 ci fu la prima conferenza Onu, a Stoccolma, e il rapporto del club di Roma su "i limiti dello sviluppo". I modelli analitici di quel libro, che vendette 35 milioni di copie, si sono rivelati corretti ma all'epoca fu screditato. Si continuò business as usual". E oggi ne paghiamo le conseguenze: "Ogni anno consumiamo un pianeta e mezzo di risorse. Se continuiamo così, e la popolazione è già 7,5 miliardi e arriverà sui 9,5 al 2050, ne serviranno tre di pianeti, ma ne abbiamo uno solo: il clima si sta riscaldando e la causa siamo noi, non ci sono più dubbi".

Che fare?

La ricetta Mercalli prova a darla, ribadendo che sono concetti e proposte di ormai lunga data, a partire dall'azzerare il consumo di suolo e i rifiuti. Al produrre energia da fonti rinnovabili, ad introdurre una carbon tax ad esempio sui voli aerei, i più inquinanti, a puntare sulla mobilità dell'auto elettrica, a valorizzare l'agricoltura di prossimità.

"Rimane che l'urgenza della sfida - ha detto in conclusione - si è ripetuta molte volte nella storia dell'umanità, così come la sottovalutazione generale. Ad esempio se pensiamo alla Seconda Guerra Mondiale, qualcuno aveva visto lungo, come Winston Churchill che nel '34 mise in guardia su Hitler, poi nel '36 asserì che non era più tempo di mezze misure, di procrastinare perché il cerchio si sta chiudendo. E nel '39 gli spazi erano chiusi. Ma proprio da Churchill dobbiamo prendere esempio, perché non si arrese e per cinque lunghi anni perseverò a non mollare mai. Ecco, oggi sul clima e l'inquinamento, la massa della gente non si muove, non percepisce il pericolo e anche noi, sebbene con un po' di frustrazione, non dobbiamo mollare mai.

È apparso leggermente più ottimista Stefano Caserini, docente del Politecnico di Milano, che ha presentato il suo libro “Il clima è (già) cambiato”.

“Possiamo ancora scegliere la strada migliore da intraprendere” afferma, “sono un possibilista, credo che la scelta migliore sia alla nostra portata però richiede un impegno della politica a un livello completamente diverso da quello in atto ora”.

Le strade possibili da scegliere sono tre ma solo una è quella che ci assicurerebbe un mondo migliore: “Quella del business as usual ovvero quella per cui non ci interessa ciò a cui stiamo andando incontro e quindi lasceremmo le cose come stanno, oppure possiamo intraprendere la strada serious mitigation decidendo di intervenire per non superare i 2°, mentre per ultima, quella migliore – aggiunge con un'espressione di speranza – sarebbe l'aggressive mitigation cioè impegnarsi al meglio per avere un mondo migliore”.

L'obiettivo numero 13 presente nell'agenda Onu 2030 è proprio quello che riguarda il cambiamento climatico e su cui secondo Caserini bisognerebbe prestare molta attenzione: “È un problema globale e ben più complesso degli altri problemi a cui siamo stati abituati, non è il classico problema di inquinamento – asserisce – la grandezza di questo problema fa sì che sia difficile da affrontare specialmente perché è un problema con una grande inerzia quindi gli effetti non li vediamo direttamente noi oggi ma sono molto spostati nel futuro. Se abbiamo un senso etico dobbiamo interessarci, anche se nel 2200 non ci saremo più: è una questione molto importante per essere tralasciata”.

Trattando anche di surriscaldamento globale vengono riportati molti dati e grafici che attestano che anche se ci si impegnasse per non far innalzare la temperatura sopra i 2° ci sarebbero comunque dei gravi sconvolgimenti che riguarderebbero “non solo le biodiversità ma anche rischi economici e lo scioglimento dei ghiacciai con il conseguente innalzamento del livello dei mari per citarne alcuni”.

Alla conferenza di Parigi tenutasi nel 2015 tuttavia si è stabilito di mantenere le temperature ad una crescita al di sotto dei 2° C, ovvero fermarsi al 1,5° C: “C'è consapevolezza che ci sono dei seri problemi – afferma fiducioso il docente – ci sono anche numerosi articoli che per esempio mettono in relazione il cambiamento climatico con le migrazioni di intere popolazioni. In Italia, per esempio, il livello del mare aumenterebbe almeno di un metro”.

