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“Prima delle prossime elezioni, i partiti devono affrontare la realtà dell’immigrazione”
La politica deve avere il coraggio di misurarsi su un tema sfidante, senza cedere alla tentazione di facili slogan. Analisi e proiezioni demografiche al quarto ASviS Live organizzato da Futura Network. 21/6/22
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Integrazione lavorativa e sociale dei cittadini migranti, complessità della gestione dell’immigrazione e coraggio della politica, equilibrio demografico, previdenziale ed economico del Paese. Sono gli elementi-chiave emersi dalle quasi tre ore di confronto durante il quarto ASviS Live di avvicinamento al Festival dello Sviluppo Sostenibile 2022 (4-20 ottobre), organizzato il 20 giugno da Futura Network. La scelta è stata di parlare della gestione dei migranti senza demagogia, ovvero stimolare le forze politiche a un diverso e più realistico approccio su un tema che assume ancora più rilevanza nell’attuale scenario di forte incertezza geopolitica. Per guardare avanti e riflettere sulle reali capacità di attrarre immigrati di un Paese dove si registra un inesorabile declino demografico.
“Siamo di fronte a una grossa sfida dovuta al calo demografico”, ha affermato Donato Speroni, senior expert dell’ASviS e responsabile di Futura Network, che ha aperto l’incontro, “il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo più volte ha segnalato che la popolazione italiana potrebbe scendere di cinque milioni di persone entro il 2050, con conseguenze pesanti sull’invecchiamento e solo una persona su due in età da lavoro. Questo problema si affronta in parte con l’aumento della natalità e migliori politiche per la famiglia, ma anche con migliori condizioni di lavoro e cercando di non far andare via i giovani italiani. La componente fondamentale è però l’immigrazione, che si presenta sotto due aspetti: la pressione migratoria dall’estero e il numero di immigrati che possiamo effettivamente accogliere”.
Marcella Mallen, presidente dell’ASviS, ha espresso l’urgenza di avviare un confronto su un “tema complesso e sfidante che vogliamo approfondire con lo sguardo verso l’orizzonte dello sviluppo sostenibile affinché i limiti di oggi non diventino la realtà di domani”. Da qui l’invito ai partiti politici “ad affrontare la questione prima delle prossime elezioni senza cedere alla tentazione di cadere in facili slogan e nella propensione a dividersi in ‘noi’ e ‘loro’. Per affermare una politica capace di impegnarsi anche su questioni spinose e mostrare una visione su progetti a lungo termine”. Al riguardo Mallen ha citato lo storico israeliano Yuval Noah Harari che ha rintracciato nel tema dell’ospitalità e dell’accoglienza dei migranti il banco di prova per il futuro dell’identità europea: “Se da un lato l’Europa è stata costruita sull’assunto di superare le differenze culturali tra Germania, Francia, Italia, dall’altro potrebbe collassare per l’incapacità di gestire le differenze culturali tra europei e migranti. Ci auguriamo che questo ASviS Live possa contribuire a far crescere la consapevolezza dell’opinione pubblica sulla necessità di avviare questa riflessione, partendo dalla cooperazione e dal dialogo multilaterale”.
“Il mondo occidentale sta entrando in una sua nuova fase, quella dell’indebolimento della popolazione in età attiva”, ha osservato Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica. Prendendo a riferimento il rapporto tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione attiva, “la curva che rappresenta l’Europa e il nord America va decrescendo”. Ma alcuni Paesi come la Svezia e la Germania hanno saputo reagire, “invece l’Italia non ha gestito questi squilibri, l’indicatore relativo al nostro Paese è molto peggiorato. Se manteniamo tali squilibri che poi si autoalimentano c’è il rischio di un progressivo scivolamento verso il margine dello sviluppo economico”. Come contenere gli squilibri demografici e non scivolare nella trappola demografica? “Si tratta di sfide da considerare integrate e da gestire in modo sistemico”, ha sostenuto Rosina, “da un lato l’immigrazione è un fattore rilevante per rispondere agli squilibri demografici, d’altro lato non possiamo pensare di attrarre immigrati senza sviluppo economico e integrazione lavorativa e sociale. Inoltre, sia lo sviluppo economico che l’integrazione rimangono deboli se non migliora anche l’occupazione giovanile e femminile”.