“La mia idea - dice Caserini - è che la paura non può essere sufficiente per indurre un cambiamento perché l'essere umano non cambia solo se prova paura ma anche se vede una possibilità e dei vantaggi nell'agire: io faccio vedere come si può fare molto e come trarne dei benefici” grazie alla green economy.

Nel terzo incontro Luca Lombroso, meteorologo e divulgatore ambientale, ha esaminato anche gli effetti della decisione assunta dal presidente americano Donald Trump.

"Se gli Stati Uniti uscissero dall'accordo internazionale sul clima sarebbe di una gravità inaudita" afferma nel corso del suo intervento. "Ancora non siamo in grado di capire cosa voglia fare il presidente Trump. - specifica Lombroso - Certo ci sarebbe una differenza grossa se volesse uscire solo dagli Accordi di Parigi, un percorso che durerebbe tre anni in pratica l'intero mandato di Trump, oppure se intenderà uscire dall'intera convenzione sul clima (Ipcc), in questo caso ci metterebbe un anno ma sarebbe ancor più grave, non solo per i tempi brevi. Occorre che la diplomazia faccia molto lavoro, anche se da come è andato il G7 e dalla posizione assunta dalla cancelliera Merkel la questione del clima è un sintomo di diversità politiche ben più rilevanti".

Il problema è che gli Usa sono i principali responsabili delle emissioni di gas serra, e se dovessero disdire gli impegni a ridurli la situazione mondiale ne risentirà in negativo. "I cambiamenti climatici sono l'obiettivo numero uno dell'Agenda Onu 2030, da loro discende tutto il resto: sviluppo, povertà, acqua, foreste" dice Lombroso nel presentare il libro "Ciao Fossili. Cambiamenti climatici, resilienza e futuro post carbon" e nel successivo dibattito su "Oltre la Cop21 di Parigi: verso la decarbonizzazione” affiancato da Giovanni Michiara, di Manifattura Urbana.

Basta il dato dell'anidride carbonica, principale gas serra. "Quando cominciai le misure - spiega il meteorologo modenese - nel 1987 il livello nell'aria di CO2 era di 340 parti per milione. Nel 2016 era a 406. Oggi siamo a 408. Possiamo dire che il principale gas serra è fuori controllo. La quantità e la rapidità della crescita non ha precedenti negli ultimi 400 milioni di anni, è come se tornassimo all'epoca dei dinosauri".

Lombroso ritiene che "la strada per la salvezza è una sola e si chiama ‘decarbonizzazione’, ossia dire addio ai combustibili fossili e sostituirli con l'energia da fonti rinnovabili". Il meteorologo cita molti esempi possibili nel libro, e crede che si possa fare "con la governance globale da un lato e l'impegno dei singoli cittadini dall'altro" al fine di "trovare un nuovo equilibrio per vivere bene".

La strategia è la "decarbonizzazione entro il 2050. Questo significa uscire dall'ottica che devono aumentare i consumi; migliorare l'efficienza energetica; intervenire a tappeto sull'edilizia esistente per portarla a emissioni zero al 2030 e si può fare; avere tutta l'elettricità da fonti rinnovabili, cosa già possibile". E poi due azioni, più problematiche: "il problema del trasporto è il più grosso. In base agli esiti di Parigi se vogliamo contenere l'aumento di temperatura entro i 2° C rispetto all'epoca preindustriale, sono già state stilate previsioni da esperti che dicono che dovrebbe essere venduto l'ultimo motore a scoppio fra 5 anni e, nel 2030, fermare la circolazione di tutte le auto a combustibili fossili. Infine l'alimentazione: dobbiamo mangiare meno carne".

Il convegno “Unire le forze per l’adattamento ai Cambiamenti climatici”, organizzato dall’Associazione Professionale Italiana Ambiente e Sicurezza (Aias) e da Anci Lombardia, ha presentato alcune strategie per contrastare il cambiamento climatico. Andrea Masullo, del Ministero dell’Ambiente/Sogesid, illustra i contenuti del piano nazionale d’adattamento ai cambiamenti climatici elaborato da Cmcc (centro mediterraneo sui cambiamenti climatici) su incarico del Ministero dell’Ambiente. Due sono i possibili scenari assunti nel piano nazionale d’adattamento che evidenziano come l’innalzamento delle temperature medie terrestri inciderà più fortemente sul territorio nazionale rispetto alla media terrestre con picchi estivi fino a 4° e 8° nel periodo 2081-2100. Antonio Ballarin Denti della Fondazione Lombardia Ambiente illustra il documento di redazione del piano d’adattamento al cambiamento climatico, approvato da Regione Lombardia a fine 2016, e ponendo le basi per la “territorializzazione” degli impatti e degli obiettivi d’adattamento prevede 30 azioni prioritarie per quattro settori integrati: difesa del suolo e del territorio e risorse idriche, qualità dell’aria e salute umana, agricoltura e biodiversità, turismo e sport. Inoltre, il piano prevede il coinvolgimento degli stakeholder e azioni di sensibilizzazione. Giancarlo Bianchi, Presidente Aias, evidenzia l’opportunità per i comuni di attingere a professionalità presenti sul territorio dalla società civile per supportare i comuni nel predisporre e attuare le politiche di adattamento. 

Due eventi tenuti in altre città hanno affrontato sotto aspetti diversi il problema di un uso più razionale dell’energia.

Il convegno "Costruire in un clima che cambia. Best practice per l'efficienza energetica" tenutosi lunedì 5 giugno all'Università Iuav di Venezia e curato da Massimo Rossetti e Domenico Pepe, ha trattato il tema delle soluzioni tecniche per l'efficienza energetica in edilizia.

Dopo i saluti iniziali del Rettore Alberto Ferlenga, Massimo Rossetti dell'Università Iuav di Venezia ha coordinato i cinque relatori - Norbert Lantschner di Fondazione ClimAbita, Francesco Nesi di Zephir | Passivhaus Italia, Luca Lionetti dell'Agenzia CasaClima, Domenico Pepe dell'Università Iuav di Venezia ed Ernesto Antonini dell'Università di Bologna - su temi quali le ripercussioni dei cambiamenti climatici sulle costruzioni, la tenuta all'aria degli edifici, l'efficienza dell'involucro trasparente, la ventilazione meccanica, l'ottimizzazione dei costi durante il ciclo di vita e l'eliminazione dei ponti termici.

L'efficienza energetica in edilizia si profila come l'ambito con il potenziale probabilmente più alto di risparmio energetico. Una profonda attività di riqualificazione sul patrimonio immobiliare esistente, in particolare quello residenziale, porterebbe senza dubbio a enormi benefici come contenimento dei consumi, riduzione dell'impatto ambientale e incremento del comfort interno. Il convegno ha evidenziato come siano ampiamente disponibili le soluzioni tecniche per il raggiungimento dei più alti livelli di efficienza, sia nel caso di nuove costruzioni che di manutenzione, e come tali soluzioni siano perfettamente integrabili con un alto livello di qualità architettonica.

È anche possibile pianificare meglio i consumi di energia. Se n’è discusso a Pavia ed ecco il resoconto di Fabrizio Fattori, Ph.D., Post-Doc Researcher - energy system modeling and analysis del Department of Electrical, Computer and Biomedical Engineering dell’Università di Pavia sul convegno “Modelli e pianificazione per la sostenibilità energetica: l’Italia della ricerca si confronta”.

Gli attori coinvolti in Italia nell'ambito dei modelli per la pianificazione dei sistemi energetici sono diversi: da istituti ed enti di ricerca, pubblici e privati, fino a società di consulenza.

La sostenibilità ambientale ed economica, insieme alla sicurezza, sono obiettivi di una buona pianificazione energetica. Tuttavia, sebbene questi obiettivi siano condivisi nelle varie attività svolte individualmente, le occasioni di confronto e collaborazione fra i vari attori attivi in questo campo della ricerca (e didattica) in Italia non sono state finora molto coordinate. L'evento del 29 maggio a Pavia ha raggiunto l'ottimo risultato di fare incontrare questi attori per discutere insieme il ruolo, le criticità, gli obiettivi, ostacoli e opportunità di questi modelli e l'importanza del loro insegnamento in ambito universitario. L'interdisciplinarità, i contatti con i decisori politici, e l'impatto di nuove tecnologie (come rinnovabili fluttuanti e veicoli elettrici) sono emersi come punti di opportunità e criticità per i modelli e per la loro applicazione.