Per parlare di immigrati, ha spiegato Maurizio Ambrosini, professore di Sociologia delle migrazioni all’Università di Milano, bisogna anzitutto definire chi siano gli esseri umani a cui attribuiamo questa etichetta: “Gli immigrati sono coloro che ai nostri occhi stanno sotto una doppia alterità: una nazionalità straniera e una condizione di povertà. Non chiamiamo immigrati coloro che arrivano da Paesi sviluppati, ma chi ha uno status sociale diverso dal nostro”. Ambrosini si è soffermato sul significato del concetto di integrazione declinandola nelle sue dimensioni strutturale, relazionale (rapporti sociali anche al di fuori del lavoro) e personale (partecipazione alla vita sociale), e ha richiamato l’importanza di considerare con maggiore attenzione i diversi tipi di immigrati e le diverse forme di immigrazione: “Dobbiamo confrontarci con questo universo di nuovi entranti (quanti studenti, quanti assistenti familiari, quanti lavoratori, quanti operatori sanitari), segmentando la popolazione di immigrati”.
È toccato a Cinzia Conti, ricercatrice dell’Istat, illustrare le proiezioni della statistica ufficiale in merito all’immigrazione: “Nel gennaio 2022 i cittadini stranieri residenti in Italia erano poco più di cinque milioni, nel 2018 il dato era pressoché uguale, c’è stato un aumento netto di 100mila unità. Questo è causato dal contenimento dei flussi in ingresso ma anche dall'acquisizione della cittadinanza. Molto rilevante il cambiamento in termini di qualità: i nuovi flussi sono molto più instabili rispetto al passato, le persone in cerca di protezione hanno una minore propensione a rimanere in Italia. Non possiamo escludere che per gli stranieri il nostro Paese sia diventato meno attrattivo. Non dobbiamo scordarci che l’Italia resta, soprattutto negli ultimi anni, un Paese di emigrazione: molti italiani ma anche stranieri lasciano il nostro Paese”. Cosa succederà in futuro? “Il margine di incertezza nei prossimi anni è enorme. Alcuni studiosi parlano di un saldo migratorio necessario compreso tra 200mila e 350mila unità annue per assicurare una prospettiva di stabilità al Paese, che è comunque uno scenario superiore alle previsioni Istat. La pandemia è stata una spinta alla vulnerabilità, perché gli stranieri già si sentivano più poveri rispetto agli italiani: il 39,1% dei giovani stranieri ha percepito un peggioramento della situazione economica, mentre per gli italiani è stata il 28,7%”.
È stata poi la volta del redattore di Futura network Flavio Natale, che ha presentato la sua inchiesta sulle posizioni di partiti e movimenti politici sui nodi dell’immigrazione. Le uniche risposte pervenute sono state però quelle di Emma Bonino di +Europa e della segreteria di Azione, il movimento di Carlo Calenda (qui la cronaca dell’inchiesta). Integrare più immigrati per salvare l'equilibrio demografico italiano: è stata questa la posizione espressa dalla leader radicale, che ha chiesto anche al governo di regolarizzare i 500mila stranieri irregolari presenti nel nostro Paese. Azione ha messo, invece, in evidenza che la nostra capacità di accoglienza è strettamente legata alla capacità di assorbire chi arriva nel nostro Paese all’interno del sistema economico. Parere favorevole poi sulla proposta dello ius culturae, il principio che lega l’acquisizione della cittadinanza italiana al percorso scolastico.