L'argomento ben si colloca all'interno degli obiettivi 7, 11 e 12 tra i 17 SDGs e può beneficiare non solo del contributo degli economisti, ma anche degli ingegneri. A Pavia abbiamo iniziato a confrontarci, speriamo sia un nuovo passo verso una maggior consapevolezza e dunque azione comune.Di efficienza energetica si è parlato anche nel convegno promosso dal Gestore dei Servizi Energetici - Gse il 31 maggio, per presentare il proprio Bilancio di sostenibilità 2016. Il presidente del Gse Francesco Sperandini ha affermato che “Il Gse sta costruendo ponti per le future generazioni, questo ponte ha diverse arcate: al 2020, 2030, 2050, 2070. Il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile è però minacciato dal paradosso di Giddens, secondo il quale esiste una contraddizione potenzialmente irrisolvibile tra il rischio del cambiamento climatico, che deve essere affrontato prima che diventi visibile, e la risposta politica, che non riesce ad essere articolata se non in presenza del rischio, ovvero quando ormai è troppo tardi. Il contributo che l’Italia può dare a livello di effetti climalteranti è piccolo, ma ciò non ci può far desistere e il Gse sta dando il suo contributo”. Luca Benedetti, responsabile studi del Gse, ha affermato che il Gse sta costruendo un modello che permette di rileggere gli effetti delle proprie attività secondo la “lente” del valore condiviso. In particolare per il Gse la misurazione del valore generato sul Sistema Paese assume grande rilevanza, per esigenze di trasparenza nei confronti dei cittadini e delle istituzioni. Peraltro, attraverso la misurazione del valore generato si possono produrre informazioni utili per i decisori, sia ai fini della valutazione dell’efficacia e dell’efficienza delle politiche attuate, sia per il loro aggiornamento e per la definizione di nuovi strumenti.

Esistono modelli positivi a cui ispirarsi? Se n’è parlato a Roma, al convegno “Decarbonizzazione ed economia circolare” organizzato da Enel e Kyoto Club presso l’Auditorium di Viale Regina Margherita a Roma.

Hanno aperto i lavori il direttore della Country Italia di Enel Carlo Tamburi e il direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini e ha chiuso la giornata Raffaele Tiscar, capo di gabinetto del ministero dell’Ambiente. Nel corso della giornata, guidata da Antonio Cianciullo di Repubblica, sono intervenuti diversi ospiti provenienti da istituzioni, imprese, associazioni e organizzazioni per dialogare su principali barriere e opportunità ma anche presentare alcuni casi di successo.  

Tamburi ha sottolineato che “Da qualche anno Enel è in prima linea per il suo impegno sulla sostenibilità: Enel ha adottato quattro dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu”, mentre Enrico Viale, direttore Global Thermal Generation di Enel, ha illustrato il caso di Futur-e, un progetto Enel di economia circolare su scala gigantesca. “La tecnologia ci ha permesso di produrre in maniera sempre più sostenibile. Con il progetto Futur-e diamo nuova vita a 23 centrali che hanno fatto la crescita industriale italiana: un progetto di economia circolare realizzato insieme a comunità e altri partner per creare valore condiviso”.

Piuttosto che gestire la sola dismissione di questi impianti, abbiamo deciso di lavorare su Futur-e come di un progetto di up cycling, al fine di ripensare la destinazione dei 23 siti trasformandoli in una nuova opportunità per il territorio di appartenenza. È circolare anche la gestione di questo cambiamento, promosso attraverso bandi di gara in cui è premiante il rispetto dei principi di economia circolare delle proposte per contribuire al rilancio della competitività e della sostenibilità dell’intero Paese.

L’economia circolare non è solo economia dei rifiuti ma richiede un ripensamento all’origine della produzione e del manufatto, questo l’intervento conclusivo di Raffaele Tiscar, capo di gabinetto del Ministero dell’Ambiente. Il quale conferma che entro luglio il Consiglio dei ministri approverà la Strategia nazionale sullo sviluppo sostenibile. Un documento molto atteso e che aiuterà a fare chiarezza su come le imprese possano mettere in campo da subito i principi di economia circolare.

Una panoramica complessiva dei problemi e delle opportunità offerte dalla transizione alle rinnovabili è emersa dal convegno “L’energia per il futuro tra i cambiamenti climatici ed innovazione tecnologica” presso il Casale 11 dell’Università Tor Vergata organizzato dal Dipartimento di ingegneria elettronica. Il convegno è stato ricco di interventi di personalità di primo piano del campo dell’energia (Enel Green Power e Gse), della ricerca (Università di Siena, Università degli Studi di Tor Vergata) e della salvaguardia dell’ambiente (Università della Tuscia) ed è stato anche l’occasione per presentare la nuova sede del laboratorio Chose (Centre for Hyrbrid and Organic Solar Energy): il Polo Solare Organico della Regione Lazio, trasferitosi nei locali del Casale 11. Il direttore scientifico del Polo, Aldo Di Carlo, ha presentato i lavori del suo gruppo di ricerca incentrati sullo sviluppo di tecnologie fotovoltaiche di nuova generazione (organiche, Dssc e peroskite),  sottolineando come l’Università di Tor Vergata ed il Polo ricoprano un ruolo in prima linea nell’ambito dell’innovazione tecnologia a servizio della sostenibilità.

Il primo relatore è stato Riccardo Valentini dell’Università della Tuscia, che è uno dei componenti dell’Intergovernmental Panel On Climate Change – Ipcc, il Comitato per i mutamenti climatici delle Nazioni Unite. Il contributo di Valentini è stato incentrato sull’Accordo di Parigi, siglato nella capitale francese nel 2015. L’accordo è stato il primo ad avere un carattere mondiale e giuridicamente vincolante sulla salvaguardia del clima. Pur avendo suscitato il consenso di 195 Paesi, Valentini ha mostrato le criticità emerse dopo già pochi anni dalla sua nascita, soprattutto in relazione agli sviluppi politici dello scenario internazionale contemporaneo.

L’intervento successivo è stato curato da Riccardo Basosi dell’Università degli studi di Siena e rappresentante italiano del Comitato energia di Horizon 2020. Grazie alla sua conoscenza approfondita del programma europeo Horizon 2020, Basosi ha descritto come il campo delle tecnologie fotovoltaiche siano state protagoniste di molti progetti europei e come i finanziamenti siano stati distribuiti in dettaglio nel nostro Paese.  Nel dibattito sul tema è stato coinvolto Massimo Mazzer del Cnr, (Consiglio Nazionale delle Ricerche) il quale ha presentato le opportunità future per il fotovoltaico, che dopo un momento di arresto, è ritornato a coprire un ruolo importante per lo sviluppo industriale italiano.

La partecipazione di Francesco Sperandini, Presidente e AD del Gse (Gestore dei servizi energetici) ha dato vita ad un interessante dibattito interattivo con il pubblico presente al convegno. Sperandini infatti si è messo a disposizione delle domande di studenti e ricercatori descrivendo la realtà del Gse e puntualizzando gli sforzi che l’ente fa al servizio dell’energia rinnovabile a 360°.

Tra gli altri è intervenuto l’“Head of Solar Wind and Geothermal Innovative business opportunities” di Enel Green Power, Fabrizio Bizzarri.  Questi ha presentato l’importante investimento che Enel ha avviato per il rinnovato centro 3 Sun 2.0 di Catania. Il centro rappresenterà un’importante filiera industriale per la produzione di pannelli fotovoltaici realizzati con la tecnologia dell’etero-giunzione.

Stefano Cordiner, l’Energy Manager del Campus Universitario di Tor Vergata, ha messo in evidenza i vantaggi strettamente connessi alle energie rinnovabili sia in termini di sviluppo economico che di opportunità di lavoro. Molto interessante è anche il contenuto di innovazione connesso alle attività in questo campo come ad esempio lo sviluppo di nuove figure che operano sul mercato come il prosumer ovvero l’unione tra il produttore ed il consumatore di energia.  La conclusione dell’evento è stata affidata a Claudia Bettiol, fondatrice di Energitismo, che ha parlato dell’importanza della visione e dei traguardi di alto respiro che la ricerca e sviluppo devono immaginare. Tutti i relatori hanno manifestato ottimismo nei confronti delle tematiche affrontate durante il convegno e hanno rivolto l’attenzione ai ricercatori impegnati nelle attività del Polo Solare Organico, augurando loro di riuscire nelle loro ricerche e di non perdere mai l’entusiasmo per il loro lavoro”.

 

Aderenti

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