A seguire una tavola rotonda moderata da Ferruccio de Bortoli, editorialista del Corriere della Sera, con Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, Carla Collicelli, sociologa e senior expert dell’ASviS, e Chiara Tommasini, presidente di CSVnet. “Abbiamo tutti notato che il tema dell'immigrazione è stato semplicemente rimosso”, ha dichiarato De Bortoli, “il nostro Paese si sta svuotando, si tratta di avere attenzione al futuro non solo del nostro welfare, ma occorre considerare anche che in base a studi recenti è emerso che noi non siamo attrattivi per la gente che emigra dai Paesi più poveri in cerca di futuro. Non vogliamo e non possiamo vivere in un Paese dove gli immigrati non sono intenzionati ad arrivare”.
Brambilla si è chiesto se la crescita della popolazione sul lungo periodo sia compatibile con la sostenibilità del sistema: “Siamo cresciuti con l'idea che il Pil e lo sviluppo del Paese aumentino se aumenta la popolazione. Siamo esseri umani e consumatori, consumiamo tutte le risorse della Terra. È necessario crescere ancora?”. Secondo Brambilla, “in Italia occorre un’immigrazione di qualità. Possiamo permetterci su 36 milioni di italiani in età di lavoro di farne lavorare 23? L’immigrazione serve per le pensioni? No, nemmeno per la demografia. Non siamo in grado di dare lavoro agli immigrati, gran parte della povertà riguarda le famiglie immigrate. Dei 2,4 milioni di occupati stranieri il 70% ha lavori che durano meno di un anno”.
“Se non entriamo nel merito delle motivazioni che spingono le persone a spostarsi, della dimensione socioculturale, non andremo molto lontano”, ha affermato Collicelli ricordando che “è in atto una globalizzazione delle idee e delle culture che porta anche nei luoghi più emarginati una consapevolezza di appartenere a una comunità globale. C'è una mitologia dietro questi flussi, quella dell'eroe e del fallito, ovvero quella del membro più forte che parte per mandare a casa le risorse necessarie. Ci sarebbe bisogno in Africa di un vero e proprio ‘Piano Marshall’ e di un lavoro culturale che accompagni il processo di socializzazione al fine di realizzare i sogni di realizzazione degli emigrati. Se noi prendiamo l’importante rapporto dell’Idos che viene pubblicato ogni anno, evidenzia una debole fase di coscienza della politica”.
“Il volontariato è spesso sulla frontiera, intercetta i bisogni dei cittadini stranieri”, ha sottolineato Tommasini, “non c’è tuttavia cambiamento se non cambia la priorità dell’agenda politica. Qualsiasi sia la storia e lo status, bisogna guardare a coloro che arrivano nel nostro Paese come parte essenziale della democrazia e dei corpi intermedi. Questo apre un velo su un universo che presenta complessità interessanti non solo in ottica demografica. Come rete dei centri di servizio per il volontariato abbiamo svolto una ricerca e incontrato nuovi protagonisti: immigrati come cittadini attivi. Vogliamo anche indagare sul ruolo degli immigrati nella pandemia, questa seconda parte di ricerca potrà darci un quadro completo”.
Concludendo l’incontro, Speroni ha ringraziato i partecipanti e ha ricordato che “questo dibattito è solo l’inizio di un percorso, che nell’anno che ci separa dalle elezioni politiche porterà l’ASviS a confrontarsi con partiti e movimenti su tutti i temi rilevanti per lo sviluppo sostenibile e la realizzazione in Italia degli Obiettivi dell’Agenda 2030”.
L'evento ha raggiunto circa 20mila persone con oltre 30mila visualizzazioni (parte dell'audience è composta dalla rete di stakeholder di Ansa e Quotidiano Nazionale). Oltre ai canali citati, la diretta è stata diffusa anche sulla pagina Facebook di Radio Radicale e Rai per il sociale, sui siti di Ansa, Rai News, Green&Blue di Repubblica, Il Sole 24 ore e Radio Radicale. L’evento è stato seguito tramite live twitting con l’hashtag #ASviSlive e l’attività social ha raggiunto circa 150mila persone, grazie anche alle condivisioni e interazioni dell'Istat e di Rai per il Sociale.
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di Andrea De Tommasi